Damasco riprende il controllo della città “ribelle”: evacuati oltre 1.600 miliziani. Dagli USA 27 milioni di dollari alla Coalizione e nuove sanzioni contro gli uomini di Assad.
di Chiara Cruciati
Roma, 9 maggio 2014, Nena News – Miglior spot elettorale il presidente Assad non poteva immaginarlo: la bandiera del regime fatta sventolare nel cuore della città “ribelle” di Homs, a meno di un mese dalle elezioni, è una vittoria strategica di vitale importanza. Sia sul piano politico che territoriale: in pochi mesi, l’esercito di Damasco ha assunto il controllo quasi totale del corridoio che collega la capitale alle città lungo la costa, allontanando e dividendo le già frantumate milizie dell’opposizione da aree considerate ormai roccaforti ribelli.
Tra queste proprio Homs che in questi giorni assiste alla fuga di oltre 1.200 miliziani, appartenenti sia al laico Esercito Libero Siriano che ai gruppi islamisti e qaedisti. Ha ceduto anche il Fronte al-Nusra: ieri i guerriglieri islamisti hanno lasciato la città a bordo di vecchi autobus, dopo aver accettato l’ultimatum del regime, la vita in cambio delle armi e dell’evacuazione da Homs. Oggi toccherà agli ultimi 250 miliziani. Da mercoledì sarebbero oltre 1.600 i ribelli in fuga da Homs, definita tre anni fa “la capitale della rivoluzione” dalla stampa internazionale.
“Nelle prossime ore risolveremo i problemi logistici e completeremo l’operazione, così che possano raggiungere le loro destinazioni – ha detto il governatore provinciale di Homs, Baraki – Hanno dormito negli autobus e gli abbiamo portato cibo, acqua e sigarette”. Solo ad un gruppo di miliziani il regime ha permesso di portare con sé le proprie armi, in cambio del rilascio di 40 prigionieri, donne e bambini, e di 30 soldati catturati.
E se ad Aleppo era il presidente Assad a subire un duro colpo – il Fronte Islamico ha fatto saltare in aria l’hotel utilizzato dall’esercito come caserma, in piena Città Vecchia, provocando almeno 14 morti tra i soldati – Damasco pare proseguire nella sua avanzata, nonostante i tentativi occidentali di sostenere le opposizioni moderate. Washington, in particolare, ha promesso altre armi oltre al riconoscimento diplomatico esclusivo della Coalizione Nazionale Siriana, che però sul terreno continua a retrocedere. Il Dipartimento di Stato ha annunciato l’invio di 27 milioni di dollari in armi non letali (generatori, radio, furgoni) a favore del gruppo guidato da Al Jarba.
Con l’altra mano l’amministrazione Obama stabiliva nuove sanzioni nei confronti del regime: il Dipartimento del Tesoro ha preso di mira ieri sei funzionari siriani e la banca russa Tempbank accusata dagli Stati Uniti di sostegno a Damasco con milioni di dollari liquidi, versati direttamente nelle casse della Banca Centrale siriana. La conferenza di Ginevra II non è mai sembrata tanto lontana: la comunità internazionale, profondamente spaccata sulla questione siriana, tenta di tutelare i propri interessi strategici, tirando una coperta sempre più corta. Le elezioni del 3 giugno e la probabile vittoria del presidente Assad cambieranno ben poco sul terreno, dove i settarismi interni alle stesse opposizioni rendono la transizione politica immaginata (male) da Washington e Mosca un’illusione delle peggiori. Nena News