Ieri una commissione parlamentare ha approvato la cessione delle due isole. Subito sono iniziate le manifestazioni, la polizia ha caricato
della redazione
Roma, 14 giugno 2017, Nena News – Erano state la causa scatenante le prime proteste anti-governative dal luglio 2013, quando il presidente eletto Morsi fu deposto dall’esercito guidato dal generale al-Sisi. Lo scorso anno in migliaia protestarono per giorni per salvare due isole sul Mar Rosso, Tiran e Sanafir, cedute dal Cairo all’Arabia Saudita per suggellare un’amicizia fatta di politiche estere comuni ma soprattutto di sostegno finanziario e energetico da Riyadh all’Egitto.
Quella cessione aveva scatenato le proteste della popolazione, schiacciata da dure condizioni economiche e una tentacolare repressione. Alla guida della protesta si era posto il sindacato della stampa, da mesi impegnato in un lungo braccio di ferro con il ministro degli Interni Ghaffar e lo stesso al-Sisi.
Ieri, dopo una serie di sentenze che hanno annullato la cessione (ultima quella di gennaio emessa dall’Alta Corte amministrativa), la commissione parlamentare per gli affari legislativi ha approvato con 35 voti a favore e 8 contrari il “regalo” a Riyadh aprendo al voto dell’assemblea.
Immediata è stata la reazione fuori: manifestanti si sono ritrovati nlle strade del Cairo, esattamente come un anno fa, per protestare e si sono scontrati con la polizia. Molti si sono riuniti fuori dalla sede del sindacato della stampa cantando slogan contro il governo militare, prima che la polizia li disperdesse con la forza e li picchiasse. Tra gli arrestati e i feriti ci sono diversi giornalisti egiziani, mentre lo stesso sindacato si spaccava: il nuovo presidente, Abdel Mohsen Salama, editore del quotidiano pro-governativo al-Ahram, ha definito le proteste davanti alla sede dell’unione “inaccettabili”.
Immagini simili a quelle dell’aprile 2016 quando non solo si repressero le manifestazioni in piazza ma si cercò di impedirle arrestando prima dei due grandi appuntamenti del 15 e del 25 aprile migliaia di persone, tra cui i leader della protesta.
Ma Tiran e Sanafir vengono comunque difese, simbolo di un regime lontanissimo dalla base sia per l’assenza di interventi socio-economici che sappiano porre un freno alla crisi economica e all’impoverimento sia per un sistema repressivo radicato e pervasivo che passa per sparizioni forzate e arresti ma anche per mosse “legali” come la legge sulle ong e la chiusura di 64 agenzie stampa internazionali e locali dal 24 maggio ad oggi.
Per questo sui social stanno girando inviti e chiamate ad aderire ad una protesta a Bab al-Shaarya venerdì 16 giugno, dopo la preghiera. Ma si muove anche il governo: il ministero dell’Interno ha fatto sapere stamattina di aver dato alle forze dell’ordine il compito di impedire qualsiasi tentativo di sabotare o impedire la discussione finale in parlamento, prevista per oggi, sulle due isole. Controlli speciali, dunque, dispiegamento di forze di polizia in tutto il paese, ordine a impedire manifestazioni e sit-in. Nena News