Sono più di 40 i palestinesi arrestati da ieri mattina dalle forze di sicurezza israeliane. I militari dello stato ebraico hanno sparato ferendo 7 persone ad ar-Ram e 2 a Betlemme. Spari anche nella Striscia di Gaza nei pressi del campo di al-Maghazi. Il ministro dell’istruzione israeliano, intanto, chiede l’amnistia per il soldato-killer
della redazione
Roma, 10 ottobre 2016, Nena News – La risposta repressiva delle autorità israeliane all’attacco di ieri compiuto a Gerusalemme da un uomo armato palestinese è arrivata immediata. Intervistato dalla radio militare, il ministro della Pubblica sicurezza Gilad Erdan ha detto che sono stati arrestati finora 31 palestinesi. Tra i detenuti, ha spiegato, vi sono anche alcuni membri della famiglia dell’aggressore (tra cui la figlia 14enne). La polizia, inoltre, aveva poco prima fatto sapere di aver fermato anche 15 palestinesi per lancio di bombe molotov contro le forze di sicurezza.
Ieri momenti di forte paura si sono vissuti a Gerusalemme quando il 39enne palestinese affiliato ad Hamas, Misbah Abu Sbeih, ha aperto il fuoco contro i passanti prima di essere raggiunto e ucciso dalle forze di sicurezza locali. Nell’attentato hanno perso la vita un’ufficiale di polizia e una 60enne israeliana. Abu Sbeih avrebbe dovuto iniziare a scontare ieri una condanna a quattro mesi di prigione per aver attaccato un poliziotto israeliano nel 2013.
L’attacco preoccupa Tel Aviv perché giunge nei giorni delle vacanze ebraiche: il capodanno (Rosh Hashana) che ha avuto luogo alcuni giorni fa, lo Yom Kippur che inizia martedì sera e la festa di Sukkot della prossima settimana. Messaggi di condanna e di cordoglio per la sparatoria di ieri sono giunti dagli Stati Uniti d’America. Il dipartimento di Stato americano ha parlato di un atto “riprovevole e codardo”. “Esprimiamo le nostre più sincere condoglianze alle famiglie di chi è rimasto ucciso ieri e speriamo che i feriti possano guarire al più presto” si legge in un comunicato. Simile il commento del Coordinatore speciale dell’Onu per il processo di pace in Medio Oriente, Nickolay Mladenov. “Condanno gli attacchi terroristici di questa mattina [ieri, ndr] compiuti da un palestinese. Niente piò giustificare tali atti. Il mio pensiero va alle famiglie delle vittime”. Nessuno, però, ha sottolineato come le aggressioni non siano il frutto di una violenza irrazionale palestinese, ma la conseguenza di una situazione politica, sociale ed economica da tempo inaccettabile per la popolazione dei Territori Occupati che, giorno dopo giorno, vede sempre di più aumentare la presenza dei coloni sulla sua terra.
Ma quello che non denunciano (né denunceranno) i comunicati delle istituzioni internazionali è che a sparare sono anche (e soprattutto) le forze di sicurezza israeliane. Ieri sette giovani palestinesi sono stati feriti dall’esercito israeliano ad ar-Ram (Gerusalemme est). Gli scontri tra i residenti e i militari sono divampati quando i soldati hanno fatto irruzione nella casa dell’attentatore di Gerusalemme. Tra i feriti, anche il fotografo dell’Associated Press Majdi Mohammed che era ad ar-Ram per documentare quanto stava avvenendo. L’Associazione della stampa estera (FPA) ha rilasciato stamane un comunicato in cui ha condannato con forza il ferimento di Mohammed: “Crediamo che la sparatoria sia stata intenzionale. Il poliziotto di frontiera ha gridato e maledetto Majdi poco prima di spararlo. Mohammed indossava una pettorina in cui si leggeva chiaramente ‘Stampa’” recita la nota della FPA.
In circostanze ancora tutte da chiarire l’esercito israeliano ha sparato oggi anche a due lavoratori palestinesi nell’area di Wadi Abu-Hummus (Betlemme). Trasferiti in ospedale, i due uomini presentano ferite leggere e sono fuori pericolo di vita. Colpi di arma da fuoco, inoltre, sono stati esplosi ieri anche nella Striscia di Gaza dove, raccontano i residenti, i militari dello stato ebraico hanno sparato ad alcuni coltivatori nei pressi del campo profughi di Maghazi.
E se per le autorità israeliane è un “terrorista” l’uomo armato di ieri a Gerusalemme, è un “eroe” l’israeliano che ha sparato ed ucciso alcuni mesi fa un attentatore palestinese che era steso a terra inerte dopo essere stato gravemente ferito.
Emblematiche, a tal proposito, sono le dichiarazioni del ministro dell’educazione israeliano, Naftali Bennet, che ieri ha chiesto l’amnestia per il soldato Elor Azaria sotto processo per l’uccisione del 21enne palestinese Abdel Fattah al-Sharif. “Questo soldato – ha detto il leader di Casa Ebraica – non dovrebbe passare nemmeno un giorno in prigione. Se dovesse essere trovato colpevole, dovrebbe essere subito assolto”. La motivazione è chiara: “i nostri soldati stanno affrontando un’ondata di attacchi compiuti da terroristi palestinesi e ci stanno difendendo. Dovremmo mostrare di essere con loro”.
Con la sparatoria di ieri a Gerusalemme sale il numero di vittime dell’Intifada (“di Gerusalemme” per i palestinesi, “dei coltelli” per gli israeliani) iniziata lo scorso anno: sono oltre 232 i palestinesi uccisi, 36 invece i morti israeliani. A perdere la vita sono stati anche due americani, un giordano, un eritreo e un nazionale sudanese. La maggior parte dei palestinesi è stata assassinata per lo più durante attacchi (a volte presunti) compiuti con coltelli o con macchine diretti principalmente contro i militari dello stato ebraico. Nena News