Il Consiglio di Sicurezza Onu boccia la richiesta russa di inclusione di Rojava nel negoziato di Ginevra. Intanto lo Stato Islamico occupa una città al confine con la Turchia. Damasco e Mosca pronti alla controffensiva su Aleppo
della redazione
Roma, 11 aprile 2016, Nena News – Due notizie giunte negli ultimi giorni danno la misura della strategia occidentale nei confronti della crisi siriana. Se in Libia la minaccia Isis è considerata tanto concreta da permettere all’Europa di imbastire un nuovo intervento armato, in Siria lo stesso gruppo fa meno paura. Perché lì in ballo ci sono equilibri politici diversi, lì c’è il ruolo russo e la presidenza Assad, c’è la necessaria alleanza con la Turchia impegnata nella campagna anti-kurda.
Solo così potrebbe spiegarsi il veto dei paesi occidentali posto in Consiglio di Sicurezza il 5 aprile su una proposta di Mosca che chiedeva l’inclusione dei kurdi siriani di Rojava, rappresentanti dal partito Pyd, nel negoziato di Ginevra. Già esclusi dal primo round, saranno esclusi anche dal secondo nonostante abbiano ampiamente dimostrato l’efficacia militare contro lo Stato Islamico e nonostante si siano guadagnati l’appoggio statunitense.
Escludere un gruppo tanto centrale è un errore palese, sia politico che simbolico, che mina alla base quel dialogo “inclusivo” che le Nazioni Unite sbandierano da mesi e che le ha portate ad accettare al tavolo del negoziato gruppi islamisti e legati ad al-Nusra, come Jaysh al-Islam e Ahrar al- Sham. L’esclusione manda un messaggio chiaro alla Turchia del presidente Erdogan che per prima ha imposto la loro cacciata dal negoziato. E lo manda anche allo Stato Islamico, indirettamente.
Proprio questa mattina il confine tra Siria e Turchia è tornato sotto i riflettori: l’Isis ha ripreso la città di al-Rai, usata in passato dagli islamisti per rifornirsi di armi e uomini dalla porosa frontiera turco-siriana e per inviare i rinforzi verso Aleppo. Nelle stesse ore la chiesa siriana ortodossa faceva sapere che 21 siriani cristiani sono stati decapitati dall’Isis nella cittadina di al-Qaryatain, vicino a Palmira e occupata ad agosto dal “califfato”. Un massacro, l’ennesimo, nel centro della Siria violata dall’Isis. Ma dopo la liberazione da parte dell’esercito di Damasco dell’antica città di Palmira, al-Qaryatain è il prossimo obiettivo, fondamentale a proseguire la contro-avanzata verso est, Deir Ezzor e il confine con l’Iraq.
Nelle mire del governo resta anche Aleppo. Ieri il primo ministro siriano, Wael al-Halqi, ha annunciato la preparazione di una vasta operazione gestita da truppe governative e aviazione russa per la ripresa della seconda città siriana: “Con i partner russi stiamo preparando un’operazione per liberare Aleppo e bloccare tutti i gruppi armati illegali che non hanno aderito o hanno violato l’accordo di tregua”, ha detto il premier. Nel mirino ci sono quindi Isis e al-Nusra, ma anche ufficiosamente le opposizioni armate che controllano parte della città e che nelle settimane appena trascorse hanno continuato ad attaccare le postazioni governative.
Di certo una controffensiva su Aleppo, più forte di quella portata avanti a febbraio da Damasco e Mosca, avrà i suoi effetti sul dialogo che dovrebbe ripartire mercoledì, 13 aprile (lo stesso giorno in cui in teoria di dovrebbero tenere le elezioni presidenziali come annunciato un mese fa dal presidente Assad), dopo il mezzo fallimento del primo round che non ha condotto ad altro che ad una dichiarazione di intenti tra le parti. Se il governo riprenderà la città, simbolo culturale ed economico della Siria, il tavolo Onu verrà ribaltato.
Per ora l’inviato Onu de Mistura sta conducendo incontri e consultazioni tra Damasco e Teheran. Da parte delle opposizioni, riunite nell’Alto Comitato per i Negoziati (Hnc), è giunto l’ok al tavolo di mercoledì, mentre la delegazione governativa ha fatto sapere che non arriverà in Svizzera prima di giovedì, ovvero dopo il presunto voto. Nena News
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