Rilasciati i quattro accademici a processo ma le accuse non cadono. Altri sette arrestati per legami con l’oppositore Gulen dopo i 107 detenuti lunedì scorso
della redazione
Roma, 23 aprile 2016, Nena News – Sono anni ormai che il presidente Erdogan brandisce la magistratura come una spada pronta a ferire chiunque ostacoli le politiche interne ed estere del governo di Ankara. Per le aule dei tribunali turchi sono passati e passano in tanti: oppositori, parlamentari, giornalisti, artisti, semplici cittadini, accademici.
Gli ultimi giorni, in particolare, hanno visto le corti intasate da processi per propaganda terroristica, spionaggio, sostegno ad organizzazioni terroristiche. Sul banco degli imputati figure che rappresentano al meglio l’ampio spettro degli incubi di Erdogan.
Prima di tutto, quattro professori universitari accusati di propaganda terroristica per aver firmato insieme ad altri 1.120 colleghi una petizione che chiedeva la fine della campagna militare contro il Kurdistan turco. Arrestati il 10 marzo dopo una conferenza stampa, Esra Mungan, Muzaffer Kaya, Kivanc Ersoy e Meral Camci (l’unica arrestata più tardi, il primo aprile), ieri sono stati rilasciati dalla corte di Istanbul su richiesta dello stesso procuratore: per evitare “violazioni dei diritti”, l’accusa ha chiesto che venissero liberati in attesa delle prossime udienze del processo, mosso sulla base dell’articolo 301 del codice penale che punisce con il carcere gli insulti alla Turchia e alle sue istituzioni. Un articolo sfruttato a pieno dal presidente Erdogan che da tempo lo usa per denunciare personalmente chiunque osi criticarlo, artisti, fumettisti, manifestanti, giornalisti: secondo i dati forniti dal Ministero della Giustizia, quasi 2mila persone sono state indagate e processate per insulti al presidente dall’agosto 2014.
Fuori dal tribunale una folla di circa 500 persone gridava “Libertà agli accademici, libertà alle penne” per mostrare sostegno ai quattro professori e ai due giornalisti di Cumhuriyet, Can Dundar e Erdem Gul, presenti all’udienza a porte chiuse sul loro caso qualche aula più giù. Ieri il giudice ha rigettato la richiesta del procuratore di unire il caso dei due reporter a quello dei soldati e dei magistrati a processo per aver ordinato e svolto la perquisizione dei camion dei servizi segreti diretti in Siria. Quella storia, raccontata dal quotidiano Cumhuriyet, è la ragione dell’arresto dei due giornalisti per 90 giorni e ora della causa in tribunale. Le accuse contro Dundar e Gul sono le stesse di quelle mosse all’ex procuratore di Adana, Suleiman Bagriyanik, all’ex comandante della gendarmeria di Adana, Ozkan Cokay, e agli ex procuratori Takci, Sisman e Karaca: per aver ordinato la perquisizione dei camion diretti in Siria nel gennaio 2014, sono tutti accusati di tentato golpe e spionaggio, per aver rivelato informazioni sulla sicurezza dello Stato.
Dopo accademici e giornalisti, tocca agli oppositori. Ieri sette persone sono state arrestate con l’accusa di avere legami con sostenitori o membri del movimento politico di Fethullah Golen. Religioso, ex alleato di Erdogan, è diventato suo acerrimo nemico ed è stato costretto ad auto-esiliarsi negli Stati Uniti. Da allora sullo stesso Gulen, sui suoi familiari, amici, collaboratori sono piovuti ordini di arresto. Mercoledì ne erano stati arrestati altri Quattro, lunedì ben 107 fermati in nove diverse province turche. Alla base delle accuse sta l’attività della compagnia di costruzione Dumankaya, accusata dalla Turchia di aver inviato finanziamenti al movimento di Fethullah Golen, etichettato gruppo terroristico da Ankara, una sorta di Stato parallelo intenzionato a realizzare il golpe contro l’Akp posizionando propri uomini in tutte le istituzioni, nella magistratura, nella polizia.
Da quando la campagna anti-Gulen è cominciata, nel 2013, sarebbero 2.261 le persone arrestate, detenute, inquisite per legami con l’oppositore. Nena News