Secondo lo studio, i progetti di Tel Aviv nelle parti occupate di Gerusalemme est sono usati come “mezzo politico per modificare la narrativa storica e promuovere la colonizzazione”. Un documento dell’Onu, intanto, identifica 206 aziende internazionali che fanno affari con gli insediamenti illegali israeliani
di Roberto Prinzi
Roma, 2 febbraio 2018, Nena News – Israele sta sviluppando i siti turistici e archeologici per legittimare le sue colonie illegali nei quartieri palestinesi di Gerusalemme. A denunciarlo sono stati ieri alcuni diplomatici europei.
Secondo il loro rapporto, riportato dal quotidiano britannico The Guardian, i progetti nelle parti occupate di Gerusalemme est sono usati come “mezzo politico per modificare la narrativa storica e sostenere, legittimare ed espandere gli insediamenti”. Sul banco degli imputati ci sono il governo israeliano e le organizzazioni private dei coloni che promuovono una narrazione degli eventi fondata sulla continuità storica della presenza ebraica nell’area a discapito di altre religioni e culture.
Nello studio è citato in particolare il progetto “La città di David”, un parco archeologico finanziato dallo stato nell’area palestinese di Silawan che offre “tour” nelle rovine dell’antica Gerusalemme. Peccato però che Silwan sia casa di 10.000 palestinesi e che da anni sta subendo un costante processo di de-arabizzazione il cui obiettivo palese è quello di cancellare qualunque traccia della presenza autoctona palestinese. La Città di David è diretta da una organizzazione di coloni, scrivono i diplomatici, che presenta una “narrativa esclusivamente ebraica separando il luogo dalle vicinanze palestinesi”.
L’eliminazione di un passato sgradito alla narrazione israeliana, passa necessariamente attraverso la distruzione di ciò che c’era, delle testimonianze della presenza (passata e presente) palestinese. Secondo lo studio, infatti, Israele ha demolito 130 edifici espellendo 228 palestinesi dalle loro case cambiando di fatto il volto alla città “che ha smesso di essere un centro commerciale, urbano ed economico palestinese come lo era un tempo”. Ad essere criticato è anche il progetto della funivia approvato a maggio che connetterà Gerusalemme ovest con la sua parte orientale (per il diritto internazionale occupata) e che vedrà una delle sue fermate a soli 130 metri dalla Cupola della Roccia, il terzo luogo sacro dell’Islam.
Ma le brutte notizie per Tel Aviv non finiscono qui. Un rapporto dell’Ohchr (Alto Commissariato delle Nazioni Uniti per i diritti umani) pubblicato mercoledì ha identificato 206 compagnie internazionali che fanno affari con le colonie israeliane costruite nella Cisgiordania occupata in barba al diritto internazionale. Lo studio dell’Ohchr avrebbe dovuto riportare originariamente anche i nomi delle aziende implicate, tuttavia, dopo intense pressioni statunitensi e israeliane, è stato deciso di indicare solo il numero delle compagnie che violano il diritto internazionale. “Gli affari – si legge nel testo – giocano un ruolo centrale nella fondazione, mantenimento ed espansione delle colonie israeliane. Agendo in questo modo, [le aziende] stanno contribuendo alla confisca di terra da parte d’Israele facilitando il trasferimento di popolazione nei Territori Occupati palestinesi e rendendosi complici dello sfruttamento delle risorse naturali palestinesi”.
Duro il commento dell’inviato d’Israele all’Onu Danny Danon che ha parlato di “una vergognosa e scandalosa lista nera”. Della stessa idea è Raz Shechter, ambasciatrice e rappresentante permanente d’Israele all’Onu: “E’ al di là delle competenze e autorità del Consiglio dei diritti umani compilare blacklist. Ma ciò rientra nei tentativi di provare a delegittimare Israele”. “Le compagnie – ha sottolineato Shechter – non stanno facendo alcuna attività illegale”. A darle man forte è l’ambasciatrice Usa all’Onu, Nikki Haley, secondo cui il rapporto è figlio del “cronico pregiudizio anti-israeliano” ed è l’ennesima “dimostrazione dell’ossessione anti-Israele del Consiglio”.
Sul piano politico, intanto, i ministri degli esteri arabi riuniti al Cairo hanno chiesto la creazione di un “meccanismo multilaterale” sostenuto dall’Onu per ravvivare il processo di pace tra israeliani e palestinesi. Il vertice di due giorni nella capitale egiziana, che ha avuto al centro delle discussioni il recente riconoscimento di Gerusalemme come capitale d’Israele da parte del presidente Usa Trump, ha quindi proposto la convocazione di una conferenza internazionale per ravvivare i negoziati tra le due parti e per riconoscere lo stato di Palestina con Gerusalemme est come sua capitale. Non è chiaro quale sia questo “nuovo meccanismo” di cui parlano, ma il ministro degli esteri palestinese Riyad al-Malki ha ribadito che quello “vecchio ha smesso di esistere, è storia”. I palestinesi si muovono però anche sullo scenario internazionale: il 20 febbraio il presidente palestinese Abbas parlerà al Consiglio di Sicurezza dell’Onu.
Ieri notte, intanto, l’aviazione israeliana è tornata a colpire la Striscia di Gaza. Secondo i palestinesi, i jet di Tel Aviv hanno colpito le al-Nada Tower nella zona nord orientale di Beit Lahiya. Non si registrano feriti. In precedenza, l’esercito israeliano aveva riferito che alcuni razzi erano stati lanciati dalla piccola enclave palestinese sotto assedio verso il territorio israeliano senza causare danni. Nena News
Roberto Prinzi è su Twitter @Robbamir