La nostra rubrica sul continente africano vi porta anche in Uganda dove il leader dell’opposizione ha presentato all’Onu una denuncia di detenzione arbitraria e nel Congo dove il primo ministro è stato sfiduciato
di Federica Iezzi
Roma, 30 gennaio 2021, Nena News –
Repubblica Democratica del Congo
La maggioranza nella camera bassa del parlamento della Repubblica Democratica del Congo ha presentato una mozione di sfiducia al primo ministro, Sylvestre Ilunga Ilunkamba, una mossa che potrebbe forzare il collasso del governo e consegnare al presidente Felix Tshisekedi una grande vittoria politica.
La mozione, che il parlamentare Chérubin Okende ha presentato, raccoglie le firme di oltre 300 dei 500 membri dell’Assemblea Nazionale, e concede al primo ministro 48 ore per dimettersi o affrontare un voto di sfiducia.
Mentre il nuovo gruppo politico di Tshisekedi, noto come Sacred Union, deve ancora assumere formalmente la maggioranza, il destino politico di Ilunga sembra segnato.
Tshisekedi, in questo modo, sarebbe libero di nominare un capo della commissione elettorale e un nuovo consiglio di amministrazione della banca centrale, condizione preliminare per l’assistenza internazionale.
Uganda
Il leader dell’opposizione in Uganda, Bobi Wine, che è de facto agli arresti domiciliari da parte dell’esercito ugandese, ha presentato ufficialmente una denuncia di detenzione arbitraria alle Nazioni Unite.
La residenza di Bobi Wine a Kampala è stata circondata dall’esercito la scorsa settimana, dopo che in Uganda si sono concluse le elezioni presidenziali in cui il politico ha gareggiato contro il presidente Yoweri Museveni. Quest’ultimo è stato rieletto con quasi il 59% dei voti, seguito dal 38enne Bobi Wine, con circa il 35% dei consensi. Museveni, uno dei leader africani più longevi, ha mantenuto il potere nel Paese per 35 anni.
Il leader dell’opposizione contesterà legalmente il risultato delle elezioni presidenziali, accusando il sistema di frode diffusa. Le elezioni sono state oscurate dalla violenza dall’inizio della campagna elettorale. Lo stesso Human Rights Watch ha affermato che il periodo precedente le elezioni è stato caratterizzato da violenze diffuse e violazioni dei diritti umani.
Repubblica Centrafricana
Migliaia di civili hanno attraversato il confine est della Repubblica Centrafricana per sfuggire a nuovi attacchi armati. A ovest, altre migliaia si nascondono nelle chiese o nella boscaglia. Una grave crisi umanitaria si sta aggravando nel Paese dopo che una serie di gruppi armati hanno lanciato un’offensiva militare e scatenato nuovi disordini.
I gruppi umanitari avvertono che l’aumento della violenza impedisce loro di raggiungere le popolazioni più vulnerabili, in un Paese in cui i gruppi armati controllano vaste aree di territorio. In totale, più di 100.000 persone sono state recentemente sfollate, in aggiunta a 1,2 milioni di civili già costretti ad abbandonare le proprie abitazioni, negli anni precedenti.
Alcuni dei gruppi armati più potenti del Paese hanno dato vita alla Coalition of Patriots for Change. Tra loro ci sono elementi dell’ex alleanza Seleka, ribelli prevalentemente musulmani, che nel 2013 rovesciarono il governo di François Bozizé. In seguito a quel colpo di stato, le milizie Anti-balaka, per lo più comunità cristiane e animiste, sono entrate in una violenta spirale di attacchi di vendetta contro il gruppo Seleka.
Al momento, gli scontri si sono ulterioremente inaspriti dopo che la Corte Costituzionale della Repubblica Centrafricana ha confermato la rielezione di Faustin-Archange Touadéra, sebbene l’opposizione politica continui a contestare il risultato per una presunta interruzione dell’affluenza alle urne. Il governo sembra riluttante ad aprire canali di discussione con la coalizione ribelle ed è più propenso a lanciare operazioni militari. Nena News
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