L’attivista e sociologa sudafricana scelse di agire e combattere per la liberazione dei neri dall’apartheid, di far valere i diritti delle minoranze operando una trasformazione della mentalità dominante attraverso un processo di ri-educazione
di Cecilia D’Abrosca
Roma, 4 dicembre 2017, Nena News – Il contributo conoscitivo di Ruth First allo studio e all’analisi delle lotte in Sudafrica e in Africa per l’emancipazione, fa luce sulla portata storica del dibattito sull’apartheid e sul ruolo decisivo degli studiosi di sanare la frattura teorica e concettuale tra la trasmissione di informazioni sulle reali condizioni della segregazione e le effettive contingenze che hanno prodotto quella forma di aberrazione mentale.
La vita di Ruth First si configura come la sintesi tra critica dei processi storici confluiti nel regime di segregazione e coerente militanza politica. Il coinvolgimento di Ruth First, in qualità di docente, attivista e giornalista, richiama la profondità del suo impegno intellettuale e politico. Ella sceglie di intervenire in Sudafrica e Africa centrale, di agire e combattere per la liberazione dei neri dall’apartheid, di far valere i diritti delle minoranze operando una trasformazione della mentalità dominante attraverso una ri-educazione.
Il regime di apartheid è indagato come un meccanismo fortemente istituzionalizzato e funzionale allo sviluppo dello stato capitalista del Sudafrica e non, a differenza del pensiero comune, come un sistema di ispirazione razzista fondato sull’esercizio del dominio dei bianchi verso i neri. Dal punto di vista di Ruth First, è fuori luogo “legittimare” lo stato di segregazione, vissuto, in particolare, dai sudafricani, con l’esistenza di una società arretrata, al contrario, la sua istituzione scaturirebbe da un processo (e progetto) esteso nel tempo.
Dal 1977 Ruth è in Mozambico, dove organizza un corso basato su un’analisi scrupolosa delle politiche adottate nel processo delle riforme rivoluzionarie. Lotta per la liberazione dell’Africa intera dalla politica dell’apartheid fino al giorno della sua morte, avvenuta il 17 agosto del 1982 per mezzo di una pacco bomba speditole al “Centro de Estudios Africanos” dell’Università Eduardo Mondlane di Maputo. Fa della passione politica il centro della sua vita. Diviene membro dell’ “African National Congress” (ANC) - il partito politico più importante del Sudafrica, nato nel 1912 – assieme a suo marito, Joe Slovo, giornalista e politico sudafricano.
Nel 1963, Ruth viene privata della libertà personale per 117 giorni. I suoi scritti dal carcere intendono demolire, agli occhi dell’opinione pubblica e della stampa internazionale, l’immagine dell’apartheid – esplosa negli anni Sessanta – di costruzione sociopolitica arcaica. La dimensione politica è sviscerata da Ruth First secondo una valutazione multidimensionale: regionale, nazionale e internazionale. Attenta ai processi di decolonizzazione e di consolidamento dei nascenti Stati-nazione, intravede nella liberazione del Mozambico, avvenuta negli anni ‘70, la possibilità di lavorare per conto di istituzioni che operano per smantellare l’eredità dello stato coloniale.
Ruth First avverte l’urgenza di conferire alla ricerca e all’insegnamento il criterio di scientificità. Si occupa di formare gruppi di studiosi-militanti che esplorino i cambiamenti avvenuti in Africa nel passaggio dallo Stato coloniale allo Stato-nazione. Il ’68 ha gettato il suo seme. I giovani, in numero via via crescente, si avvicinano alla complessità della realtà africana; studiosi perlopiù di nazionalità europea e nordamericana si trasferiscono in Sudafrica e in Africa centrale per dare continuità al percorso intrapreso da Ruth e dalla sua équipe.
Si lavora alla creazione di un impianto disciplinare altamente strutturato per reagire alla precarietà del sistema educativo e alla disinformazione diffusa, agendo in campo sociale e politico. Ruth predilige, nell’accostarsi alla realtà sudafricana, la valutazione delle testimonianze dirette, la problematizzazione dei dati raccolti e la discussione delle ideologie, al fine di padroneggiare i meccanismi di funzionamento delle dinamiche interne sulle quali incidere con forme di mobilitazione politica.
Sin dalla giovinezza, Ruth First interagisce con la sinistra europea e i movimenti di liberazione africani. Il suo sguardo ai segnali di cambiamento, sfociati nelle rivolte studentesche del ’68, è colmo di curiosità e entusiasmo, nonché arricchito dal senso di consapevolezza che, le proteste giovanili avrebbero compromesso e alterato i termini della lotta e le alleanze di classe in seno alle sinistre. La visione analitica di quella fase storica sarà funzionale a riformulare i rapporti del Movimento con i partiti e i sindacati della classe operaia. Nena News