Il partito Mpla resta a capo del paese terza economia dell’Africa sub-sahariana, oggi in crisi. Pesano ancora il post-colonizzazione e la guerra civile
di Federica Iezzi
Roma, 25 agosto 2017, Nena News – Come preannunciato dalle previsioni, alle elezioni del 23 agosto vince Joao Lourenco, ex ministro della difesa, appoggiato dal Movimento Popolare di Liberazione dell’Angola (MPLA), partito finora al governo.
Dopo 38 anni a capo dell’ex colonia portoghese, dunque, José Eduardo dos Santos, lascia il governo angolano. Presidente controverso, cuore della lotta contro il potere coloniale portoghese, autore di fatto di un regime autoritario che però ha istituito una libera economia di mercato, ha permesso all’Angola l’unione al Fondo Monetario Internazionale e ha adottato un sistema multipartitico. Sotto la sua guida l’Angola è uscita dalle ceneri di una sanguinosa guerra civile per diventare la terza economia dell’Africa sub-sahariana, dopo il Sudafrica e la Nigeria, e un magnete per gli investimenti esteri.
Sono stati 1.440 osservatori a monitorare le elezioni, secondo quanto dichiarato dal presidente della Commissione Elettorale Nazionale, Andre da Silva Neto. Il voto presidenziale ha visto contrapposti antichi antagonisti. L’Mpla, partito politico che ha governato il paese dell’Africa meridionale per più di quattro decenni, con il candidato Joao Lourenco, e l’Unione Nazionale per l’Indipendenza Totale dell’Angola (Unita), che combatte ormai per guadagnare il controllo da più di 50 anni, con il candidato Isias Henrique Ngola Samakuva.
Di cornice: Abel Epalanga Chivukuvuku della Convergenza Ampia di Salvezza dell’Angola (Casa-Ce), Lucas Benghim Gonda del Fronte Nazionale di Liberazione dell’Angola (Fnla), Benedito Daniel del Partito del Rinnovamento Sociale (Prs), Quintino Antonio Moreira dell’Alleanza Patriottica Nazionale (Apn).
L’Angola paga ancora oggi le conseguenze delle battaglie per l’indipendenza e la decolonizzazione. Terminata nel 2002, con la morte dello storico leader ribelle Jonas Savimbi, guida di Unita, la guerra civile in Angola è durata più di 25 anni, lasciando un paese devastato.
Da allora più di 100 miliardi di dollari sono stati spesi per la ricostruzione. I numeri non sono più alti di quando, negli anni ottanta, le truppe Mpla, sostenute da Cuba e Unione Sovietica, combatterono contro le forze Unita, sostenute da Sudafrica e dagli Stati Uniti, in cui erano in campo non solo contrasti etnici interni ma interessi stranieri alle risorse petrolifere e diamantifere angolane e alla sua posizione strategica.
Negli ultimi anni, la sfida più grande per l’Mpla è stata la gestione dell’economia angolana. Il paese, secondo produttore mondiale di petrolio greggio, è stato colpito da un calo globale dei prezzi del petrolio, con un crollo dei ricavi da 60 miliardi di dollari tre anni fa a 27 miliardi di dollari nel 2016. Dopo anni di crescente crescita, dunque, l’Angola è scivolata in recessione, con un tasso di inflazione che ha raggiunto il 42% l’anno scorso.
La campagna elettorale di Unita verteva sulla promessa di aumentare la spesa per istruzione e salute, di combattere la corruzione e di aprire l’economia a maggiori investimenti stranieri. Anche se non è stata mai chiara la provenienza degli eventuali finanziamenti. Unita ha inoltre dichiarato la volontà di alleanza, con il secondo partito di opposizione angolano, la Casa-Ce per l’eventuale formazione di un governo di coalizione. Nena News
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