Nella tradizionale rubrica del sabato sul continente africano, analizziamo le campagne elettorali in Angola e Kenya, tra corruzione e nepotismo. Intanto Amnesty International accusa le parti in conflitto in Sud Sudan di crimini di guerra
di Federica Iezzi
Roma, 18 dicembre 2021, Nena News
Angola
Il Movimento Popolare di Liberazione dell’Angola (Mpla), partito al governo da quasi mezzo secolo, ha scelto il presidente in carica João Lourenço come candidato alle elezioni del prossimo anno.
Il principale partito di opposizione, l’Unione Nazionale per l’Indipendenza Totale dell’Angola (Unita), ha rieletto Adalberto Costa Júnior come suo leader, collocandolo come unico rivale elettorale. Le elezioni presidenziali si terranno il prossimo agosto.
L’Mpla governa il paese dall’indipendenza dal Portogallo nel 1975. Uscente ministro della difesa, Lourenço ereditò la leadership di José Eduardo dos Santos nel 2017.
Dos Santos è stato pesantemente accusato di aver lasciando al Paese un’eredità di povertà e nepotismo. L’Angola è ricca di risorse naturali. E’ il terzo produttore di petrolio dell’Africa, ma la maggior parte dei suoi 33 milioni di abitanti vive in povertà.
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Kenya
Il veterano leader dell’opposizione Raila Odinga ha annunciato la sua quinta candidatura alla presidenza del Kenya nelle elezioni del prossimo anno. Volto dell’opposizione del Kenya per decenni, Odinga aveva stretto un accordo di condivisione del potere con l’attuale presidente Kenyatta, per assicurarsi futuri voti e sostegno.
Pilastro della politica keniota, l’ex primo ministro, affettuosamente chiamato ‘baba’ (papà in swahili), rimane estremamente popolare. La sua immagine anti-establishment ha perso consensi solo nel marzo 2018, quando ha sbalordito il Paese stringendo accordi con Kenyatta, pochi mesi dopo i pesanti scontri post-elettorali.
I due leader hanno anche cercato di espandere l’esecutivo, attraverso proposte di modifiche costituzionali che avrebbero potenzialmente permesso a Kenyatta di rimanere al potere come primo ministro.
Odinga dovrà affrontare una difficile lotta contro il suo nuovo rivale, il vice-presidente William Ruto, a cui è stato promesso il sostegno di Kenyatta. Ruto ha inizialmente combattuto al fianco di Odinga, quando repressione e scontri nel 2007 si sono trasformati in attacchi etnici uccidendo più di 1.000 persone. Ruto ha poi collaborato con Kenyatta nel 2013.
Le famiglia Kikuyu di Kenyatta e quella Luo di Odinga hanno dominato la politica keniota dall’indipendenza nel 1963.
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Sud Sudan
Secondo l’ultimo report di Amnesty International, l’ondata di scontri tra Forze di Difesa del Popolo del Sud Sudan (Sspdf), allineate al governo, e Esercito di liberazione del popolo sudanese/Movimento all’opposizione (Splm-Io), potrebbe equivalere a crimini di guerra.
Colpiti indiscriminatamente interi villaggi, durante un’impennata di combattimenti tra lo scorso giugno e lo scorso ottobre, in particolare nello stato dell’Equatoria occidentale, scontri che hanno costretto decine di migliaia di persone a lasciare le proprie abitazioni.
Amnesty International ha affermato di aver documentato potenziali crimini di guerra, violenza intercomunale e altre gravi violazioni commesse dalle parti in conflitto contro i membri delle comunità Azande e Balanda.
Il Sud Sudan ha ottenuto l’indipendenza nel giugno 2011, ma è stato subito travolto dalla violenza etnica, tra le forze fedeli al presidente Salva Kiir e quelle affiliate al suo vice, Riek Machar.
Secondo Amnesty International, le recenti violenze nell’Equatoria occidentale possono essere ricondotte all’assegnazione amministrativa della regione all’Splm-Io, come parte di un accordo di condivisione del potere. Nena News
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