È quanto ha deciso mercoledì il gabinetto di sicurezza israeliano. Critiche le organizzazioni dei diritti umani. Per Adalah, ong attiva nel campo legale, la decisione del governo è “estremamente problematica e mossa dalla vendetta”
della redazione
Roma, 4 settembre 2020, Nena News – La decisione è stata presa mercoledì: Israele tratterà i cadaveri dei palestinesi accusati di aver compiuto attacchi contro israeliani. Il ministro della Difesa Gantz ha detto che questa politica – per Tel Aviv un “deterrente” – sarà estesa a tutti i palestinesi a prescindere dalla loro affiliazione politica o se gli attacchi (veri o presunti) abbiano causato vittime israeliane. “Rifiutare di ridare i corpi dei terroristi è parte del nostro impegno a preservare la sicurezza dei cittadini israeliani e, certamente, a portare [i soldati sparati o uccisi] a casa. Spero che il nostro nemico capisca e interiorizzi bene il messaggio”, ha detto il leader di Blu e Bianco.
Peccato che il messaggio lanciato dal gabinetto di sicurezza israeliano è da tempo criticato non solo dai palestinesi, ma anche dalle organizzazioni per i diritti umani. Una di queste è Adalah (attiva in campo legale) che ha subito denunciato la decisione di mercoledì parlando di scelta “estremamente problematica e mossa chiaramente da motivi di vendetta”. “La politica di usare cadaveri come pedina di scambio viola i valori umani più basilari e il diritto internazionale che proibisce il trattamento crudele e disumano”.
La Convenzione di Ginevra, del resto, è chiara: le parti di un conflitto armato devono seppellire onorevolmente i morti della parte rivale. Ma Israele ha fatto sempre orecchie da mercante: Tel Aviv trattiene dal 1967 (cioè dalla “Guerra dei Sei Giorni”) centinaia di resti di palestinesi in obitori o in tombe trascurate conosciute come cimitero dei numeri. Secondo le autorità israeliane, i cadaveri servono nei negoziati con i palestinesi sebbene in alcuni casi alcuni corpi siano stati restituiti alle famiglie dopo azioni legali. Non si deve però dimenticare che complici delle decisioni dei vari governi israeliani sul tema sono spesso le stesse istituzioni israeliane che dovrebbero tutelare i diritti: emblematico quanto accaduto a settembre dell’anno scorso quando la Corte Suprema israeliana ha respinto una petizione di 6 famiglie palestinesi affermando che è legale per l’esercito confiscare i corpi di presunti attentatori.
Eppure nel 2017 aveva sostenuto brevemente l’esatto contrario salvo poi rovesciare la decisione. La fermezza sul tema del ministro Gantz (nemmeno 6 mesi fa ritenuto “centrista” e “capo dell’opposizione” a Netanyahu) non deve però sorprendere se si pensa che il suo predecessore Naftali Bennet aveva imposto il divieto di restituire i corpi. Successivamente, tuttavia, il gabinetto israeliano diede il via libera alla restituzione di alcuni corpi di minori. Nena News