Il popolo egiziano torna al voto a quasi un anno dal golpe che ha deposto il presidente islamista Muhammad Morsi. A contendersi lo scettro il nasseriano Sabbahi e l’ex generale che, salvo colpi di scena, sarà il quarto membro delle forze armate (dopo Nasser, Sadat e Mubarak) a guidare il paese
di Michele Nicoletti
Il Cairo, 26 maggio 2014, Nena News- Dopo aver votato per la nuova Costituzione il 14 e 15 gennaio scorso, gli egiziani torneranno alle urne oggi e domani (26 e 27 maggio) per decidere chi sarà il futuro presidente che dovrebbe guidare il paese fuori da una crisi economica e sociale profonda.
Colpi di scena a parte, sarà proprio l’ex capo delle forze armate Abd el-Fattah al-Sisi ad assumere questo ruolo. Poche speranze per Hamdeen Sabbahi, il quale spera, forse, di guadagnare una poltrona importante nel nuovo esecutivo e di ottenere una maggiore popolarità in vista delle elezioni politiche.
Risultato scontato perché la campagna di al-Sisi era cominciata già quel 3 luglio 2013, giorno del colpo di stato militare che aveva deposto il presidente eletto Muhammad Morsi, quando in piazza Tahrir erano comparse per la prima volta immagini con il volto del generale e quando lui stesso aveva comunicato alla nazione la rimozione del presidente islamista dal suo incarico e una mappa politica da seguire che tutti i restanti leader politici e religiosi si erano affrettati a firmare, probabilmente ignari di ciò che sarebbe successo di lì a poco, cioè la repressione violenta di ogni forma di dissenso e le stragi di Rabia al-Adawiyya e piazza en-Nahda.
Quello che si è visto nell’ultimo mese è un Sisi diverso da quello di un anno fa: ha rimosso la divisa militare per indossare giacca e cravatta, e ha perfino migliorato la sua calvizie con un incredibile ritocco in stile berlusconiano. La sua campagna elettorale prende il nome di Tahya Masr (Forza Egitto) e molte delle personalità della politica e dello spettacolo stanno dando il loro sostegno a questa campagna attraverso i Social Network. Le città sono tappezzate dei suoi manifesti e recentemente ha anche rilasciato diverse interviste in cui spiega il suo programma. Fra queste la più significativa è quella del 5 maggio scorso per i canali CBC e ONTV.
Primo passo verso l’uscita dalla crisi è la creazione di 22 poli industriali, 26 centri turistici e 8 aeroporti, un investimento che, come dice lui stesso, ammonterebbe a non meno di un bilione di Ghinee Egiziane (circa 102 miliardi di Euro).
Vuole inoltre portare il numero delle circoscrizioni da 27 a 33 e aumentare il numero di acri (3 milioni) da destinare all’agricoltura e munirli di un efficiente sistema di irrigazione.
Promette inoltre la costruzione di 20.000 scuole per un investimento di circa 500 miliardi di Ghinee Egiziane (50 miliardi di Euro) e la riduzione del debito con le banche estere che oggi ammonta a circa 33 miliardi di Euro, tutto questo garantendo la stabilità dei prezzi e senza influire sulle condizioni di vita delle classi sociali più povere.
Ha poi sottolineato l’importanza delle relazioni con i paesi arabi circostanti come l’Algeria per la lotta al terrorismo, Arabia Saudita, Kuwait ed Emirati Arabi per il contributo economico e il sostegno politico.
Altro punto fondamentale che ha più volte sottolineato durante la sua campagna è la lotta al terrorismo e l’esclusione dei Fratelli Musulmani da ogni tipo di scenario politico.
“E’ necessario trovare delle soluzioni adeguate ai problemi degli egiziani, e io ho un bacchetta magica: la volontà del popolo egiziano, capace di realizzare l’impossibile.”
Difficile che il supporto dei suoi sostenitori sia sufficiente a sfamare le bocche di quei 13,7 milioni di egiziani che soffrono di malnutrizione e che vivono sotto la soglia di povertà, in un paese dove il salario medio mensile è di 260 Euro, e dove il salario minimo dichiarato è di soli 75 euro al mese.
Nessuna soluzione concreta invece è stata avanzata per quanto riguarda la crisi energetica, il settore sanitario, l’aumento del salario medio, e il sistema pensionistico, considerate queste non delle priorità sull’agenda del futuro presidente.
L’unico dato interessante che uscirà da queste elezioni è la partecipazione del popolo egiziano, sempre più diviso fra chi ancora crede in un ritorno dell’ex-presidente Muhammad Morsi, nonostante la catena di arresti (circa 16.000 nell’ultimo anno) fra i militanti della Fratellanza e le migliaia di vittime uccise dalle forze di sicurezza egiziane, chi invece preferisce un ritorno dell’esercito come garante della “democrazia” e della stabilità, e chi invece, come i membri del movimento 6 Aprile, aveva creduto in un cambiamento reale e liberale del paese ma che preferisce non schierarsi né con la Fratellanza (con cui condivide lo stato di Illegalità) né con l’esercito che è il vero responsabile assieme al Fulul (la classe politica fedele all’ex-Presidente Hosni Mubarak) della crisi economica in cui il paese versa attualmente.
Nonostante questo continuano le manifestazioni, seppur non così numerose, in diverse zone del paese, e continua la repressione di ogni forma di dissenso e mentre i carcerati sono soggetti a torture e violenze, per le strade spesso i manifestanti vengono attaccati dagli stessi civili.
Lunedì scorso ad esempio un gruppo di attivisti appartenenti al movimento Diddak (Contro di te) che stava marciando per le strade del centro del Cairo criticando Sisi per la mancanza di un vero programma politico, è stato attaccato dal lancio di bottiglie e pietre da un gruppo di sostenitori del ex-generale.
In questi due giorni di elezioni circa 400.000 uomini della polizia e dell’esercito saranno dispiegati in tutto il paese in un generale clima di tensione surreale per uno stato che per due anni ha vissuto una vera primavera culturale e respirato un’aria di libertà e dove chi prima esprimeva liberamente la propria opinione in strada è costretto adesso a chiudere gli occhi difronte ai massacri e alla repressione ed costretto a tacere per paura di finire in carcere con l’accusa di terrorismo.
La restaurazione del vecchio regime sta per essere completata e i sogni dei tanti egiziani che speravano di cambiare il loro paese sono ormai infranti. Nena News