Alle ore 18 italiane il Presidente palestinese presenterà il piano per giungere alla pace in una data limite. Ma minaccia di ricorrere alla Corte Penale Internazionale se Israele si rifiuta. Restrizioni israeliane e tensioni a Gerusalemme per i fedeli palestinesi.
della redazione
Roma, 26 settembre 2014, Nena News – Il rilancio di nuovi negoziati per far terminare l’occupazione israeliana in un lasso di tempo determinato. E’ questo quello che dirà oggi (ore 18 italiane) il Presidente palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) all’Assemblea delle Nazioni Unite. Abbas ne è convinto: è il fallimento dei negoziati con Tel Aviv a rendere necessario il ricorso alla comunità internazionale. E così, nonostante più di venti anni di fallimenti, stasera il presidente proverà ad illustrare ai delegati internazionali il “suo piano strategico” che ha come obiettivo la fondazione di uno stato palestinese a fianco di quello israeliano in un periodo di tempo determinato. E in caso di fallimento o di rifiuto di nuovi negoziati da parte israeliana, l’Autorità Nazionale fa sapere questa volta che si rivolgerà alla Corte Penale internazionale (ICC) per denunciare i crimini dello stato ebraico. Un passo che spaventa solo a parole Tel Aviv che è abituata ai proclami “bellicistici”di Ramallah che mai, in passato, si sono tradotti in azioni concrete.
Anche ad inizio settembre, ad esempio, fonti palestinesi avevano sostenuto che era stato proprio Abbas a fermare l’iter burocratico per l’ICC. Fonti interne dell’Olp raccontano, infatti, che la domanda era pronta per essere presentata all’Aia, ma non fu consegnata all’ultimo momento dal Ministro degli Esteri palestinese Riyad al-Maliki su pressioni della dirigenza di Fatah.
Sarà sicuramente un Abu Mazen più tranquillo quello che oggi parlerà a New York. Hamas e il suo Fatah dialogano “serenamente” e hanno raggiunto ieri un accordo “completo” per un governo di unità nazionale che comprende tutti i territori palestinesi. Tradotto sul terreno vuol dire che l’esecutivo, presieduto sempre dall’anziano Presidente, subentrerà effettivamente al governo di Hamas nella Striscia di Gaza, prendendo il controllo del valico di Rafah e del corridoio Philadelphia adiacente alla frontiera con l’Egitto. Una serenità dimostrata anche dal capo negoziatore Sa’eb Erakat. Qualora Israele dovesse venire meno ai negoziati, ha precisato il diplomatico palestinese, la migliore soluzione per i palestinesi – nonostante la contrarietà di Washington – sarà rappresentata dall’Icc. Una richiesta di adesione che, secondo quanto riferisce, richiederà almeno due o tre settimane prima di una sua stesura definitiva.
Intanto non si placano le tensioni a Gerusalemme dove l’accesso alla moschea di al-Aqsa ha subito pesanti restrizioni per il terzo giorno consecutivo. Ingente il dispiegamento di forze di sicurezza israeliane così come numerosi sono gli sbarramenti comparsi in vari punti della Città Vecchia. “La polizia ha impedito agli uomini sotto i 50 anni di entrare nella Spianata per il venerdì di preghiera” ha denunciato all’agenzia turca Anadolu Sheikh Azzam al-Khatib, il direttore generale dell’Organizzazione per le donazioni musulmane per al-Aqsa”. Al-Khatib ha poi costatato amaramente: “mentre Israele restringe l’ingresso ai Palestinesi, facilita l’entrata dei coloni sionisti nel luogo sacro”.
Mercoledì e giovedì Israele ha impedito ai palestinesi anche l’accesso alla Moschea di Ibrahim nella città di Hebron. Chiuso da ieri per quattro giorni anche Kerem Shalom, l’unico valico commerciale tra lo stato ebraico e la Striscia di Gaza.
Le restrizioni non sono nuove nei Territori Occupati, soprattutto durante le feste ebraiche. Mercoledì gli ebrei hanno festeggiato il capodanno ebraico (“Rosh hashana) inaugurando l’anno 5775. Nena News