La Commissione costruzione e pianificazione dello stato ebraico ha deciso mercoledì di edificare 770 nuovi alloggi per coloni nell’insediamento illegale a sud di Gerusalemme. Un rapporto dell’Onu, intanto, attacca Israele: “L’occupazione sta diventando sempre più profonda e radicata”. Tel Aviv: “Studio fazioso”
di Roberto Prinzi
Roma, 10 dicembre 2016, Nena News – Nuova colata di cemento nei Territori occupati palestinesi. La Commissione costruzione e pianificazione dello stato ebraico ha deciso infatti di edificare 770 nuovi alloggi per coloni nell’insediamento illegale di Gilo (sud di Gerusalemme).
La notizia è stata confermata dalla portavoce della municipalità di Gerusalemme, Rachel Greenspan. Intervistata dall’agenzia Ma’an, Greenspan ha spiegato che il progetto approvato tre giorni fa risale al 2013 e che l’obiettivo di Tel Aviv è “continuare a sviluppare Gerusalemme per il beneficio di tutti i residenti, sia ebrei che arabi”. Una dichiarazione, quest’ultima, che lascia molti dubbi: è difficile comprendere quali “benefici” possano trarre i palestinesi dall’estensione delle colonie israeliane sul territorio che, secondo gli accordi di Oslo, dovrebbe essere parte del loro futuro stato.
A denunciare le nuove unità abitative è l’organizzazione israeliana Ir Amim che in una nota ha sottolineato come il progetto lasci fuori “solo una piccola area fra Gerusalemme e la città palestinese di Beit Jala”. Che tradotto politicamente vuol dire che la continuità del futuro stato palestinese, qualora mai dovesse nascere, risulterà ancora più danneggiata.
L’estensione dell’insediamento di Gilo procede da tempo a ritmo sostenuto: soltanto lo scorso mese le autorità israeliane avevano annunciato la costruzione di 181 nuove case. L’annuncio fu allora accompagnato dalle consuete parole di “biasimo” della comunità internazionale, in particolar modo da Stati Uniti e Spagna. Tuttavia, come da prassi consolidata, le denunce europee e statunitensi non si sono poi tramutate in azioni concrete sul campo lasciando così a Tel Aviv la possibilità di continuare ad agire indisturbata in Cisgiordania e a Gerusalemme est.
La nuova colata di cemento nei Territori Occupati giunge infatti a distanza di qualche giorno dal voto in prima lettura della Knesset sul disegno di legge relativo alla legalizzazione retroattiva degli avamposti in Cisgiordania (Regulation Law). Se confermato con altre due votazioni parlamentari, la legge permetterà l’annessione illegale di migliaia di ettari di terre palestinesi (circa 8.000 dunam) attraverso la legalizzazione di 55 insediamenti costruiti con assistenza del governo. Secondo il centro Applied Research Institute – Jerusalem (Arij), in Cisgiordania e a Gerusalemme est vivono attualmente tra i 500.000 e i 600.000 settler in 196 insediamenti e 232 avamposti considerati illegali dal diritto internazionale.
Le costruzioni per i coloni procedono di pari passo con le distruzioni di case palestinesi che quest’anno hanno registrato un vero e proprio boom: nella sola prima metà del 2016, infatti, Tel Aviv ha quasi raddoppiato il numero totale delle demolizioni compiute in tutto il 2015. In termini numerici ciò vuol dire che 1.569 palestinesi sono rimasti senza un tetto sopra le loro teste.
Ieri, intanto, un nuovo attacco contro Israele è giunto dal relatore speciale sui diritti umani delle Nazioni Unite, Michael Lynk. Inviando il suo primo rapporto all’Assemblea generale dell’Onu, Lynk ha detto che esaminerà il trattamento che lo stato ebraico riserva alle organizzazioni umanitarie israeliane. “I difensori dei diritti umani compiono un indispensabile lavoro per portare alla nostra attenzione le violazioni dei diritti umani e in nessun modo, pertanto, dovrebbero essere minacciati o intimiditi” ha dichiarato.
A monte della rabbia del governo israeliano contro le ong di sinistra vi è soprattutto la denuncia dell’occupazione israeliana fatta al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite dal direttore dell’ong israeliana B’Tselem, Hagai el-Ad. Il suo intervento, lo scorso ottobre, mandò su tutte le furie il premier Netanyahu che accusò l’organizzazione umanitaria di “negare i diritti degli ebrei, di diffondere bugie e distorcere la storia”. Come ulteriore punizione, il primo ministro disse che avrebbe proibito ai volontari del servizio civile di lavorare con B’Tselem.
Nel suo studio Lynk osserva anche però come “l’occupazione israeliana stia diventando sempre più profonda, più radicata, più integrata e ancorata” e come allo stesso tempo “la situazione economica e sociale dei palestinesi stia sempre di più peggiorando”. Secondo l’inviato Onu, ciò ha portato alla creazione di una “economia palestinese sfigurata e soffocata che Israele, potenza occupante, controlla e sfrutta a suo vantaggio”.
Il rapporto è stato prontamente condannato da Tel Aviv. Il suo ambasciatore all’Onu, Danny Danon, ha accusato Lynk di “minimizzare il grande danno causato [allo stato ebraico] dai gruppi estremisti israeliani che ci calunniano in ambito internazionale dando così legittimità alle azioni dei nemici d’Israele contro di noi”. Il rapporto, ha sintetizzato Danon, è “uno studio unilaterale e fazioso di una organizzazione di cui non riconosciamo credibilità e autorità”. Secondo lo stato ebraico, infatti, il Consiglio dei diritti umani dell’Onu sarebbe anti-israeliano. Nena News
Roberto Prinzi è su Twitter @Robbamir