La giovane saudita è stata rilasciata in libertà condizionata, con lei anche la blogger Nouf Abdulaziz, festeggiano le organizzazioni per i diritti umani. Ma dietro le sbarre rimangono altre attiviste che pagano il loro impegno per il riconoscimento dei diritti delle donne: Eman al-Nafjan, Samar Badawi, Nassima al-Sadah e Mayaa al-Zahrani. Di alcune di loro non si hanno notizie da anni
della redazione
Roma, 11 febbraio 2021, Nena News – Loujain al-Hathloul è tornata a casa. Il suo rilascio, previsto per marzo dopo la condanna a cinque anni e otto mesi comminata lo scorso dicembre, poi annunciato per oggi, è avvenuto a ieri.
A dare l’annuncio è stata la sorella dell’attivista saudita, Lina al-Hathloul, con uno screenshot su Twitter e un messaggio, in breve tempo ritwittato decine di migliaia di volte da tutto il mondo.
Loujain is at home !!!!!!
تم الافراج عن لجين pic.twitter.com/fqug9VK6Mj— Lina Alhathloul لينا الهذلول (@LinaAlhathloul) February 10, 2021
La stessa Lina ha poi voluto specificare le condizioni del rilascio, per ricordare a tutti il significato di una libertà che non è affatto sicura né totale: “Chiedo gentilmente di non usare le parole libera o liberata: è un potenziale rilascio, è ancora in libertà condizionata, divieto di viaggio e in attesa del processo d’appello”. Insomma, non è libera.
Arrestata una prima volta nel 2014 mentre guidava (73 giorni di carcere), candidata alle elezioni amministrative nel 2016, attiva contro il sistema del guardiano che impedisce alle donne di decidere per sé, nel 2018 aveva di nuovo fatto campagne pubbliche per i diritti delle donne, in particolare per il diritto a guidare (poche settimane dopo il principe ereditario Mohammed bin Salman annunciò la cancellazione del divieto), Loujain ha passato oltre mille giorni dietro le sbarre, denunciando in questo periodo abusi, torture e violenze sessuali.
E’ accusata tuttora – si è in attesa del processo d’appello – di incitamento al cambiamento, uso di internet contro l’ordine pubblico e perseguimento di un’agenda straniera. Il rilascio, inizialmente previsto per marzo, era stato ordinato dalla stessa corte che l’aveva condannata a quasi sei anni, sulla base della pena già scontata e della possibilità di applicare la libertà condizionata.
In molti hanno letto nella decisione delle autorità saudite di rimandarla a casa in anticipo come un gesto di buona volontà verso la nuova amministrazione americana guidata dal presidente Joe Biden, che ha già assunto decisioni che hanno fatto storcere la bocca ai Saud, a partire dalla sospensione della vendita di armi e lo stop al sostegno alla guerra contro lo Yemen.
Non a caso ieri lo stesso Biden ha commentato il rilascio: “Era la cosa giusta da fare”. Lo stesso hanno fatto le Nazioni Unite, tramite Agnes Callamard, relatrice speciale per le esecuzioni extragiudiziali e le organizzazioni per i diritti umani che negli anni hanno seguito il caso.
Ma la battaglia non finisce qui. Ci sono ancora attiviste donne in prigione, in isolamento per mesi, torturate e abusate come Loujain. Ieri, insieme ad al-Hathloul, è stata rilasciata anche Nouf Abdulaziz, blogger arrestata nel 2018 per i suoi appelli ai diritti delle donne e alla necessità di riforme interne. I suoi articoli sono stati pubblicati nel sito femminista saudita Noor al-Arabiya, prima di essere costretta a smettere dalle pressioni delle autorità. Nel 2019 è stata condannata per i post sui social.
Dietro le sbarre, invece, resta un’altra blogger, scrittrice, professore all’Università di Riyadh, Eman al-Nafjan, editorialista per la Cnn, il Guardian e Foreign Policy. Anche lei arrestata nella stessa campagna di arresti nel 2018 con le identiche accuse di terrorismo per la sua critica alla condizioni delle donne di cittadine di serie B, di lei si sa pochissimo: secondo Human Rights Watch nel marzo 2019 non erano state ancora mosse accuse ufficiali contro di lei e da allora non si hanno altre notizie.
C’è poi Samar Badawi, sorella del noto blogger Raif, anche lei arrestata nel 2018. Nel paese è nota per la difesa dei diritti umani e per essere stata la prima a presentare una petizione per permettere alle donne di votare e di candidarsi alle amministrative del 2011. Un anno fa è stata convocata per un’udienza a porte chiuse, lo stesso è accaduto a novembre scorso, ma – riporta la Bbc – non si hanno informazioni di accuse ufficiali.
Nassima al-Sadah, anche lei attivista per i diritti delle donne e per la minoranza sciita della petromonarchia, ha sempre contestato il sistema del guardiano. Arrestata nel 2018 e posta in isolamento per mesi, è apparsa in tribunale due volte dall’arresto. Nessun dettaglio sul suo caso è mai emerso nella stampa.
E infine Mayaa al-Zahrani, in prigione dal 2018 per aver sostenuto pubblicamente sui social Nouf Abdulaziz. condannata a cinque anni e otto mesi (come al-Hathloul) dalla corte speciale antiterrorismo, dovrebbe essere rilasciata in questi mesi per la sospensione di una parte della sentenza per poi essere sottoposta anche lei a tre anni di libertà condizionata e cinque anni di divieto di espatrio. Nena News
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