Lunedì notte il parlamento israeliano ha approvato il disegno di legge di Casa Ebraica: 69 sì e 17 no. Ora spetta al lanciatore dimostrare di non voler far male.
della redazione
Gerusalemme, 22 luglio 2015, Nena News – Un blitz notturno per portare a casa una preda ambita da tempo: la Knesset, il parlamento israeliano, ha passato lunedì notte un emendamento che punisce con 20 anni di prigione il lancio di pietre, anche contro auto civili e pattuglie della polizia.
Inutili le proteste dei parlamentari palestinesi: chi lancia pietre – ovvero i giovani palestinesi durante le proteste di piazza – rischia di finire dietro le sbarre per due decenni se lo Stato dimostra che il lanciatore vuole far male. La pena scende ad un massimo di 10 anni quando lo Stato – e qui la legge è stata modificata – non ha l’obbligo di dimostrare che l’obiettivo del lancio era di danneggiare cose o persone. Sta al sospettato dimostrare di non voler far male.
Festeggia la ministra della Giustizia, Ayelet Shaked, già nota alle cronache per aver definito i palestinesi “serpenti” e aver augurato la morte alle loro madri: “Oggi giustizia è fatta. Per anni, i terroristi hanno evitato punizioni e responsabilità. La tolleranza verso i terroristi è finita oggi”.
Dei 120 parlamentari della Knesset hanno votato sì in 69, solo 17 no. Gli altri si sono astenuti. Una legge voluta da tempo perché amplia ulteriormente i poteri di esercito (in Cisgiordania) e polizia (a Gerusalemme) contro uno dei pochi strumenti che i palestinesi sotto occupazione utilizzano per manifestare contro l’oppressione. Ed infatti, dietro il nuovo emandamento, sta Casa Ebraica, il partito dei coloni del falco Naftali Bennett: la modifica era stata presentata da Nissan Slomiansky, membro del movimento. Che ha usato la Bibbia per spiegare le ragioni dietro l’emendamento: “Davide ha ucciso Golia, il più forte filisteo di sempre, con una pietra. Quindi una pietra può uccidere”. Una strana interpretazione, visto che re David e la sua pietra sono considerati da Israele motivo di orgoglio e forza patriottica.
Ma se quella pietra era giustificata, quella dei palestinesi non lo è: un terzo degli arresti a Gerusalemme – ha aggunto Slomiansky – è legato “al pericoloso fenomeno del lancio di pietre, una pratica che va aggressivamente sradicata”. Su questo Israele ha ragione: il numero di prigionieri palestinesi accusati di lancio di pietre è altissimo. Secondo l’associazione israeliana per i diritti umani B’Tselem, sono centinaia ogni anno gli arrestati per lancio di pietre, per lo più minori di 18 anni.
Alla Knesset i parlamentari palestinesi hanno cercato di dare battaglia, ma il loro peso è scarso. Hanin Zoabi ha commentato: “Non stiamo parlando di una legge, ma di occupazione. Se la legge è volta a proteggere il debole, deve anche proteggere le vittime che sono uccise ogni settimana dai soldati”. Gli fa eco Jamal Zahalka: “Chi manderà in prigione il giudice? Chi demolisce le case, confisca le terre, uccide il fratello o il ragazzo che tira una pietra?”.
Ma le autorità israeliane vanno avanti per la loro strada, convinti che sia oltre che uno strumento di repressione anche un buon mezzo di propaganda verso una società, quella israeliana, alla caccia di “difese” contro gli attacchi esterni. Ma la pietra non è solo utilizzata dai palestinesi. È anche arma per i coloni che, negli insediamenti più radicali e violenti, le usano spesso – accanto a armi da fuoco, spranghe e coltelli – per aggredire pastori, studenti, residenti palestinesi dei villaggi vicino: secondo l’Ocha, agenzia delle Nazioni Unite, solo nel 2014 sono stati 324 gli incidenti simili mai puniti dalle autorità israeliane. Nena News
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