Un rapimento senza precedenti, non ancora rivendicato, che ha scatenato le proteste di centinaia di nigeriani scesi in strada per chiedere al governo un impegno maggiore per liberare le ragazze. La setta islamista minaccia la stabilità di un Paese in bilico tra boom economico e sottosviluppo
della redazione
Roma, 1 maggio 2014, Nena News – Dieci dollari. Questo il prezzo che sarebbe stato pagato per ciascuna delle 234 ragazze nigeriane, di età compresa tra i 12 e i 17 anni, rapite lo scorso 14 aprile dalla scuola di Chibok nello stato settentrionale del Borno e vendute come mogli ai combattenti della setta islamista Boko Haram (tradotto dalla lingua hausa significa “l’educazione occidentale è vietata”) che dal 2009 ha iniziato una insurrezione armata nel nord-est del Paese con l’obiettivo di imporre una rigida versione dell’islam e bandire ogni traccia della cultura occidentale.
Un rapimento senza precedenti, non ancora rivendicato, che ha scatenato le proteste di centinaia di nigeriani, scesi in strada negli ultimi giorni per chiedere al governo di impegnarsi per liberare le ragazze che, secondo alcune testimonianze, sarebbero state divise in gruppi e trasferite in Camerun e in Ciad per diventare le concubine dei miliziani islamisti. Spose e prigioniere di guerra sfruttate come schiave del sesso, cuoche e facchini. Le notizie sul destino delle studentesse sono poche e i famigliari accusano il governo di Abuja di “indifferenza” e di non impegnarsi abbastanza per la loro liberazione. Mercy Abang, una delle organizzatrici della marcia che ieri ha portato circa duecento donne davanti al Parlamento, ha detto alla Bbc che il governo dovrebbe anche negoziare con i rapitori, se necessario. Dall’esecutivo è arrivata la rassicurazione che si sta facendo il possibile.
In molti criticano l’operato dell’esercito e della polizia che non sono riusciti a impedire un rapimento di massa in una regione in cui vige lo stato di emergenza e dove sono state dispiegate truppe in maniera massiccia per contrastare le azioni di Boko Haram, macchiatesi però anche loro di crimini contro la popolazione. Un rafforzamento delle misure di sicurezza che non sembra fermare la setta guidata da Abubakar Shekau, personaggio a metà tra un guerrigliero e un imam, sulla cui testa pende una taglia milionaria. Dall’inizio dell’anno sono state uccise almeno 1.500 persone negli attacchi a villaggi, moschee, chiese, scuole, caserme e il 14 aprile il movimento islamista è tornato a colpire la capitale dopo due anni: un duplice attentato in un’affollata stazione dei bus di Abuja ha fatto almeno 70 morti e decine di feriti. Il Presidente della Camera alta, David Mark, ha chiesto al presidente Goodluck Jonathan di lanciare un’offensiva militare contro Boko Haram. “Non ci sono dubbi che la nazione sia in guerra”, ha detto Mark.
La “rivolta” di Boko Haram, e di altri gruppi armati, minaccia la stabilità di un Paese in bilico tra boom economico e sottosviluppo. La Nigeria è una delle prossime quattro economie emergenti, le cosiddette MINT (Messico, Indonesia, Nigeria e Turchia). Con una crescita economica trainata dal petrolio, è il primo produttore del continente e la prima economia africana, ma anche uno dei tre Paesi con più poveri al mondo. La diseguaglianza sociale è evidente, c’è una marcata disparità tra il Nord musulmano povero e insicuro e le zone meridionali a prevalenza cristiana più ricche. E c’è disparità anche nella distribuzione della ricchezza derivante dalle estrazioni petrolifere, dovuta soprattutto a una dilagante corruzione: secondo la Banca Mondiale, l’80 per cento delle entrate del petrolio e del gas vanno all’1 per cento della popolazione, mentre il 61 per cento dei nigeriani vive con meno di un dollaro al giorno e oltre la metà non ha corrente elettrica, nonostante la Nigeria sia uno dei maggiori esportatori mondiali di petrolio. Infrastrutture e servizi sono sottosviluppati, il tasso di disoccupazione è al 24 per cento e tra i giovani sfiora il 47 per cento. Un gigante con i piedi d’argilla che dovrà risolvere problemi i suoi gravi socio-economici per raggiungere un pieno sviluppo. Nena News
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