logo



A prescindere dalle dichiarazioni ufficiali molti sono i lati negativi di un progetto Suez che sembra essere stato pensato più per rafforzare a livello interno ed internazionale la posizione di Al Sisi che per dare nuovo impulso allo sviluppo del Paese.

Egitto, il nuovo Canale di Suez, YOUM7

Egitto, il nuovo Canale di Suez, YOUM7

di Francesca La Bella

Roma, 11 agosto 2015, Nena News- Dopo quasi 150 anni dall’inaugurazione del Canale di Suez, il Generale Abd al Fattah Al Sisi, in abiti militari, ha celebrato la scorsa settimana l’apertura di un nuovo tratto e l’allargamento del Canale stesso. La nuova struttura dovrebbe consentire il raddoppio del traffico marittimo da e per il Mediterraneo grazie alla possibilità di circolazione contemporanea nelle due direzioni e la riduzione dei tempi di percorrenza. Un opera grandiosa, portata a termine in un solo anno e costata circa 8 miliardi di dollari provenienti quasi esclusivamente da investitori nazionali. Un progetto che non deve essere considerato concluso in quanto il Governo egiziano prevede di creare, nel breve periodo, un polo produttivo di importanza strategica lungo il corso del Canale. Un intervento che, nelle dichiarazioni ufficiali provenienti dal Cairo, viene presentato come veicolo di crescita economica e progresso: “un regalo al mondo” secondo le parole di Al Sisi.

Davanti a questo quadro, le motivazioni e gli obiettivi dell’intervento potrebbero risultare evidenti: rilancio dell’economia in una fase di stallo, abbattimento della disoccupazione, incentivo all’ingresso di capitali stranieri. Le basi su cui poggia il progetto sembrano, però, essere più politico-diplomatiche che economiche è ed è lo stesso Generale a fornirci una diversa chiave di lettura. Nel discorso inaugurale, davanti a membri di spicco della società egiziana come Ahmed El-Tayyeb, Imam di Al Azhar, o Tawadros II, Patriarca della Chiesa copta, e ad ospiti internazionali come Francois Hollande e Dmitry Medvedev, Al Sisi ha concentrato la propria attenzione sulle difficoltà attraversate dall’Egitto negli ultimi anni, sulla lotta del Governo contro il terrorismo e sulla necessità di unità nazionale per superare questa fase. Il Generale si è, dunque, presentato come l’uomo forte capace di mantenere la sicurezza e la stabilità del Paese garantendo agli attori internazionali, Governi o privati, nuovi canali di investimento e nuove possibilità commerciali: la ricerca di un’investitura di legittimità che, attraverso legami sempre più stretti, possa far dimenticare le politiche di repressione sistematica delle opposizioni e le condizioni di costante impoverimento del Paese.

Anche guardando al progetto dal punto di vista economico, molti studiosi si dicono scettici sul reale impatto dell’opera. Se da un lato analisti come l’economista argentino Ernesto Mattos ritengono che non si potrà avere una ricaduta positiva sulla popolazione egiziana senza politiche di redistribuzione degli utili provenienti dal Canale, in un lungo articolo di alcuni giorni fa, il giornale The Economist affermava che, a fronte di uno stallo dei commerci navali a partire dal 2008, l’aumento dei flussi commerciali conseguente all’ampliamento del Canale potrebbe essere ben minore delle aspettative.

Benché non si prospetti un aumento immediato e consistente dei traffici marittimi, l’apertura del nuovo tratto potrebbero, invece, avere effetti significativi dal punto di vista ambientale. Nonostante le pressioni della Commissione Europea ed una lettera di circa 500 scienziati che chiedevano una valutazione preventiva dell’impatto dell’opera sulle acque del Mediterraneo, nessuna risposta è arrivata dal Cairo. I timori degli studiosi sono rivolti in due principali direzioni: crescita dell’inquinamento a causa dell’aumento del numero e della frequenza dei passaggi navali e infestazione del Mediterraneo da parte di specie marine aliene. Su questo secondo aspetto aspetto è maggiormente concentrata l’attenzione degli ambientalisti in quanto molte specie animali pericolose per l’ecosistema mediterraneo (come pesce palla e medusa) proverrebbero già oggi dal Mar Rosso.

Molti, dunque, i lati negativi di un progetto Suez che, a prescindere dalle dichiarazioni ufficiali, sembra essere stato pensato più per rafforzare a livello interno ed internazionale la posizione di Al Sisi e del suo Governo che per dare nuovo impulso allo sviluppo del Paese. Una maggiore legittimità internazionale, inoltre, potrebbe permettere al Generale di muoversi ancor più duramente contro le opposizioni in nome della sicurezza e della guerra al terrorismo.

Print Friendly

Leave a Reply

*


2 − = uno

captcha *