Un nuovo appuntamento con le donne protagoniste di rivoluzioni nei propri paesi. Winnie Mandela, “liberata” dalla figura del marito, sarà protagonista del movimento delle sudafricane e della lotta contro la legge dei pass
di Cecilia D’Abrosca
Roma, 11 dicembre 2017, Nena News – Winnie incontra Nelson Mandela all’età di venti anni. Lui è una figura di leader, nella lotta al regime di apartheid, ampiamente riconosciuta. La sua fama precede il suo nome e la sua fede nella liberazione dei neri del Sudafrica travalica ogni ideologia razzista.
Il 14 giugno1958, Nomzamo Winifred Zanyiwe “Winnie” e Nelson Mandela diventano moglie e marito. Winnie, ben presto, realizza che il ruolo di compagna di una delle figure politiche internazionali più amate e seguite si accompagna alla solitudine. Suo marito è quasi sempre lontano da casa, impegnato nelle riunioni dell’ “African National Congress” (Anc), nonchè coinvolto in casi giudiziari eclatanti, come il processo per tradimento intentato nel 1956. In quella occasione 156 persone, tra cui lo stesso Mandela, subiscono l’arresto in Sudafrica. Nei mesi che precedono il processo, l’abitazione di Mandela diviene oggetto di frequenti incursioni della polizia, ad ogni ora del giorno e della notte.
Nello stesso anno del matrimonio, nel 1958, Winnie partecipa ad un’azione di massa che vede le donne mobilitarsi contro il governo dell’apartheid: intendono ostacolare la legge sui pass, ossia un sistema di “passaporti regionali”, dunque interni, con lo scopo di segregare la popolazione, esercitare un controllo sul lavoro e sulla circolazione delle persone. La grande protesta del ’58 ha luogo a Johannesburg ed è precedutata nel ’56 da quella di Pretoria.
La coordinazione dell’evento a Johannesburg viene affidata al Presidente dell’Anc Women League, Lilian Ngoyi e tra le altre ad Albertina Sisulu. Nel corso della manifestazione, la polizia arresta circa mille donne che decidono di non richiedere la scarcerazione immediata, ma di trascorrere altre due settimane in prigione, come segno di ulteriore protesta. Durante quelle settimane Winnie, incinta, conosce in prima persona le condizioni delle prigioni sudafricane e ciò ridà un nuovo valore e intensifica il senso della sua lotta civile e politica. Intanto, l’Anc raccoglie i fondi per pagare le multe delle donne condannate.
La forza con la quale Winnie affronta il carcere è una occasione per affrontare la questione carceraria, ma non solo: la sua autonomia decisionale – nelle settimane vissute in prigione – le permette di uscire dall’ombra di suo marito e di sottrarsi, agli occhi del pubblico, alla sua “protezione”; al contempo, però, questo mette in guardia la sicurezza nazionale circa l’autorità e la volontà di Winnie – ora slegata da quella di Mandela – come voce in grado di urlare il proprio dissenso.
L’esistenza di Winnie Mandela è costellata da momenti che la ritraggono come una protagonista attiva della battaglia di liberazione del Sudafrica dal regime di apartheid: scende nelle strade sfidando i raid della polizia; prossima alla maternità affronta il carcere e ne denuncia il sistema; lotta con le altre donne dei movimenti, organizzando le marce nazionali storiche decisive di liberazione. Dunque, l’evoluzione della sua attività politica e l’incidenza del suo impegno sociale vanno di pari passo con le fasi che contraddistinguono la storia contemporanea della Repubblica Sudafricana.
Iter delle proteste femminili contro il regime di apartheid e il suo impianto normativo
Il primo tentativo di istitutire il sistema dei pass, una sorta di “passaporto interno”, per le donne nere del Sudafrica risale al 1913, quando lo Stato Libero dell’Orange (il precursore dell’odierna Repubblica Sudafricana), introduce una nuova richiesta: non solo gli uomini, ma anche le donne, avrebbero dovuto portare con sè un documento/permesso speciale. Il rifiuto del principio razzista e segregazionista, alla base della ratio normativa dei pass, si traduce in una protesta da parte di un gruppo multietnico femminile composto in maggioranza da professioniste che scelgono di agire secondo forme di resistenza passiva.
Molte di loro ricevono il sostegno del “South African Native National Congress”, che nel 1923 diviene “African National Congress” – precluso alle donne fino al 1943. La protesta contro i pass, diffusasi nello Stato Libero dell’Orange, si protrae fino allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, che segna il momento a partire dal quale le autorità allentano la rigidità.
Con la Blacks Act n.67 del 1952 (la legge sull’abolizione dei pass e il coordinamento dei documenti), il governo del Sudafrica muta solo la forma delle sua “richieste”, dirigendosi questa volta a tutti i residenti maggiori di sedici anni, obbligati a possedere un reference book. Il nuovo “libro delle referenze”, firmato dal datore di lavore, al quale spettava di rinnovare la firma ogni mese, doveva esprimere le abilità e il grado di affidabilità di uomini e donne neri, l’autorizzazione a circolare in aree specifiche e il certificato che attestasse il pagamento delle tasse.
Durante gli anni Cinquanta, le donne del “Congress Alliance”, una coalizione politica anti-apartheid formatasi in Sudafrica in quegli anni, si uniscono per combattere il sessismo esistente nei vari gruppi anti-apartheid, come l’Anc. Lilian Ngoyi, una sindacalista e attivista politica, Helen Joseph, Albertina Sisulu e Sophia Williams-De Bruyn e molte altre, formarono la Federazione delle Donne del Sudafrica che nel 1956 con la cooperazione dell’“Anc Women League”, l’ala femminile dell’African National Congress, allestisce una manifestazione di massa contro la nuova legge. Winnie e le altre donne politiche s’inseriscono, dunque, in questo “circuiti” sociali intrecciati al campo dei diritti e della tutela delle minoranze.
Pretoria 1956. La marcia delle donne contro la law pass
Il 9 agosto 1956 20mila donne di ogni etnia, marciano nelle strade di Pretoria fino all’Union Buildings per domandare una petizione a JG Strijdom, il primo ministro del Sudafrica, sull’introduzione della nuova legge sui pass. Strijdom fa in modo di trovarsi altrove e la petizione viene accolta dal suo assistente.
Durante la marcia le donne intonano questa canzone di libertà:
Wathint’ abafazi, Strijdom!
wathint’ abafazi,
wathint’ imbokodo,
uza kufa!
[Quando] colpisci le donne,
tu colpisci una roccia,
sarai schiacciato [morirai]!
Sebbene gli anni ’50 segnino l’apice della resistenza passiva all’apartheid da parte di movimenti sociali femminili e non, questo è stato in gran parte ignorato dalla storiografia e dal governo dell’apartheid. Tra le proteste più sanguinose contro la legge dei pass, vi è il massacro di Sharpeville nel 1961. Le leggi sui pass sono state abrogate solo nel 1986.
Mentre la frase wathint ‘abafazi, wathint’ imbokodo è diventata il simbolo del coraggio e della forza delle donne sudafricane. Nena News