Il leader sciita attinge anche allo scontro a distanza tra l’ayatollah di Najaf e la guida suprema dell’Iran per dare consistenza al nazionalismo che l’ha portato a prendere le distanze da Tehran
di Michele Giorgio il Manifesto
Gerusalemme, 25 maggio 2018, Nena News – Ha un contenuto solo politico o anche religioso il nazionalismo di Moqtada al Sadr, religioso sciita e leader dell’eterogenea lista elettorale irachena degli “Uomini in cammino” (Sairun)? La presa di distanza dall’Iran fatta dall’ex oppositore (a capo dell’Esercito del Mahdi) dell’occupazione anglo-americana dell’Iraq, pare avere anche una motivazione religiosa. E non potrebbe essere altrimenti visto che al Sadr, malgrado non abbia mai raggiunto il livello più alto di istruzione nelle ulum diniyya, le scienze religiose, è comunque figlio di Mohammed Sadeq al Sadr, una delle personalità più rispettabili tra gli sciiti, assassinato a Najaf nel 1999, e cugino del celebre Imam Musa al Sadr, il fondatore in Libano della “Lega dei Diseredati” – scomparso nel nulla durante un viaggio in Libia – dalla quale sarebbe sorto il movimento Amal, organizzazione militante della riscossa sciita nel Paese dei cedri. Al Sadr nella sua azione politica fa riferimento alle differenze tra lo sciismo iracheno e quello iraniano e, più di tutto, alla diversità tra il pensiero dell’ayatollah Ali Sistani di origine iraniana ma da decenni a Najaf, la città santa sciita in Iraq, e la guida suprema e ayatollah iraniano Ali Khamenei.
Quando l’ayatollah Hossein Borujerdi indiscusso marja al taqlid (fonte di emulazione) tra i musulmani sciiti morì a Qom nel 1962 senza aver prima indicato un chiaro successore, emersero due distinti campi: una maggioranza legata all’ayatollah Mohsin Hakim a Najaf e una minoranza che aveva il suo riferimento nel sempre più influente e intraprendente ayatollah iraniano Ruhollah Khomeini teorico della wilayat al faqih, la “tutela del giurisperito”, la sua idea di governo clericale che modellò la Repubblica Islamica dell’Iran dopo la rivoluzione del 1979. Ali Sistani, 88 anni, e Ali Khamenei, 79, sono i successori di Hakim e Khomeini. E nonostante il dialogo esistente tra i due – tradotto nella decisione comune di rimuovere dalla carica di primo ministro iracheno Nuri al Maliki nel 2014 – sono portatori di filosofie politiche diverse.
Khamenei, sulla base della wilayat al faqih, che lo accredita della interpretazione autentica e corretta della sharia, sovrintende a ogni azione del Parlamento, comanda le forze armate e il suo parere è definitivo sulle questioni centrali in politica estera ed interna dell’Iran. Al contrario Sistani si tiene lontano da qualsiasi ruolo politico diretto in Iraq anche se le sue opinioni sono tenute in grande considerazione. Nel 2014 il suo appello a combattere lo Stato islamico mobilitò decine di migliaia di sciiti contro il Califfato proclamato nel nord dell’Iraq e della Siria da Abu Bakr al Baghdadi. Sistani è visto come marja al taqlid oltre i confini iracheni. Gli importanti religiosi sciiti Hassan al Saffar (saudita) e Ali Salman (Bahrain), guardano all’ayatollah iracheno. E vicino a Sistani era anche lo stimato ayatollah libanese, Mohammad Hussein Fadlallah, morto qualche anno fa, che pure aveva svolto un ruolo di primo piano nella fondazione negli anni Ottanta di Hezbollah, il movimento sciita libanese sponsorizzato da Khomeini, di cui oggi è leader Hassan Nasrallah sostenitore della wilayat al faqih.
Muqtada al Sadr al di là dei suoi calcoli politici e delle influenze regionali alle quali pare essere soggetto, fonda il suo nuovo approccio nazionalista almeno in parte sulla convinzione che la scuola teologica irachena, rappresentata da Ali Sistani, è più seguita e considerata dagli sciiti nel mondo rispetto quella iraniana. Tuttavia Sistani è molto anziano e la sua morte, a giudizio di molti, potrebbe creare un vuoto. I possibili successori sono indicati negli ayatollah Muhammed Said al Hakim, Muhammed Ishaq al-Fayadh e a Bashir Hussein al-Najafi, tutti a Najaf. Non avendo i titoli religiosi e il carisma necessario, al Sadr non aspira certo al ruolo di marja al taqlid e di guida spirituale. Tuttavia non mancherà di far sentire tutto il suo peso sugli organismi religiosi sciiti quando arriverà il momento di nominare il successore di Sistani, preoccupandosi di garantire la nomina dell’ayatollah meno legato all’Iran, in continuità con gli insegnamenti di Ali Sistani e, ovviamente, vicino alla sua visione attuale dei rapporti tra Baghdad e Tehran. Nena News