Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, più della metà delle 5.000 strutture sanitarie dello Yemen sono parzialmente funzionanti o non funzionanti in 22 governatorati. La perdita di operatori sanitari qualificati è stata aggravata dalla sospensione degli stipendi di circa 1,5 milioni di dipendenti statali, compresi gli operatori sanitari
della redazione
Taiz (Yemen), 1 maggio 2021, Nena News – Ancor prima dell’internazionalizzazione del conflitto nel marzo 2015, lo Yemen era un Paese a basso reddito con significative vulnerabilità politiche, economiche, strutturali e del settore sanitario. Il conflitto ha gravemente devastato i servizi sanitari. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, più della metà delle 5.000 strutture sanitarie dello Yemen sono parzialmente funzionanti o non funzionanti in 22 governatorati.
Il conflitto, entrato nel suo settimo anno nel marzo 2021, vede contrapposte le forze filogovernative del Governo Internazionalmente Riconosciuto, sostenute dalla coalizione militare a guida saudita, e le forze legate al gruppo Ansa Allah.
Lo Yemen è attualmente identificato dall’United Nations Inter-Agency Standing Committee come Level-3 Emergency, con necessità di una risposta su vasta scala per soddisfare i bisogni umanitari primari. Migliaia di professionisti sanitari sono sottoutilizzati a causa della distruzione delle strutture sanitarie, della mancanza di attrezzature sanitarie e farmaci e dell’inaccessibilità della popolazione. Secondo i recenti dati dell’HeRAMS (Health Resources and Services Availability Monitoring System) Dataset 2020, dei 333 distretti dello Yemen, il 18% non ha affatto medici. Molti degli operatori sanitari che sono rimasti a casa sono da anni senza paga o sono stati costretti a vivere all’interno degli ospedali per ragioni di sicurezza.
Oltre ad essere fonte di un grande tributo sul popolo yemenita, con migliaia di vittime, feriti e mutilati, il conflitto in atto ha implicazioni di ampia portata nel settore sanitario. Attualmente solo 10 operatori sanitari sono disponibili per 10.000 persone. La perdita di operatori sanitari qualificati è stata aggravata dalla sospensione degli stipendi di circa 1,5 milioni di dipendenti statali, compresi gli operatori sanitari. La chiusura dei porti di ingresso, gli assedi, i posti di blocco distribuiti in tutto il Paese, hanno impedito il passaggio di forniture sanitarie di base, provocando una carenza cronica di materie prime e attrezzature. In questo contesto, gli operatori sanitari hanno continuato a fornire servizi mentre loro stessi e le stesse strutture sanitarie, sono soggette a sistematica violenza.
La complessa situazione di sicurezza – caratterizzata dalle molteplici parti in conflitto, spesso la politicizzazione degli aiuti umanitari e le concrete limitazioni nell’accesso umanitario hanno impedito sistematicamente agli operatori sanitari di svolgere il proprio lavoro.
Attualmente l’assistenza sanitaria di base dipende dagli interventi delle organizzazioni umanitarie internazionali con gli operatori sanitari che lottano per fornire assistenza sanitaria di emergenza, lasciando impossibile il follow-up dei disturbi di salute cronici. Attacchi alle strutture sanitarie, crescenti tensioni con i pazienti per la mancanza di materiali e farmaci e molestie ai posti di blocco, rendono difficile il lavoro degli operatori sanitari. A completare il quadro la sospensione cronica degli stipendi e le gravi carenze di forniture sanitarie.
Gli operatori sanitari nel Paese, nonostante siano sottoposti quotidianamente a notevoli livelli di stress, mostrano una considerevole capacità di recupero e adattamento, seppur con bisogni che rimangono in gran parte irrisolti. Accresciuta vulnerabilità ad attacchi fisici, arresti e intimidazioni, nonché la forte esposizione a stress derivanti da un aumento del carico di lavoro e disagio, caratterizzano la vita negli ospedali.
Gli attacchi alle strutture sanitarie, sia deliberati che indiscriminati, sono una caratteristica ricorrente di diversi conflitti contemporanei, nonostante la protezione offerta agli operatori sanitari e alle strutture, dal Diritto Internazionale Umanitario. Il conflitto ha effetti devastanti sui sistemi sanitari, sia direttamente attraverso attacchi alle infrastrutture sanitarie, al personale e ai pazienti, sia indirettamente attraverso le interferenze che interrompono l’erogazione dell’assistenza sanitaria.
Gli operatori sanitari, che sono al centro dei sistemi sanitari, spesso sopportano indebitamente il peso di questa violenza. Uno studio recente condotto dal Comitato Internazionale della Croce Rossa ha dimostrato che su 921 incidenti violenti, che hanno colpito l’assistenza sanitaria in 22 Paesi in guerra, il 91% riguardava la violenza inflitta agli operatori sanitari locali.
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