Giornate al cardiopalma in Libia per il caso della petroliera Morning Glory. Il premier sfiduciato e accusato di corruzione è scappato all’estero. Intanto la nave carica di greggio “illegale” è in acque internazionali. Mistero sulla sua destinazione
di Sonia Grieco
Roma, 12 marzo 2014, Nena News – Sono ore di confusione quelle che si vivono in Libia alle prese da giorni con il caso della petroliera battente bandiera nordcoreana Morning Glory, il cambio di guardia alla guida del governo e la fuga dell’ex premier Ali Zeidan, sfiduciato ieri dal Congresso generale nazionale (Cng), il Parlamento provvisorio del Paese. Al suo posto è stato nominato il ministro della Difesa, Abdullah al Thani.
Zeidan, uomo vicino all’Occidente, ha lasciato la Libia a bordo di un jet privato che, secondo quanto riferito dalle autorità maltesi, ha fatto tappa nell’isola, nonostante il divieto di espatrio spiccato dalla procura di Tripoli che ha aperto un fascicolo a carico dell’ex premier per corruzione. Intanto, la petroliera carica di greggio “illegale”, che potrebbe essere stata affittata da un Paese del Golfo, ieri è sfuggita alla marina libica ed dal porto di Sidra, in Cirenaica, ha raggiunto le acque internazionali. E resta un mistero quale sia la sua destinazione.
Si tratta del primo carico di greggio (350mila barili per un valore di 36 milioni di dollari) venduto dalle milizie che non riconoscono il governo di Tripoli e che chiedono maggiore autonomia dalla capitale e più profitti dalla vendita del petrolio. Nei mesi scorsi, infatti, la Cirenaica ha proclamato la propria indipendenza. L’esecutivo ha provato a fermare il carico facendo intervenire la marina che ha aperto il fuoco contro la nave, ma senza riuscire a impedirle di forzare il blocco e di riparare in acque internazionali. È stata la “manifesta incapacità” di Zeidan in questa delicata situazione a decretare la fine del suo mandato dopo meno di un anno. Il nuovo primo ministro Thani ricoprirà la carica per 15 giorni, entro i quali sarà formato un nuovo governo. Inoltre, il Parlamento ha indetto le elezioni politiche entro tre mesi.
Dal 2012 la città di Sidra, nella Libia orientale, e i suoi terminali in cui arriva il petrolio della Cirenaica sono nelle mani di milizie armate che da tempo tentano di gestire la vendita del greggio e con la Morning Glory pare ce l’abbiano fatta, creando un pericoloso precedente. Il governo centrale non ha il controllo su tutto il territorio e dalla fine del regime di Gheddafi, nel 2011, i gruppi di ex ribelli hanno preso piede nel Paese e rivendicano una fetta dei profitti delle enormi risorse minerarie libiche. Hanno bloccato le esportazioni di greggio, gettando la Libia sull’orlo della bancarotta: l’occupazione degli impianti estrattivi e degli oleodotti, oltre che dei porti petroliferi della regione orientale, hanno fatto calare drasticamente la produzione da 1,4 milioni di barili al giorno dello scorso luglio a 375mila. Nelle ultime settimane anche la capitale è stata teatro di azioni intimidatorie delle milizie di ex ribelli che tre anni fa hanno partecipato alla battaglia contro Gheddafi e che però non hanno deposto le armi, continuando a seminare instabilità nel Paese. Sono arrivate persino ad occupare il Parlamento e la Tv di Stato. Dal canto suo, il governo non è stato capace di disarmare questi gruppi e in alcuni casi se n’è avvalso per garantire la sicurezza nella capitale e in altre città. Nena News
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