Con il pretesto del progetto di Stato, è emersa una sincronizzazione totale tra la leadership politica e quella della sicurezza, in cui i leader politici giustificano le azioni degli agenti di sicurezza, che a loro volta proteggono la leadership politica. È stato questo legame a uccidere Banat. Con la complicità degli attori internazionali
di Alaa Tartir – Middle East Eye
Traduzione di Valentina Timpani
Roma, 30 giugno 2021, Nena News – A seguito di quello che sembra essere stato l’omicidio politico del palestinese attivista e critico dell’Autorità Nazionale Palestinese (Anp) Nizar Banat, giovedì attori internazionali si sono affrettati a rilasciare dichiarazioni di condanna. Si è trattato di un esercizio estremo di ipocrisia e falsità, dato che gli stessi attori hanno sponsorizzato – sia economicamente che politicamente – gli stessi organismi di sicurezza dell’Anp che hanno arrestato e ucciso Banat.
Questi attori hanno infatti investito miliardi di dollari nel progetto di riforma del settore di sicurezza dell’Anp e hanno sponsorizzato un processo mirato a rafforzare il sistema di sicurezza, a professionalizzare l’autoritarismo e a criminalizzare la resistenza. In seguito all’omicidio di Banat, la delegazione dell’Unione Europea per le relazioni con la Palestina si è detta “sotto shock e addolorata per la morte dell’attivista ed ex candidato legislativo Nizar Banat dopo il suo arresto da parte delle forze di sicurezza dell’Anp la scorsa notte”.
L’Ufficio di Rappresentanza del Canada all’Autorità Palestinese ha dichiarato di essere “profondamente scioccato e addolorato”, mentre il Coordinatore Speciale delle Nazioni Unite per il Processo di Pace nel Medio Oriente era “allarmato” e “addolorato”, e ha sollecitato un’“indagine trasparente”. Eppure, questi e altri attori occidentali sono, sia in modo diretto che indiretto, complici dell’omicidio di Banat.
L’uccisione di Banat, che era stato arrestato dalle forze di sicurezza dell’Anp almeno otto volte nell’ultimo decennio ed era sopravvissuto a diversi tentativi di omicidio, offre un esempio drammatico e devastante della dottrina di sicurezza dell’Anp, adottata come parte dell’immagine di costruzione dello stato sponsorizzata internazionalmente a partire dal 2007. Tale dottrina non solo ha causato uno Stato fallito (o ha fatto dell’idea di Stato un mero mito o un’allucinazione) ma ha anche dato vita allo sviluppo di tendenze autoritarie e strutture di repressione, piuttosto che a un processo di democratizzazione, inclusività e responsabilità.
I processi di riforma della sicurezza sponsorizzati a livello internazionale – il fulcro del progetto dell’Anp di costruzione di uno Stato post-2007 – hanno reso l’autoritarismo strutturale parte integrante del sistema politico palestinese, dato che il predominio dell’apparato di sicurezza dell’Anp si è esteso ai circoli politici, rendendoli ancora meno democratici. Tutto ciò è stato sponsorizzato e sovvenzionato dall’aiuto americano ed europeo.
Con il pretesto del progetto di Stato, è emersa una sincronizzazione totale tra la leadership politica e quella della sicurezza, in cui i leader politici giustificano le azioni degli agenti di sicurezza, che a loro volta proteggono la leadership politica. È stato questo legame a uccidere Banat: la sua critica all’Anp ha portato al suo omicidio per mano delle forze di sicurezza.
Questo predominio e questa sorveglianza hanno sovrapposto un altro livello di controllo sul popolo palestinese, colpendo molti aspetti delle vite quotidiane delle persone. “Dal 2007, i raduni pubblici sono permessi solo in caso di matrimoni, funerali o riunioni carcerarie”, mi ha raccontato un rifugiato del campo profughi di Balata nella Cisgiordania occupata.
Anche se in parte esagerata, questa testimonianza illustra chiaramente le trasformazioni autoritarie che hanno avuto luogo in Palestina tra il predominio crescente delle forze di sicurezza dell’Anp e del loro coinvolgimento in quasi tutti gli aspetti della vita, dal lavoro, alle operazioni bancarie, all’attivismo politico nelle università, ai social media e non solo.
La comunità internazionale è colpevole tanto quanto l’Anp di aver creato e consolidato un contesto così repressivo, ed è giunta l’ora che entrambi gli attori vengano considerati responsabili. La comunità internazionale, sia intenzionalmente che non, ha rafforzato le istituzioni nazionali palestinesi sbagliate nell’ambito del sistema coloniale israeliano. Ha rafforzato le istituzioni e le strutture di sicurezza che avrebbero solidificato le matrici di controllo esistenti, piuttosto che ampliare il piccolo margine di libertà.
Il settore della sicurezza palestinese comprende circa 83.000 individui nella Cisgiordania occupata e a Gaza. Questo settore, che dà lavoro a quasi la metà degli impiegati statali, rappresenta pressoché un miliardo di dollari del budget dell’Anp, e assorbe circa il 30% dell’aiuto internazionale totale sborsato per i palestinesi. Il settore della sicurezza consuma il budget dell’Anp più dei settori dell’istruzione e dell’agricoltura messi insieme. Il rapporto tra personale di sicurezza e popolazione è di 1 a 48, tra i più alti del mondo.
Ma tutto ciò non arriva a tradursi in una prestazione di migliore sicurezza per il popolo palestinese, specialmente in relazione alla loro principale causa di insicurezza: Israele, il suo progetto coloniale e l’occupazione militare. Ancora peggio, le figure summenzionate si traducono in ulteriori strati di apparati di controllo, repressione e oppressione.
L’ascesa delle strutture autoritarie del governo, l’assenza di processi politici democratici e l’implemento della dottrina della sicurezza dell’Anp – che ha cercato di “assicurarsi” un monopolio di “Stato” sull’uso della violenza nella società palestinese – hanno contribuito alla negazione dei diritti dei palestinesi, compreso il diritto alla sicurezza umana di base. L’omicidio di Banat ne è un caso esemplare.
Le dichiarazioni di preoccupazione da parte di attori internazionali chiave non possono servire come foglia di fico per la loro complicità in questa tragedia. Tutto ciò deve essere fermato, e la chiave sta nel dare la responsabilità a questi attori per tutto il male che hanno causato negli anni investendo nelle strategie “securitizzate” che non fanno altro che ostacolare il viaggio del popolo palestinese verso la liberazione e la libertà.
Banat disse: “Se il mio corpo mi lascerà, non lasciate che la mia voce muoia”. I manifestanti nelle strade della Palestina, e la loro rabbia contro l’Anp e le sue forze di sicurezza, stanno amplificando la voce di Banat – e la comunità internazionale deve ascoltare con prudenza.