Il Paese dei Cedri punisce i campi al confine con la Siria dopo i terribili attentati contro il villaggio di Qaa. Sebbene non ne siano responsabili, i rifugiati sono il capro espiatorio dell’instabilità di Beirut
della redazione
Roma, 29 giugno 2016, Nena News – Ieri le truppe libanesi sono entrate nei campi profughi siriani lungo il confine orientale, un raid che ha portato all’arresto di 103 siriani e che è stato giustificato con la serie di nove attacchi che hanno colpito il villaggio cristiano di Qaa lunedì e ucciso 5 persone. I siriani arrestati sono accusati di ingresso illegale nel territorio libanese, uno status che riguarda migliaia di persone impossibilitate dalle restrizioni imposte da Beirut ai civili in fuga dalla vicina guerra civile.
Gli attentati a Qaa sono stati terribili: esplosioni hanno colpito la comunità all’alba di lunedì mattina e più tardi kamikaze si sono fatti saltare in aria fuori dalla chiesa dove la gente si era riunita per i funerali delle vittime delle ore precedenti. Intanto altri attentatori suicidi si facevano esplodere vicino ai soldati libanesi, nei pressi di un checkpoint militare.
Ieri avrebbero dovuto tenersi i funerali delle vittime di Qaa, ma le autorità libanesi li hanno sospesi per timore di altri attacchi. Come è stato sospesa l’apertura del tempio di Bacchus, a Baalbek, ed è stato imposto il coprifuoco sul villaggio di Qaa. Anche Hezbollah ha cancellato l’evento religioso previsto ieri a Beirut.
E sebbene il Ministero degli Interni abbia identificato i responsabili come soggetti provenienti dalla Siria e appartenenti a cellule dell’Isis, e quindi non rifugiati nel paese, a pagare sono stati i campi allestiti al confine dove decine di migliaia di persone vivono in condizioni pessime, senza uno status legale che li tuteli. L’area è tra le più calde del paese, lungo la frontiera siriana: target di attacchi negli anni passati da parte di cellule islamiste che si sono infiltrate nel Paese dei Cedri e teatro degli scontri tra Hezbollah da una parte e Stato Islamico e Fronte al-Nusra dall’altro.
Così l’instabilità che da anni soffoca il Libano viene imputata all’ondata di siriani in fuga, oltre 1.5 milioni di persone che hanno aumentato del 25% la popolazione interna. Già dal 2014, quando lo Stato Islamico occupò ampi territori in Siria aumentando il numero di profughi nel Paese dei Cedri, le autorità di Beirut hanno optato per la chiusura delle frontiere con pericolosi espedienti: ritiro dei visti di ingresso e rifiuto a fornirne di nuovi (con costi molto alti) ma solo in casi speciali, “urgenti motivi umanitari” come aveva detto il Ministero degli Affari Sociali due anni fa. Nena News