Un anno dopo la morte di un venditore ambulante di pesce, l’uccisione di 15 donne in fila per aiuti alimentari riaccende le critiche e le preoccupazioni per le condizioni disperate della popolazione
di Aida Alami – Middle East Eye
Marrakesh, 24 novembre 2017, Nena News – Hanno cominciato a riunirsi alle 2 del mattino di domenica scorsa, in fila per olio, zucchero e farina che un imam locale e la sua associazione avrebbero distribuito nel mercato di Sidi Boulaalam, un villaggio vicino alla città costiera di Essaouira.
Più tardi, in mattinata, quando il gruppo ha iniziato a distribuire il cibo gratuito, la folla che si era radunata è diventata improvvisamente violenta e si è trasformata in una calca. Quindici donne sono morte, mentre l’imam e gli altri guardavano la scena.
“La principale preoccupazione di chi gestiva la distribuzione era filmarla – dice una donna citata dai media locali – La gente chiedeva agli organizzatori di intervenire per aiutare le vittime, ma non hanno dato attenzione alle richieste e hanno continuato a filmare”.
La polizia sta investigando sui motivi esatti che hanno provocato la calca in questa città turistica, nota per l’olio di Argan, un ingrediente ampiamente usato nei prodotti di bellezza. Finora hanno fermato e poi rilasciato l’imam, Abdelkbir El Hadidi, una personalità nota con un significativo seguito su internet. Molti osservatori, però, ritengono che concentrarsi sulla distribuzione di cibo porta ad ignorare le condizioni disperate della gente, che ha condotto a quelle morti.
“Stanno cercando dei colpevoli per soddisfare l’opinione pubblica”, spiega Fouad Abdelmoumni, economista e attivista, detenuto sotto Hassan II, il padre dell’attuale monarca.
Alcuni hanno collegato le morti al più generale scontento dovuto alla povertà, le violazioni dei diritti umani e i mega progetti infrastrutturali in cui il governo si è imbarcato dalla primavera araba. Secondo la Banca Mondiale, il Marocco ha sradicato la povertà estrema in cui molti dei suoi cittadini vivevano da generazioni. Ma se il tasso di povertà ufficiale nel 2014 era inferiore al 5% – i dati più recenti a disposizione – almeno il 16% dei 35 milioni di abitanti del paese vive con soli 3 dollari al giorno, secondo la Banca Mondiale. La disoccupazione è al 10%, dicono le statistiche del governo, ma è molto più alta tra i giovani. Un terzo della popolazione non sa ancora né leggere né scrivere.
Povertà nascosta
Negli ultimi anni, il Marocco è passato attraverso un rapido ma irregolare sviluppo. Grandi progetti infrastrutturali sono diventati la forza trainante dell’economia. Un porto commerciale enorme – il Tanger Med – ha aperto a Tangeri nel 2007. Treni veloci francesi sono stati acquistati per collegare Casablanca a Tangeri e sono stati costruiti aeroporti, autostrade e stazioni dei treni.
Mentre i finanziatori internazionali sollevano dubbi sul deficit del Marocco, che si gonfia, e sul debito, la maggior parte della popolazione, in particolare i giovani, lamentano di non aver visto nascere conseguenti opportunità economiche. Invece di incoraggiare un’economia che crea occupazione, le riforme economiche marocchine hanno costretto la gente ad affidarsi alla beneficenza, dice Abdelmoumni.
“Questo è lo scandalo politico di uno Stato che non ha mai voluto affrontare il problema della produzione di ricchezza e della sua distribuzione – aggiunge – Nascondiamo la povertà bene, ma spesso si manifesta in modo mostruoso come in questo caso (la calca di Sidi Boulaalam, ndt). Il Marocco non è ricco ma nemmeno abbastanza povero. È una vergogna”.
Dal 2011 anche il panorama politico è cambiato. Quando le rivoluzioni facevano cadere i governi negli altri paesi della regione, re Mohammed VI ha apportato modifiche costituzionali che rispondevano alle richieste della piazza di maggiore democrazia e uguaglianza sociale.
