Abdullah Abu Rahma, noto coordinatore del comitato popolare di Bi’lin, da 15 mesi in prigione, è stato rispedito in un carcere israeliano con una sentenza che lo accusa di aver interferito con il lavoro dell’esercito.
dalla redazione
Roma, 22 ottobre 2014, Nena News – Condannato per “interferenza” con il lavoro di un soldato. Questo il contenuto della sentenza della corte militare israeliana di Ofer che ieri ha deciso che Abdullah Abu Rahma trascorrerà altri due anni in prigione. Insegnante di scuola, 40 anni, noto in tutta la Palestina storica perché coordinatore delle manifestazioni del venerdì del villaggio di Bi’lin e famoso anche fuori (l’Alto Rappresentante Ue agli Affari Esteri, Catherine Eshton, l’ha definito “difensore dei diritti umani”), in realtà Abu Rahma è stato condannato perché manifesta e organizza le proteste. Così interferisce nel lavoro dell’esercito israelian, perché coordinatore del comitato popolare di Bi’lin.
Era stato arrestato il 13 maggio 2012, durante la commemorazione della Nakba, davanti la prigione israeliana di Ofer, alle porte di Ramallah. Era stato rilasciato dietro il pagamento di una cauzione. Poi, di nuovo la prigione, in mezzo gli esperimenti di successo di Bab al-Shams e Bab alManatir. Da allora ha già trascorso 15 mesi dietro le sbarre: “Era stato arrestato con l’accusa di aver interferito nel lavoro di un soldato”, ha detto il suo avvocato, Gaby Laskey: quel giorno Abdullah tentò di impedire ad un trattore di issare una rete nel vicino villaggio di Beitunia.
“Abu Rahma è un difensore dei dritti umani, ha il diritto di manifestare contro l’occupazione e non ci sono basi legali per il suo arresto – ha proseguito l’avvocato – Sembra che perseguire un palestinese per un atto simbolico non violento contro l’occupazione ha più significato politico che un atto criminale”.
“Ieri una corte militare ha deciso che sono colpevole, mostrando ancora una volta che stanno dalla parte dell’occupazione e non da quella della giustizia e la verità”, ha raccontato lo stesso Abu Rahma all’Ism. Due anni sono un tempo molto lungo, ingiustificabile con una simile sentenza. Questi gli strumenti quotidiani dell’occupazione: la repressione e il tentativo di mettere sotto silenzio le voci critiche. Nena News