Nessun sorpresa dal voto del 20 settembre. La Fratellanza diventa il principale gruppo parlamentare ma ottiene un numero di seggi inferiore a quello indicato dai sondaggi. Cinque donne elette oltre la quota “rosa” di 15 seggi. La sinistra sorride solo per il successo di Khaled Ramadan
di Michele Giorgio
Amman, 23 settembre 2016, Nena News – Descritte da Re Abdallah alle Nazioni Unite come un esempio di democrazia e stabilità, in una regione devastata da guerre sanguinose, e approvate ieri in via preliminare dagli osservatori internazionali, le elezioni del 20 settembre per il rinnovo del Parlamento giordano non hanno prodotto alcuna sorpresa clamorosa.
Il Fronte Islamico di Azione (FIA), ossia i Fratelli Musulmani (ufficialmente fuorilegge), tornato a partecipare al voto dopo un boicottaggio durato nove anni, sarà il principale gruppo politico nella Camera Bassa (i membri del Senato, la Camera Alta, sono nominati dal re) ma ha fallito l’obiettivo dei 20 seggi che, secondo i sondaggi svolti nelle ultime settimane, sembrava alla sua portata. Lo spoglio ha sssegnato agli islamisti e alle liste alleate 16 dei 130 seggi del Parlamento.
Un insuccesso parziale che non può essere spiegato solo dalla legge elettorale che favorisce le circoscrizioni rurali, dove sono forti i sostenitori della monarchia, e non quelle dei centri urbani dove il FIA ha le sue roccaforti (in particolare ad Amman e Zarqa). Da considerare è anche il fatto che dei 16 eletti delle liste di “Alleanza Nazionale per la Riforma” presentate dal FIA, solo 10 sono membri effettivi della Fratellanza.
«Occorre tenere presente che diversi candidati di spicco del FIA come Ali Otoum, Jaafar Hourani, Wael al Sakka e Murad Adaileh, non sono stati eletti. E questo è molto importante oltre che sorprendente», diceva ieri al manifesto il giornalista Mohammed Ersan, direttore dell’emittente indipendente Radio Balad. È probabile, aggiungeva, che molti dei voti che i sondaggi della vigilia assegnavano al FIA in realtà siano andati a liste islamiste rivali, formate da ex membri della Fratellanza usciti di recente dall’organizzazione per allearsi con la monarchia e gli apparati di sicurezza.
I risultati inferiori alle aspettative indicano anche un inizio di declino per il FIA. La Fratellanza islamica, ritenuta la forza islamista di maggioranza di molti Paesi arabi, ha subito nella regione colpi molto duri negli ultimi anni, dopo gli iniziali successi politici ed elettorali ottenuti del 2012 e del 2013, in seguito alla “primavera araba”. Il più grave è stato golpe militare in Egitto a danno del presidente e fratello musulmano Mohammed Morsi. Battute d’arresto che potrebbero aver radicalizzato, almeno in Giordania, una parte dell’elettorato spostandolo dall’islamismo “moderato” del FIA ai salafiti, ormai molto influenti nel Paese, e altre formazioni più radicali (jihadisti inclusi).
I progressisti hanno ottenuto una manciata di seggi ma sono significative le 10mila preferenze ottenute da Khaled Ramadan, il capolista ad Amman di “Maan” con un programma fondato sulla parità di genere, la difesa del lavoro e la sepazione tra Stato e religione, temi che hanno infiammato un dibattito elettorale che si è rivelato più importante delle stesse votazioni. Anche le donne giordane hanno qualche buon motivo per rallegrarsi. Cinque sono state elette oltre la quota minima di 15 seggi fissata della legge elettorale. In Parlamento però non ci siederà più Rula al Hroub, una deputata molto nota per le sue campagne contro la corruzione. Da segnalare infine la mancata rielezione di alcuni storici pezzi da novanta della politica locale, come l’ex speaker del Parlamento Saad Surur.
Tuttavia il dato più importante di queste elezioni resta la scarsa affluenza alle urne. Ha votato appena il 36% degli elettori. «Il disinteresse nei confronti delle votazioni – spiega Mohammed Ersan- è frutto della consapevolezza dei giordani che i poteri veri, quelli che contano, non appartengono al Parlamento ma restano saldamente nelle mani della monarchia e dell’esecutivo». Nena News