Quell’anno il partito islamista Giustizia e Sviluppo (Pjd) ha vinto le elezioni e Abdelilah Benkirane è stato nominato primo ministro. Il partito ha vinto di nuovo le elezioni nel 2016 ma la corte reale ha provocato uno stallo politico incoraggiando gli altri partiti a rifiutare di formare una coalizione con Benkirane. Alla fine, il re ha rimosso Benkirane e nominato Saadeddine Othmani, anche lui del Pjd, come capo del governo.
Secondo Vish Sakthivel, ricercatrice al programma sul Medio Oriente del Foreign Policy Research Institute ed esperta di Islam politico in Marocco, il Pjd dal 2011 ha fatto gli interessi della corte reale (nota come Makhzen), facendo crollare il consenso popolare verso Othmani.
“La mossa della Makhzen di indebolire il Pjd mettendo all’angolo il suo focoso leader potrebbe rivoltarglisi contro – spiega – Othmani non ha lo stesso carisma tra gli altri membri del partito e tra la popolazione che, sebbene non si identifichi nel Pjd, lo vota con numeri sempre maggiori”.
Le autorità marocchine sono inoltre consapevoli delle tensioni che ribollono nella regione montagnosa del Rif, dove i berberi hanno a lungo sfidato la monarchia.
Un anno dopo Mohsine Fikri
Lo scorso anno un venditore di pesce del Rif, Mohsine Fikri, fu ucciso mentre cercava di recuperare la sua merce – un pesce spada pescato illegalmente – che la polizia aveva gettato in un compattatore di rifiuto. Per molte persone la sua morte ha simbolizzato la corruzione dello Stato e la persecuzione delle comunità più emarginate. Mesi di proteste sono seguiti all’incidente, affrontati con arresti di massa e repressione.
In molti hanno temuto una rivoluzione di ampia scala in una regione che in tempi coloniali ha affrontato le forze spagnoli e francesi e si è ribellata nel 1956 poco dopo l’indipendenza del Marocco dalla Francia.
Centinaia di manifestanti restano in prigione in attesa del processo. Altri sono stati condannati a pene che vanno da mesi ad anni. Il leader della protesta, Nasser Zefzaki, è in isolamento con altri leader del Movimento Popolare, Hirak al-Shaabi. Anche dei giornalisti sono stati perseguiti per aver raccontato le loro attività.
“Per essere realisti, uno Stato non può semplicemente rilasciare dei prigionieri e rischiare di farne degli eroi – dice Mounir Yaacoubi, 36 anni, un membro di Hirak al-Shaabi arrestato per poche ore lo scorso luglio durante una protesta – Molti di noi sono in prigione ma la vita deve andare avanti. Ma come si può vedere, siamo tutti tristi. La città di al-Hoceima è triste”.
Le proteste sono scoppiate anche in altre parti del Marocco a causa della mancanza d’acqua. Economisti ed esperti ritengono che, se la pioggia non arriverà prima di metà dicembre, il paese andrà incontro ad una crisi politica.
“La gente e le donne in particolare sono privare dei propri diritti. Dall’acqua all’accesso alla sanità e all’educazione – spiega Mohammed Anaflius, membro di Marakkesh dell’Associazione marocchina per i Diritti Umani – Quello che ci interessa è la situazione creata da questo incidente. Lo Stato sta fallendo con i propri cittadini”.
Mohammed Masbah, analista e ricercatore associato alla Chatman House, spiega: “Le possibilità di disordini sono molto più probabili a causa dei problemi di acqua e disoccupazione. Questo è un segnale: i problemi strutturali non sono stati ancora affrontati”.
In risposta alla sollevazione, ad ottobre il re ha individuato nell’élite governativa la responsabile della cattiva gestione delle risorse del paese, dicendo che gli investimenti pubblici dovrebbero aiutare le masse. Poco dopo il discorso, ha licenziato vari ministri, compresi quelli della Sanità e dell’Educazione, ma molti osservatori dubitano che questa mossa possa essere d’aiuto.
Pochi in Marocco si sorprendono per la calca. Altri incidenti simili sono probabili, avverte Anaflius: “Quello che è successo non è eccezionale. Questo tipo di distribuzioni sono comuni”.
Traduzione a cura della redazione di Nena News