Un 2014 nero per la stampa, le violazioni sono aumentate dell’otto per cento. La Siria agli ultimi posti della classifica stilata da Reporter senza Frontiere. Intanto, l’Egitto impone il silenzio stampa sulla morte dell’attivista Shaimaa El-Sabag
della redazione
Roma, 13 febbraio 2015, Nena News – L’Egitto stringe la morsa sulla libertà di informazione e con un divieto di pubblicazione deciso ieri dal procuratore generale, ha imposto il silenzio sul caso dell’attivista Shaimaa El-Sabag, uccisa durante le manifestazioni pacifiche per il quarto anniversario della cosiddetta primavera egiziana. Una decisione che è arrivata lo stesso giorno in cui un tribunale egiziano ha ordinato il rilascio dei due giornalisti di Al Jazeera, Mohamed Fahmy e Baher Mohamed, che hanno trascorso oltre quattrocento giorni in cella con l’accusa di “diffusione di false informazioni e di favoreggiamento” dei Fratelli Musulmani, cacciati dalla guida del Paese con il golpe del luglio 2013, che ha consacrato al potere il generale Abdel Fattah al Sisi. Il caso, che ha suscitato condanne internazionali e qualche imbarazzo ad al Sisi, non è archiviato, la prossima udienza si terrà il 23 febbraio.
Mentre tutto questo accadeva in Egitto, l’organizzazione Reporter senza Frontiere (RSF) ha pubblicato il suo rapporto annuale sulla libertà di informazione, da cui emerge un quadro sconfortante. Un “drastico declino” della libertà dei media, che si registra soprattutto in Medio Oriente, anche se il primato tocca all’Eritrea. L’Egitto, che è geo-politicamente vicino all’area mediorientale, quest’anno ha guadagnato un posto, da 157 a 158 su 180, ma la situazione, dice la Ong francese, resta allarmante. Nel 2014 almeno trenta giornalisti sono stati detenuti per avere partecipato a manifestazioni o per sostegno a organizzazioni terroristiche.
La situazione della stampa ha subito un deterioramento globale e agli ultimi posti di questa classifica si trovano diversi Paesi mediorientali e nordafricani, Stati dove a pesare è la presenza di gruppi estremisti. In queste aree ci sono dei “buchi neri”, intere regioni sottratto al controllo dei governi, dove “semplicemente l’informazione indipendente non esiste”, si legge nel rapporto. “La criminalizzazione della blasfemia mette a repentaglio la libertà di informazione in circa la metà dei Paesi del mondo”.
Alla Siria tocca una maglia nera (177esimo posto), insieme a Iran (173), Cina (176) e Corea del Nord (179). Per RSF è uno dei posti più pericolosi per i giornalisti assieme all’Iraq, e questo ovviamente a causa della presenza dell’Isis che impone un “clima di terrore” nelle zone sotto il suo controllo. Nella provincia siriana di Deir Ezzor il sedicente Stato Islamico ha stabilito undici regole per i reporter, tra cui quella di giurare fedeltà ad Abu Bakr al-Baghdadi.
In zona critica, al 101esimo posto (ha perso 5 posizioni), si trova Israele che non brilla per libertà di informazione, in particolare quando si tratta di giornalisti palestinesi. L’offensiva contro Gaza della scorsa estate è stata bagnata anche dal sangue di 17 reporter, tra cui il fotografo italiano Simone Camilli. Per l’enclave palestinese, il 2014 è stato uno degli anni peggiori per i giornalisti. Israele ha arrestato un numero imprecisato di professionisti della stampa, ne ha limitato i movimenti e ha colpito con i suoi raid anche le sedi dei media palestinesi. Inoltre, secondo il Gaza Center for Press Freedom, anche l’Autorità nazionale palestinese ha violato il diritto alla libera informazione con interrogatori e fermi di giornalisti.
In Nord Africa, invece, Libia e Nigeria -quest’ultima per l’avanzata della setta islamista Boko Haram- sono tra i posti più rischiosi. In Libia, che ha perso 17 posizioni, nel 2014 sono stati uccisi sette giornalisti e 37 sono stati sequestrati. La repressione sui media ha fatto scalare, in negativo, la classifica a Russia e Turchia.
I migliori si trovano in Nord Europa, ma il Vecchio Continente ha le sue pecore nere e quest’anno è la performance italiana quella più preoccupante. Il Bel Paese ha fatto un tonfo, perdendo ben 24 posizioni a causa delle organizzazioni criminali che minacciano i giornalisti e del “ricorso ingiustificato alle querele per diffamazione”, l’arma legale per mettere il bavaglio alla stampa. Nena News
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