Via libera della Corte Costituzionale al terzo mandato per il presidente in carica. Esplode la protesta e i manifestanti denunciano: giudici minacciati. Migliaia fuggiti verso il Ruanda
di Sonia Grieco
Roma, 6 maggio 2015, Nena News – L’opposizione grida al “golpe” dopo la decisione delle Corte Costituzionale del Burundi di ammettere il presidente Pierre Nkurunziza alla corsa per le presidenziali del 26 giugno, nonostante il limite massimo sia di due mandati. E Nkurunziza è alla guida del Paese dal 2005.
L’annuncio, fatto a fine aprile, della candidatura per il terzo mandato ha provocato un’ondata di proteste, con scontri, arresti, vittime e una stretta del governo sui media, in particolare sulle radio indipendenti che sono state chiuse. Almeno dodici i morti, secondo le organizzazioni scese in piazza, sei, invece, per la polizia. E il clima si fa sempre più teso, quando sono trascorsi dieci anni dalla fine del conflitto etnico che ha devastato il Paese. Questa è probabilmente la crisi politica più acuta in Burundi da un decennio e cresce il timore che inneschi di nuovo l’odio etnico che ha devastato la nazione negli anni Novanta.
Ieri, mentre la Corte Costituzionale decideva di autorizzare la ricandidatura di Nkurunziza, la capitale Bujumbura è stata teatro di nuove manifestazioni e proteste. La Corte ha deciso che “il rinnovo del mandato presidenziale per cinque anni tramite suffragio universale diretto non rappresenta una violazione della Costituzione”. L’argomento usato dal presidente per ricandidarsi, a quanto pare accolto dai giudici, è che nel 2005 fu eletto capo di Stato dal Parlamento e non in elezioni dirette, quindi quel mandato non conterebbe.
Argomentazioni a parte, sulla decisione del tribunale si allunga l’ombra delle minacce e delle pressioni da parte di uomini vicini a Nkurunziza. Secondo quanto riferito da Al Jazeera, almeno quattro dei sette giudici hanno lasciato il Paese. Tra questi il vicepresidente della Corte, Sylvere Nimpagaritse, fuggito in Ruanda lunedì. Ha raccontato all’agenzia Afp che i magistrati hanno lavorato sotto una “enorme pressione e persino sotto minaccia di morte”. Quindi la decisione sarebbe stata frutto di una manipolazione, come ha sostenuto Jean Minani, leader del partito Frodebu-Nyakuri che fa parte della coalizione che ha organizzato le manifestazioni. Minani ha assicurato che la mobilitazione popolare non si fermerà fino a quando Nkurunziza non ritirerà la candidatura.
Intanto, le proteste che scuotono il Burundi creano apprensione anche in Ruanda, dove sono arrivate circa 24mila persone nelle ultime settimane. Altre settemila hanno attraversato il confine con la Repubblica democratica del Congo. Il ministro ruandese degli Esteri, Louise Mushikiwabo, ha esortato il governo di Bujumbura a riportare la calma nel Paese che ha la stessa composizione etnica (huti e tutsi) del Ruanda, dove nel 1994 si consumò una delle più sanguinose tragedie della storia recente: il massacro di 800mila persone in cento giorni, in prevalenza tutsi, un’etnia praticamente inventata dai coloni europei.
Dopo la decisione della Corte Costituzionale, il vicepresidente del Burundi, Prosper Bazombanza, ha teso la mano ai manifestanti promettendo la scarcerazione di centinaia di dimostranti arrestati nelle ultime settimane e la riapertura delle radio in cambio della fine delle proteste. Nena News
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