Povertà crescente, restrizioni al movimento, moschee chiuse e rimesse dall’estero ai minimi: quest’anno il mese sacro dell’Islam sarà festeggiato in modo molto diverso dal solito. E non è la prima volta nella storia
della redazione
Roma, 24 aprile 2020, Nena News – Oggi è il primo giorno di Ramadan, il mese sacro per l’Islam, dedicato al digiuno, alla carità e alla preghiera. Ma anche all’incontro, alla condivisione del cibo dopo il tramonto, con l’Iftar – il pasto serale – che spezza una giornata senza cibo.
Quest’anno per due miliardi di musulmani in tutto il mondo, dall’Indonesia all’Egitto, il Ramadan assume tinte diverse da quelle note, dalle luci notturne e la musica tradizionale, le lunghe veglie notturne, i vestiti della festa e il cibo condiviso nei quartieri e i palazzi. L’epidemia di Covid-19 ha costretto a misure di contenimento e coprifuoco, a limitare i movimenti e a chiudere le moschee.
Misure che hanno un effetto devastante soprattutto sulle classi più povere, sulle famiglie che sopravvivono grazie alle rimesse dall’estero di parenti emigrati o di lavoro informale. La Banca Mondiale, in un rapporto pubblicato all’inizio di questa settimana, ha calcolato nel 20% la perdita nelle rimesse dei migranti alle famiglie di origine, una realtà che intacca soprattutto le società mediorientali, asiatiche e africane.
E così le economie mediorientali e nordafricane, che si reggono per oltre la metà del Pil (in alcuni casi per i due terzi) su lavoratori non contrattualizzati, a giornata, a nero, sono in crisi. In molti sono comunque costretti a uscire di casa per guadagnarsi la giornata, incorrendo in rischi per la salute se non in arresti e multe per aver violato la quarantena.
Il Ramadan non può che risentire della necessaria presa di distanza dall’altro. Nella maggior parte dei paesi musulmani le moschee sono chiuse da settimane, come sospeso è l’Umrah, il pellegrinaggio verso la Mecca, versione “in piccolo” dell’Hajj. L’Arabia Saudita ha annunciato due giorni fa che la speciale preghiera per il mese sacro, la Taraweeh, che si tiene nella Grande Moschea, si svolgerà ma senza fedeli.
Il gran mufti saudita, Sheikh Abdul Aziz bin Abdullah Al Al-Sheikh, ha invitato le persone a pregare a casa e lo stesso ha fatto il muezzin della Mecca, Ali Mulla: “Siamo abituati a vedere la santa moschea piena di gente di giorno, di notte. Sento un grande dolore”. In Iran, il grande rivale di Riyadh, lo stesso: già a inizio aprile il leader supremo l’Ayatollah, Ali Khamenei, in un messaggio televisivo aveva chiesto a tutti di pregare tra le mura domestiche: “Siamo costretti a vietare gli assembramenti pubblici nel mese di Ramadan. In assenza di questi incontri, ricordate le vostre preghiere e la vostra devozione in solitudine”.
Non è la prima volta nella storia che il Ramadan cambia forma, a causa di epidemie e guerre. In un interessante articolo su al Jazeera, Usaid Siddiqui ha ripercorso alcuni dei momenti storici in 1400 anni di Islam in cui la preghiera collettiva è stata sospesa.
Come accadde nel 930, in epoca Abbaside, quando a essere cancellato fu il pellegrinaggio annuale alla Mecca a causa di un attacco sferrato al primo luogo sacro dell’Islam dai Carmati, sciiti originari dell’attuale Bahrain. Una rivolta contro il califfato Abbaside che coinvolse i poveri del regno, guidata dai Carmati che per circa cento anni assunsero il controllo della costa est dell’attuale regno saudita e del Kuwait.
Secondo storici sunniti, 30mila persone furono uccise nell’attacco alla Mecca: “Abu Tahir al-Jannabi, che chiudò il raid – spiega all’emittente qatariota lo studioso e imam Umar al-Qadri – non solo attaccò la Mecca ma dissacrò i simboli dell’Islam”. Tra cui – aggiunge – la Pietra Nera, al centro della Kaaba, di cui sarebbero stati rimossi e rubati dei pezzi, e la fonte di Zemzem, in cui sarebbero stati gettati i corpi dei fedeli uccisi.
Fu invece il colera, nel XIX secolo e nel XX secolo, a costringere alla sospensione dell’Hajj nel 1837 e nel 1846. Ben 27 epidemie colpirono i pellegrini in quei decenni, costringendo a chiudere i porti e imporre la quarantena su chi tornava dall’Arabia saudita.
E poi il sequestro nella Grande Moschea, nel 1979, attacco armato iniziato il 20 novembre e concluso solo il 4 dicembre successivo e guidato da un ex soldato saudita e dissidente, Juhayman ibn Muhammad ibn Sayf al-Otaybi. Tra i 400 e i 500 uomini armati presero in ostaggio centinaia di pellegrini e occuparono la Grande Moschea, affermando che il Mahdi fosse uno degli insorti, Mohammed Abdullah al-Qahtani, e la necessità di ritornare alle origini dell’Islam. Negli scontri a fuoco che ne seguirono furono uccise circa 130 persone, tra poliziotti sauditi e assalitori. Nena News
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La redazione di Nena News augura a tutte e tutti un felice Ramadan. Nonostante le tante difficoltà, la povertà, le fughe da fame e guerre, i conflitti aperti in tante parti del mondo arabo e africano