Il ministro della difesa israeliano chiede al governo di approvare una nuova vasta offensiva militare contro la Striscia. I capi dell’intelligence egiziana incontrano Hamas per un’ultima decisiva mediazione
AGGIORNAMENTO. Nella notte razzo contro la città di Bersheba, risposta dell’aviazione israeliana immediata: un palestinese ucciso e una decina di feriti. Tel Aviv chiude i valichi di frontiera.
Un palestinese ucciso e una decina di feriti: è questo il bilancio dei raid aerei compiuti stamane all’alba dall’aviazione israeliana nel nord, centro e sud della Striscia di Gaza. La vittima, ha detto il ministro della salute palestinese, si chiamava Mohammad al-Zanin e aveva 25 anni.
Tel Aviv ha detto che i raid sono una risposta al lancio di un missile che ha colpito alle 4 ora locale (le 3 italiane) una casa nella città israeliana di Bersheba traumatizzando, scrive la stampa, tre bambini. Un altro razzo sarebbe stato sparato verso il mare. Chiamata come sempre in causa in queste occasioni dal governo Netanyahu, in un comunicato il movimento islamico palestinese Hamas ha negato la sua responsabilità per gli attacchi di oggi poiché respinge “tutti i tentativi irresponsabili” che possono minare gli sforzi egiziani di giungere ad una tregua di lungo termine.
Il ministro della difesa israeliano Lieberman ha ordinato l’immediata chiusura dei valichi con Gaza (Karem Abu Salem (per le merci) e quello di Erez (per le persone), la riduzione dell’area di pesca a tre miglie nautiche. In seguito agli eventi di oggi, il capo dell’esercito israeliano, in visita ufficiale negli Stati Uniti, è stato richiamato in Israele.
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di Michele Giorgio il Manifesto
Gerusalemme, 17 ottobre 2018, Nena News – Ahmad Abdelhaqi, responsabile dei servizi egiziani dei rapporti con i palestinesi, si è precipitato ieri a Gaza per colloqui urgenti con i leader di Hamas. Un’altra offensiva militare israeliana è alle porte e gli egiziani, almeno in apparenza, tentano di evitarla con la loro mediazione. L’obiettivo è portare il movimento islamico e il governo Netanyahu a quell’accordo di tregua a lungo termine di cui si parla ormai da mesi e del quale si sono perdute le tracce. Abdelhaliq è stato accolto da Tawfik Abu Naim, il capo delle forze di sicurezza di Hamas. Insieme prepareranno l’arrivo a Gaza, pare già domani, del capo dell’intelligence egiziana, Abbas Kamel, visita ad alto livello che conferma come Gaza sia giunta al bivio tra guerra e tregua permanente.
Le parole pronunciate ieri dal ministro della difesa israeliano, Avigdor Lieberman, non lasciano spazio ad interpretazioni. Ha detto che solo «un serio colpo» al movimento islamico potrà mettere fine alle proteste palestinesi – la “Marcia del Ritorno” contro il blocco israeliano di Gaza cominciata il 30 marzo a ridosso delle linee di demarcazione – e al lancio di palloncini incendiari verso il territorio israeliano. «La goccia che ha fatto traboccare il vaso», ha aggiunto sono state le manifestazioni di venerdì scorso, con circa 15mila palestinesi, che Israele pensava di aver scongiurato autorizzando il rifornimento della centrale elettrica di Gaza con carburante acquistato e donato dal Qatar. «Abbiamo esaurito tutte le altre opzioni a Gaza. Ora è il momento di prendere decisioni. Dobbiamo colpire seriamente, questo è l’unico modo per riportare la quiete», ha avvertito il ministro esortando i suoi colleghi di governo a sostenere la sua richiesta per una nuova offensiva militare contro Gaza, più ampia di quella del 2014.
Sull’altro versante la pazienza e la sopportazione sono finite da un pezzo. L’aggravarsi delle condizioni di vita per il blocco di Gaza si accompagna alla delusione mista a rabbia della popolazione per le notizie che un giorno danno per fatto l’accordo di tregua e il giorno dopo riferiscono del fallimento delle trattative indirette in corso tra Hamas e Israele. Le manifestazioni pacifiche dei primi mesi della Marcia del Ritorno sono diventate nelle ultime settimane relativamente più aggressive, con il lancio di ordigni artigianali e bottiglie incendiare contro le postazioni militari israeliane lungo le linee tra Gaza e Israele. Questo sviluppo è figlio anche della risposta durissima che Israele ha dato alle proteste impiegando centinaia di tiratori scelti che hanno fatto strage di manifestanti. Secondo i dati diffusi dal centro per i diritti umani B’Tselem, dal 30 marzo all’8 ottobre sono stati uccisi almeno 166 palestinesi (altre fonti danno un bilancio più alto) e tra questi ci sono 31 ragazzini. Senza dimenticare 5300 feriti da colpi d’arma da fuoco. B’Tselem sottolinea che gran parte degli uccisi erano civili che non avevano messo in pericolo in alcun modo i soldati israeliani. Sino ad oggi è stato ucciso solo un militare, da un colpo sparato da grande distanza da un cecchino palestinese.
Si attende venerdì, quando sono previste nuove manifestazioni palestinesi a ridosso delle linee con Israele, per capire se il governo israeliano darà seguito concreto alle parole di Lieberman dando il via libera all’offensiva militare. L’attacco contro Gaza peraltro diventa sempre più la bandiera che sventolano i ministri più estremisti, in vista anche delle elezioni politiche in Israele che più parti, anche per i dissidi interni alla maggioranza, prevedono anticipate rispetto alla scadenza della legislatura il prossimo anno. Nena News