Nonostante lo stesso premier Netanyahu avesse bloccato l’espansione di Givat Eitam, Jewish National Fund e Amministrazione Civile hanno proseguito nella confisca di terre palestinesi e nella costruzione di case per coloni.
della redazione
Betlemme, 15 luglio 2015, Nena News – Con gli occhi del mondo puntati sull’Iran e con le orecchie confuse dalle grida del governo israeliano terrorizzato dall’accordo tra 5+1 e Teheran, le autorità di Tel Aviv ne approfittano per proseguire nelle attività quotidiane nei Territori Occupati.
L’Amministrazione Civile israeliana – l’ente di Tel Aviv che gestisce territorio e residenti palestinesi nei Territori occupati – ha segretamente consegnato altra terra per l’allargamento di un insediamento illegale. Si tratta della colonia di Givat Eitam, a sud di Betlemme, e parte del blocco di colonie di Efrat: Givat Eitam è stata creata dai coloni stessi su una collina accanto a Efrat (chiamata dai palestinesi Jabel Abu Zeid, parte del villaggio di Artas e della città di Betlemme). La sua espansione era stata bloccata nel 2013 dallo stesso premier Netanyahu: all’epoca il Ministero della Casa aveva progettato la costruzione di 20mila case per coloni nell’insediamento in questione.
Nonostante lo stop imposto dal primo ministro, il Jewish National Fund (organizzazione no-profit nata molto prima dello Stato di Israele, nel 1901, ente paragovernativo creato dalla Conferenza Mondiale Sionista per gestire, distribuire, comprare e piantare la terra di Palestina), ha portato avanti il piano attraverso una sua società sussidiaria, Himanuta: ora la terra assegnata dall’Amministrazione Civile è diretta alla costruzione di 800 nuove unità abitative nella colonia illegale.
Un tandem ben rodato, quello tra Jnf e Amministrazione Civile. Tanto rodato da superare con facilità anche gli ostacoli politici, come – in questo caso – la sospensione del piano imposta dallo stesso premier del paese. Ma proprio nel complesso e funzionante sistema burocratico e di controllo della terra messo in piedi in quasi 70 anni dalle autorità israeliane sta il segreto del successo di Tel Aviv: la macchina che ingurgita terre, confisca e costruisce colonie, sembra andare avanti da sé, con o senza il sostegno politico, con o senza “pilota”.
A rendere noto il piano a Givat Eitam è stata ieri Peace Now, organizzazione israeliana che monitora l’espansione coloniale israeliana nei Territori Occupati. L’associazione ha aggiunto che per la costruzione delle 800 nuove case per coloni la terra dovrà confiscare 1.300 dunam di terre appartenenti a palestinesi residenti nel villaggio di al-Nahla, a sud di Betlemme. Il villaggio aveva presentato una petizione alla corte israeliana perché bloccasse la confisca; alla petizione ha risposto il governo israeliano, secondo cui quegli appezzamenti sono terra di Stato e non privata.
L’allargamento di Givat Eitam, a poca distanza dall’immensa colonia di Efrat, andrebbe a riempire quell’anello di colonie israeliane che Tel Aviv ha costruito nel tempo tra Gerusalemme e Betlemme, verso Hebron. Un blocco unico di insediamenti che spezza la Cisgiordania e rende impossibile immaginare uno Stato di Palestina continuo e contiguo.
L’espansione coloniale israeliana per ora non provoca reazioni significative nell’opinione pubblica mondiale, al di là di appelli e dichiarazioni di impegno verso la soluzione a due Stati. Chissà che dopo lo scongelamento dei rapporti con Cuba e l’accordo storico con l’Iran, il presidente-Nobel Obama non getti un occhio anche alle violazioni israeliane nei Territori Occupati Palestinesi. Nena News
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