In prima linea in difesa di chi subisce violenze e ingiustizie in Iran, l’avvocato iraniana, premio Nobel per la pace nel 2013, ha partecipato alla fondazione nel 2006 del Women’s Initiative con l’obiettivo di trasformare il mondo attraverso il rifiuto della guerra e del militarismo e dove la sicurezza è concepita come uguaglianza tra le persone
di Cecilia D’Abrosca
Roma, 3 luglio 2017, Nena News – Shirin Ebadi è la prima donna giudice dell’Iran a conseguire, nel 2013, il Premio Nobel per la Pace. Il riconoscimento internazionale scaturisce dal suo impegno nella difesa dei diritti umani. Shirin Ebadi compie una scelta di vita che la pone a contatto con la parte di umanità che, nel mondo, è oggetto di violenza e violazioni di diritti naturali. Ha difeso e difende bambini, donne, prigionieri politici, minoranze religiose; ha chiesto giustizia per le madri di giornaliste morte in Iran.
Assumere una posizione ben delineata in contesti dominati da criticità sociali e politiche, in cui l’accettazione della battaglia per i diritti della persona non rappresenta la quotidianità, determina incertezza legata alla propria vita, in termini di sicurezza e bisogni. Le conseguenze costrette a subire, da parte di chi, come Shirin Ebadi, sceglie da che parte stare sono, l’esilio, la perdita dell’incarico di giudice, l’esperienza della disoccupazione, l’allontanamento forzato dal proprio Paese. E’ questo il percorso esistenziale di Shirin Ebadi, nata in una famiglia di accademici iraniani, negli anni Cinquanta, cresce libera ad istruita, con il senso del rispetto per la vita e le religioni.
Diventa giudice prima dei trent’anni, nel 1969 e consegue il dottorato in legge, nel 1971. Dal 1975 al 1979 sarà la prima Presidente donna del Tribunale di Tehran (così come, è stata la prima giudice in Iran). Gli anni che precedono la Rivoluzione Iraniana del 1979 segnano i suoi successi professionali ma a partire da quell’anno, cambieranno molte cose nella sua vita. Con il pretesto dell’emotività femminile e della loro incapacità nell’amministrare la giustizia, le fu vietato di esercitare l’incarico di giudice. Shirin Ebadi assieme ad altre colleghe, altrettanto rimosse dall’ incarico, attuano una protesta che condurrà loro ad ottenere la posizione di “esperto di legge”; lo status occupazionale resterà invariato per un periodo, al punto da indurre Shirin Ebadi a chiedere il pensionamento anticipato. Dopo diversi rifiuti, nel 1993, riceve l’autorizzazione ad esercitare la professione di avvocato; a partire da quel momento, intraprende la sua attività di legale e attivista in nome della tutela dei diritti umani.
Intanto, gli anni dell’isolamento e dell’inattività avevano costituito un momento di svolta che introduce la sua carriera di scrittrice e autrice di articoli per diversi quotidiani. Non smetterà di pubblicare libri, l’ultimo, del 2016, è intitolato, “Finchè non saremo liberi” (Bompiani, 2016).
Come avvocato, segue alcuni casi di eco internazionale: quello della fotoreporter Zahra “Ziba” Kazemi, dei coniugi Parvaneh and Dariush Foroohar, di Ezat Ebrahim Nejad e di Zahra Bani Yaghoob. Ha difeso i leader dei Baha’i, la minoranza religiosa più perseguitata in Iran e i prigionieri politici, considerati oppositori del regime. Ebadi, e i venti avvocati che lavorano con lei, decidono di non prendere denaro dalle famiglie dei prigionieri.
Nel 2013 riceve il Premio Nobel per la Pace, accompagnato dalla seguente motivazione: “Il premio viene conferito per l’impegno nella difesa dei diritti umani, nella battaglia per i diritti delle donne e dei bambini e per la posizione che Ebadi assume a favore della democrazia”. Si legge nel testo, redatto dal Comitato del Nobel, che quest’ultimo è lieto di premiare, “Una donna che fa parte del mondo musulmano”, “Che non vede conflitto fra Islam e i diritti umani fondamentali”, “Reputando che il dialogo fra le culture le religioni del mondo possa partire da valori condivisi”, prosegue la nota, “La sua arena principale è la battaglia per i diritti umani fondamentali in quanto, nessuna società merita di essere definita civile, laddove i diritti delle donne e dei bambini non siano rispettati”, “E’ un onore, per il Comitato per il Nobel, assegnare il premio per la Pace a una donna della quale il mondo musulmano può essere fiero, unitamente a coloro che combattono per i diritti umani, in qualunque luogo essi vivano”. Ebadi è l’undicesima donna a vincere il Nobel per la Pace ma è la prima musulmana ad esporsi contro ogni forma di violazione e annientamento della dignità della persona.
Qualche tempo dopo il premio, Shirin Ebadi allestisce un ufficio, che sarebbe poi diventato la più grande organizzazione per i diritti umani, il Center for Defenders of Human Rights (CDHR), di cui è Presidente, che difende i diritti dei prigionieri politici, delle donne e delle minoranze in Iran. Il CDHR nasce per volontà di altri quattro avvocati iraniani, membri fondatori assieme a Shirin Ebadi.
Giudice, avvocato, attivista e scrittrice che fonda il Nobel Women’s Initiative nel 2006, assieme a sei donne, laureate Premio Nobel, Jody Williams, Wangari Maathai, Rigoberta Menchú Tum, Betty Williams e Mairead Maguire decidono di portare la loro esperienza, in uno sforzo comune, nel nome della pace, della giustizia e dell’ uguaglianza (nel 2012 anche Leymah Gbowee e Tawakkol Karman entrano a far parte del NWI).
Qual è il progetto a lungo termine del Nobel Women’s Initiative? Quello di trasformare il mondo attraverso il rifiuto della guerra, della violenza e del militarismo, dove la sicurezza globale – la sicurezza umana – si costruisca attorno ai diritti umani, alla giustizia e all’uguaglianza delle persone e delle comunità, piuttosto che ruotare sulla sicurezza dello stato nazione. Di costruire un mondo nel quale la pace sostenibile e la protezione dell’ambiente, da cui dipendono tutte le forme di vita, sia una priorità collettiva. Di cooperare, utilizzando la visibilità e il prestigio del premio ricevuto, per mettere a fuoco, ampliare e promuovere il lavoro delle organizzazioni e dei movimenti femministi che agiscono in tutto il mondo, rafforzando e ampliando i loro sforzi in direzione dell’informazione, della solidarietà e della partecipazione collettiva in tema di diritti umani. Nena News