Lo prevede una legge approvata mercoledì dalla Knesset. E ora Netanyahu aspetta Donald Trump all’apertura dell’ambasciata Usa a Gerusalemme
di Michele Giorgio il Manifesto
Gerusalemme, 9 marzo 2018, Nena News – Si può essere “leali” ad uno Stato che occupa illegalmente il territorio in cui vivi? L’interrogativo è riemerso due giorni fa quando la Knesset ha approvato una legge che consente al ministro degli interni israeliano di revocare lo status di residente ai palestinesi di Gerusalemme Est responsabili o complici di «attività terroristiche o anti-israeliane». Revoca che equivale all’espulsione poiché già ora una disposizione ministeriale prevede la deportazione quasi immediata di coloro ai quali è stata ritirata la residenza. Israele considera Gerusalemme la sua capitale e applica le sue leggi anche sulla zona Est, palestinese, che ha occupato nel 1967. L’approvazione della legge è coincisa con il viaggio di Benyamin Netanyahu negli Usa dove il premier israeliano ha strappato la presenza, quasi certa, di Donald Trump alla cerimonia di apertura del’ambasciata Usa a Gerusalemme il prossimo 14 maggio, un passo conseguente al riconoscimento della città come capitale di Israele fatto dal presidente americano tre mesi fa. Il New York Times ha rivelato che il terreno sul quale sorgerà la rappresentanza diplomatica americana ricade nella zona occupata. «È un territorio occupato – ha protestato Ashraf Khatib a nome dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina – lo status di quel territorio sarà deciso dal negoziato finale».
La legge appena approvata prevede la revoca della residenza al palestinese che «mette in pericolo la sicurezza pubblica o tradisce lo Stato» e si applica a tutti i residenti a Gerusalemme Est, quelli giunti da poco o quelli vi abitano da lungo tempo. Ed è stata redatta dopo che l’Alta Corte di Giustizia l’anno scorso annullò il ritiro, più di dieci anni fa, della residenza a quattro abitanti di Gerusalemme est: tre parlamentari del movimento islamico Hamas Mohammed Abu Tier, Ahmad Attoun e Muhammad Totah e l’ex ministro per Gerusalemme Khaled Abu Arafeh. Tutti furono accusati di «slealtà» nei confronti dello Stato di Israele. Ora sarà istituito un comitato consultivo al ministero dell’interno che valuterà la «fedeltà» dei palestinesi, tenendo conto della loro partecipazione ad attività “terroristiche”. In Israele è considerato terrorismo anche il lancio di pietre.
Il governo e l’opinione pubblica applaudono alla nuova legge. Al contrario il deputato comunista Dov Khenin, della Lista unita araba, la descrive come «pericolosa». I palestinesi di Gerusalemme Est, spiega Khenin, «vivono lì non perché hanno scelto di essere israeliani ma perché è la loro casa. Questa legge vuole imporre un obbligo di fedeltà tra loro e lo Stato di Israele che non ha alcuna logica».
Intanto proseguono le proteste palestinesi per il raid compiuto due giorni fa nel campus dell’università di Bir Zeit da una unità sotto copertura dell’esercito israeliano. Fingendosi dei manovali, gli agenti israeliani hanno bloccato Omar al Kiswani, un leader del consiglio studentesco. Poi si sono allontanati puntando le loro pistole contro i presenti, tra scene di panico e le urla degli studenti. Un’azione in stile Fauda (caos), la serie tv israeliana sulle unità speciali dei servizi di sicurezza che operano in Cisgiordania e che riscuote un enorme successo nel Paese. Nella fiction e come nella realtà le vittime sono sempre i palestinesi. Nena News
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