Nonostante la promessa di aprire il porto di Hodeida e l’aeroporto di Sana’a, le ong denunciano: “Dall’Arabia Saudita punizione collettiva”. E intanto i Saud acquistano altri 7 miliardi in munizioni da Washington
della redazione
Roma, 24 novembre 2017, Nena News – Da giorni ormai la coalizione sunnita a guida saudita promette di aprire gli ingressi in Yemen controllati dai ribelli Houthi, il porto conteso di Hodeida e l’aeroporto di Sana’a su cui è da anni imposto il blocco aereo e marittimo.
Di nuovo ieri in una nota la coalizione ne ha annunciato l’apertura per permettere l’arrivo di “aiuti umanitari e materiale medico”, indispensabili in un paese colpito da carestia e colera. Ma ancora nulla è accaduto: gli ingressi restano chiusi e i cargo delle organizzazioni umanitarie bloccati in Gibuti.
“Non abbiamo visto ancora alcun movimento”, denuncia Jens Laerke, portavoce dell’Ufficio Onu per il coordinamento dell’assistenza umanitaria”. Gli fa eco il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, che in una lettera diretta all’ambasciatore di Riyadh si dice “molto infastidito” dal rifiuto saudita ad alleggerire il blocco sullo Yemen.
Molto più duro è Jan Egeland, ex rappresentante Onu e ora presidente della nota organizzazione umanitaria Norwegian Refugee Council: “A mio parere si tratta di una punizione collettiva illegale”. Il riferimento, spiega, è al lancio di un missile dallo Yemen che ha sorvolato due settimane fa la capitale saudita per cadere nei pressi dell’aeroporto di Riyadh. Un razzo che ha permesso ai sauditi di lanciare anatemi contro l’Iran, accusato di aver fornito il “missile Vulcano”, nonostante gli Houthi ne rivendichino la costruzione.
In ogni caso, dice Egeland, punire un’intera popolazione per il missile di un gruppo ribelle è un’aperta violazione del diritto internazionale: “Lanciare un missile in direzione di Riyadh è qualcosa di molto brutto. Ma quelli che subiscono il blocco non hanno nulla a che fare con quel razzo. E se anche i cargo umanitari arrivassero, non risolveremmo il problema di un paese che importa il 90% dei beni che consuma, cibo e carburante”.
La riapertura degli ingressi in mano agli Houthi era stata promessa dopo le continue pressioni delle organizzazioni per i diritti umani e la comunità internazionale, che non può più chiudere gli occhi di fronte ad una crisi esplosiva, a 12mila morti, 2mila morti per colera e 7 milioni di persone malnutrite. Onu, Unicef, l’Organizzazione mondiale della sanità stanno facendo appelli continui alle autorità di Riyadh senza successo.
Forse la vera risposta sta nell’indiscrezione apparsa in queste ore: l’Arabia Saudita ha firmato un accordo di acquisto per 7 miliardi di dollari di munizioni di precisioni da società militari statunitense, nello specifico la Raytheon Co. e la Boeing. L’accordo è parte dell’intesa siglata da Riyadh con il presidente Trump a maggio, durante la visita nella petromonarchia, 110 miliardi di dollari in armi in 10 anni.
Secondo quanto uscito sulla stampa, l’amministrazione Usa non ha ancora notificato al Congresso l’accordo da 7 miliardi. “Non confermiamo né neghiamo la vendita fino a quando non sarà notificata al Congresso – dice un funzionario del Dipartimento di Stato in condizione di anonimato – Vanno valutati alcuni fattori, tra cui l’equilibrio regionale e la questione dei diritti umani, oltre all’impatto sulla difesa Usa”. Nena News