La rabbia per l’aumento del prezzo della benzina esplode in altre città, i pasdaran minacciano i manifestanti, il governo risponde con repressione e aiuti anticipati ai poveri. Le Nazioni Unite fanno appello alla calma. Ma la situazione economica è al collasso a causa delle sanzioni Usa e l’uscita di Washington dall’accordo sul nucleare del 2015
della redazione
Roma, 19 novembre 2019, Nena News – Non si placa la protesta in Iran, partita lo scorso venerdì dopo l’annuncio della riduzione dei sussidi per il carburante e il conseguente aumento del prezzo della benzina. Anzi, si allarga. Nonostante il tentativo governativo di arginarla, con la forza della polizia e bloccando internet in quasi tutto il paese, ieri altre città si sono unite alle manifestazioni di piazza.
I manifestanti denunciano: l’offuscamento della Bbc e il blocco della rete – secondo l’ong di monitoraggio NetBlocks il più ampio di sempre – impediscono di avere informazioni immediate sulla repressione delle proteste e di organizzare le piazze. Da cui i numeri, ben diversi, dati da governo e manifestanti: per il primo i morti sarebbero 12, per i secondi almeno 30, forse 40. Molto più alti i numeri citati ieri da Amnesty International, secondo cui gli uccisi sarebbero 106. Migliaia i feriti e, secondo i manifestanti, almeno 6mila gli arrestati.
Update: 65 hours after #Iran implemented a near-total internet shutdown, some of the last remaining networks are now being cut and connectivity to the outside world has fallen further to 4% of normal levels #Internet4Iran #IranProtests
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— NetBlocks.org (@netblocks) November 19, 2019
Teheran dà due risposte: da una parte la repressione e le minacce, affidate ai pasdaran, dall’altra gli aiuti alle famiglie povere anticipati di dieci giorni, utili ad arginare il peso dell’aumento del costo della benzina. In Iran, paese tra i più ricchi di petrolio e gas del mondo, gli automobilisti avevano la possibilità – fino a venerdì scorso – di comprare fino a 250 litri di benzina al mese a undici centesimi di euro al litro.
Da quattro giorni non è più così: 60 litri al mese ad automobilista a 11 centesimi e poi il prezzo raddoppia a 22. Un colpo pesante per chi vive con i miseri guadagni di tassista e per chi necessita dell’auto per spostarsi, deciso dal Consiglio Supremo del coordinamento economico, formato dal presidente Rohani, dal capo della magistratura Raisi e dal presidente del parlamento Larijani.
Un quadro a cui va aggiunta la pesante crisi economica che investe il paese: il crollo del valore del rial, un’inflazione al 40% e i mancati miglioramenti in termini di infrastrutture e posti di lavoro promessi dal governo Rohani con l’accordo sul nucleare del 2015. Da quell’intesa, storica, con il 5+1 gli Stati Uniti di Trump non solo si sono defilati ma hanno mantenuto le sanzioni e le hanno incrementate, impedendo di fatto l’avvio dei contratti miliardari che le imprese straniere avevano già siglato con l’Iran.
La protesta è, dunque, più che comprensibile. E al momento senza risposte, oltre alle minacce e alla repressione. Le Guardie rivoluzionarie e l’ayatollah Khamenei hanno già accusato i manifestanti di essere mossi da “poteri stranieri”, citando Stati Uniti, Israele e anche la famiglia dello scià deposto Reza Pahlavi. Per poi aggiungere di essere pronte a interrompere le manifestazioni con la forza, già usata visti i numeri delle vittime. A questi si sarebbero aggiunti ieri tre soldati, accoltellati a morte vicino Teheran da gruppi di manifestanti secondo i media iraniani. Uno di loro sarebbe un comandante delle Guardie Rivoluzionarie, Morteza Ebrahimi, e gli altri due membri delle milizie volontarie Basij.
La rabbia è tanta, espressa bene dalle immagini che filtrano dai blocchi della rete: automobili e autobus incendiati, strade bloccate dai manifestanti, attacchi a uffici pubblici e banche. Una protesta che si sta trasformando in qualcosa di più, seminascosto dalle autorità della Repubblica islamica che da due giorni parlano di situazione rientrata. Non lo è e lo dimostra il mancato ritorno alla normalità per internet, nonostante ieri Teheran parlasse di una possibile fine del blocco: “Internet ritornerà gradualmente in alcune province dove ci sono garanzie che la rete non sia usata per degli abusi”, ha detto ieri il portavoce del governo, Ali Rabiei.
A parlare ieri è stata l’Onu, tramite il portavoce dell’Alto Commissariato per i diritti umani, Rupert Colville. Da Ginevra Colville ha espresso la preoccupazione delle Nazioni Unite per le notizie di uccisioni di decine di manifestanti e chiesto a Teheran di cessare la repressione della libertà di espressione e di assemblea: “Facciamo appello alle autorità iraniane perché evitino l’uso della forza per disperdere assemblee pacifiche. E ai manifestanti di manifestare pacificamente senza ricorrere a violenza fisica e distruzione di proprietà”. Nena News