Mentre al tavolo Onu le parti non si rivolgono la parola, il paese sprofonda in una gravissima crisi: in un mese e mezzo persi 13 milioni di dollari. Fabbriche chiuse, prezzi alle stelle e fondi internazionali bloccati.
di Chiara Cruciati
Roma, 17 giugno 2015, Nena News – Su una cosa le parti sono d’accordo: il cessate il fuoco. Come renderlo concreto è un altro paio di maniche. “Siamo tutti d’accordo sulla necessità di una tregua ma stiamo ancora discutendone i dettagli”, ha commentato Ghaleb al-Mutlak, membro del movimento separatista Herak, del sud dello Yemen.
Secondo alcuni delegati presenti al negoziato Onu di Ginevra, i ribelli Houthi hanno chiesto una dichiarazione di tregua umanitaria, accettata dal governo ufficiale del presidente Hadi. Ma resta una precondizione: Hadi pretende l’implementazione della risoluzione Onu 2216, il ritiro degli Houthi dai territori occupati e l’abbandono delle armi.
Da punto a capo. Il lavoro diplomatico del nuovo inviato delle Nazioni Unite, Ismail Ould Cheikh Ahmed, che tanto ha faticato per portare le parti in Svizzera, non si presenta per niente facile. Le differenze tra i rivali sembrano inconciliabili. Non si sono nemmeno incontrati: meeting faccia a faccia con l’Onu, a porte chiuse, ma nessun dialogo diretto.
Una condizione dovuta anche alla posizione sciita: gli Houthi non riconoscono il governo Hadi come legittimo e rifiutano di negoziare direttamente con l’esecutivo. Meglio parlare con chi sostiene Hadi, bombarda lo Yemen e muove i fili della guerra in corso in territorio yemenita: l’Arabia Saudita.
Perché ad impedire un accordo pacifico, una transizione politica, che metta fine alla crisi yemenita è proprio Riyadh che con l’operazione “Tempesta Decisiva”, cominciata il 26 marzo scorso, intende garantire la propria influenza sul paese. Ieri il leader Houthi, Abdel Malek al-Houth, ha ripetuto che una soluzione politica sarebbe possibile, ma è impedita dai sauditi e dalla loro agenda, imposta al tavolo delle Nazioni Unite: “Non c’è niente che impedisce una soluzione politica nel paese; la soluzione è disponibile ma i sauditi sono quelli che la rovinano con la loro aggressione”.
Da decenni l’ingombrante vicino gestisce gli affari interni dello Yemen, un paese povero che sopravvive grazie agli ingenti finanziamenti sauditi. L’eventuale rafforzamento iraniano nel paese, attraverso il movimento Houthi, preoccupa molto la famiglia Saud. Queste le ragioni dietro i raid, continui e spesso volti a colpire civili (2.600 i morti dal 26 marzo, secondo l’Onu, di cui 1.400 civili), e il blocco navale e aereo imposto allo Yemen. Non entra nulla, non entra cibo (lo Yemen importa il 90% dei beni alimentari che consuma), non entrano medicinali, non entra carburante necessario sia al funzionamento degli impianti elettrici che agli spostamenti interni. Dietro sta la volontà saudita di spezzare le gambe al movimento Houthi, magari provocando una sollevazione interna contro gli sciiti.
Secondo quanto riportato dalla Camera di Commercio yemenita, dalla fine di marzo all’inizio di maggio la perdita in termini economici per lo Yemen è stata di 13 milioni di dollari, a causa dei gravi danni subiti dal settore industriale e commerciale. Molte fabbriche e industrie hanno sospeso le attività, lasciando migliaia di lavoratori senza un impiego. I prodotti di base hanno visto impennare i prezzi, del 20-40%, il riso costa tre volte di più e un litro di carburante ha raggiunto i 20 dollari. Le banche internazionali hanno chiuso i battenti e molti dei finanziatori stranieri i rubinetti.
Alla crisi interna si aggiunge infatto il taglio degli aiuti internazionali: la Banca Mondiiale ha interrotto il flusso di denaro nel paese e il Congresso Usa ha stabilito in questi giorni il congelamento dei finanziamenti allo Yemen, 12 milioni di dollari sospesi dall’agenzia statunitense USAid per un anno. La giustificazione data in un’intervista di un funzionario dell’agenzia ad al-Monitor è chiara: “Non ci fidiamo dei partner sul terreno nella consegna degli aiuti”. La fonte, anonima, ha lasciato però trapelare di più: dietro il congelamento ci sarebbe, di nuovo, l’Arabia Saudita. “Sembra – a me e a molti che seguono le politiche dello Yemen – che abbiamo ceduto alle decisioni dei sauditi. Sembra che i sauditi vogliano schiacciare lo Yemen”. Nena News
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