I proprietari palestinesi di oltre 500 ettari di terreni lungo la frontiera con la Giordania presenteranno oggi una petizione all’Alta Corte di Giustizia israeliana per riaverli indietro. Dichiarati zona militare chiusa nel 1969, sono stati ceduti gradualmente ai coloni nonostante una legge ne impedisse la coltivazione
della redazione
Roma, 20 aprile 2015, Nena News -Nel bel mezzo della polemica sullo sfruttamento dei minori palestinesi nelle colonie israeliane della Valle del Giordano, il quotidiano Haaretz riporta che un gruppo di palestinesi presenterà oggi una petizione all’Alta Corte di Giustizia israeliana per riavere indietro i terreni che Tel Aviv ha tolto loro per ragioni di “sicurezza” e poi ridistribuito ai coloni negli ultimi trent’anni. Una storia di abusi ordinari in tempo di occupazione, se non fosse che la legge proibiva la coltivazione di quei terreni destinati a diventare zona militare chiusa per la loro posizione al confine con la Giordania.
La vicenda dei terreni in questione, che hanno una superficie totale di 1.250 acri [circa 505 ettari, ndr], comincia nel 1969, due anni dopo l’occupazione israeliana della Cisgiordania. Il tratto intorno alla frontiera con la Giordania venne dichiarato dalle autorità di Tel Aviv zona militare chiusa, pertanto ai palestinesi proprietari dei terreni inclusi nell’area venne impedito l’accesso ai loro campi, nonostante fossero in possesso di documenti regolari che ne attestavano il legittimo possesso e l’iscrizione al registro giordano delle proprietà.
Tra gli anni ’80 e ’90 le terre, in barba a una decisione del Ministero della Giustizia israeliano che proibiva la coltivazione di terra palestinese privata, lo Stato passò gradualmente i terreni all’Organizzazione Sionista, che li distribuì ai numerosi coloni che in quegli anni venivano mandati lungo le fertili sponde della valle del Giordano. La decisione di avviare coltivazioni su quei terreni risale al 1981 ed è opera di Uri Ben-On, allora collaboratore del ministro della Difesa.
Nel 2013, un articolo di Haaretz confermò che la terra in questione era stata effettivamente ceduta ai coloni e gli eredi dei proprietari decisero allora di presentare una petizione all’Alta Corte di Giustizia, mentre le autorità israeliane tentavano di negoziare un indennizzo poi rifiutato dai palestinesi. Secondo Tel Aviv, infatti, sarebbe passato troppo tempo per poter “risalire ai motivi che hanno portato lo Stato a cedere quelle terre ai coloni” e i palestinesi “non avrebbero presentato i documenti di eredità richiesti”, oltre al fatto che “il possesso di quelle terre da parte dei coloni non può essere ignorato”.
Motivazioni che non hanno riscontro nella realtà, dal momento che quella terra è stata ceduta gradualmente, come dimostrano le fotografie aeree pubblicate dall’Amministrazione Civile risalenti agli ultimi 15 anni: nel 1997 si vedono circa 240 ettari coltivati di terra privata palestinese in quell’area. Nel 2012, invece, la cifra era salita a 505 ettari. Nena News