Il ministro degli Esteri iracheno al-Jafari sostiene che i servizi di intelligence sapessero di imminenti attacchi nella capitale francese e lo avessero comunicato all’Eliseo. Intanto, in Iraq, continua la mattanza scatenata dall’Isis, nell’indifferenza dei social network
di Chiara Cruciati – il manifesto
Kirkuk, 16 novembre 2015, Nena News - «Fonti dell’intelligence irachena hanno ricevuto informazioni in merito ad attacchi terroristici in preparazione in diversi paesi, compresa la Francia, gli Stati Uniti e l’Iran. E a tutti loro è stato comunicato». A dirlo, a margine dell’incontro di Vienna sabato sera, è stato il ministro degli Esteri iracheno al-Jafari. Non ha dato altri dettagli, soltanto di aver avvertito Parigi.
L’Iraq conosce bene l’Isis. Lo Stato Islamico qui non ha mai smesso di colpire. Lo ha fatto venerdì uccidendo 26 persone nella capitale, lo ha fatto di nuovo sabato sempre a Baghdad. Due giorni fa nel mirino degli islamisti sono tornati i quartieri sciiti: una bomba è esplosa nel quartiere di Sadr City, almeno 5 vittime; 21 quelle provocate da un kamikaze che si è fatto saltare in aria nel sobborgo di Hay al-Amal, a sud ovest della capitale, durante il funerale di un miliziano sciita morto in scontri con l’Isis.
Uno stillicidio quotidiano proseguito sabato sera: sette morti in una serie di attacchi perpetrati con autobombe nel quartiere di al-Nahza, in quello commerciale di al-Kariat e nella cittadina di Mahmoudiyah, 30 km a sud di Baghdad, e in successive sparatorie contro un veicolo militare nel quartiere di Jabour e nella città meridionale di Latifiyah. E di nuovo ieri: nel centrale quartiere di Allawi, nella capitale, due persone sono rimaste uccise da un’esplosione avvenuta di fronte ad alcuni negozi.
Una strage continua: secondo le Nazioni Unite solo ad ottobre in Iraq sono state uccise in atti di terrorismo 714 persone (di cui 559 civili), altre 1.269 sono rimaste ferite. Baghdad resta il target: ben 298 vittime, oltre il 50%, si sono registrate nella capitale. A dimostrazione che lo Stato Islamico non resta confinato nel territorio che ha conquistato ma riesce a coordinare cellule anche a est e a sud del paese. La linea del fronte tra Isis e governo iracheno e tra Isis e Kurdistan è stata lentamente spostata verso ovest, dopo le fondamentali vittorie di Tikrit e Sinjar. Gli islamisti cedono terreno, poco, ma vincono nella frammentazione del paese, sempre più diviso al suo interno tra comunità etniche e religiose, vittima sacrificale delle violenze perpetrate da milizie sunnite e milizie sciite, dagli scontri per il territorio tra governo centrale e peshmerga kurdi.
Ieri a Kirkuk alcuni residenti riportavano al manifesto di scontri in corso da alcuni giorni nei villaggi a sud della città, che il Governo Regionale del Kurdistan ha strappato un anno fa al controllo di Baghdad. Da sempre città contesa, comunità kurda in cui Saddam trasferì arabi sunniti per cambiarne la demografia e avvalersi delle ricchissime risorse petrolifere, è ancora oggi teatro di scontri tra peshmerga e milizie sciite. Che per ora si svolgono a sud della città: si registrano scontri a fuoco quotidiani, da alcuni giorni, nei villaggi intorno a Tuz Khurmato tra soldati di Erbil e milizie sciite.
A pagare le spese di un conflitto totale sono i civili. L’ennesimo orrore è stato scoperto ieri dalle forze armate kurde: due fosse comuni poco fuori Sinjar, la città appena liberata da Erbil dalla morsa dello Stato Islamico. La prima contiene 78 corpi di anziane donne, la seconda tra 50 e 60 cadaveri, donne, uomini, bambini. Secondo il sindaco della città, si tratterebbe di donne del vicino villaggio di Kocho, che un anno fu furono separate dalle più giovani, vendute come schiave.
Pochi i dettagli che giungono dalla zona a causa – dicono i residenti – dei lavori di identificazione di ordigni inesplosi, sinistro lascito degli islamisti che per oltre un anno hanno affamato, massacrato e schiavizzato la popolazione yazidi.
«Queste persone sono state uccise con colpi di pistola e poi seppellite qui durante l’invasione dello Stato Islamico, lo scorso anno», ha raccontato all’Ap Qasim Samir, direttore dell’intelligence a Sinjar aggiungendo che – purtroppo – non si tratta di una novità: già in passato altre fosse comuni erano state scoperte nella zona dopo il passaggio degli islamisti.