Alla base della protesta della rappresentanza politica del settore arabo dello Stato ebraico, la proposta di legge del governo Netanyahu che espellerà i parlamentari per “comportamento non appropriato”
Roma, 2 marzo 2016, Nena News – I politici palestinesi d’Israele sono di nuovo sul piede di guerra e minacciano di rassegnare le loro dimissioni dalla Knesset [il parlamento israeliano, ndr] qualora dovesse diventare legge una controversa proposta del governo Netanyahu che permetterà l’espulsione dei parlamentari. La bozza è, in realtà, in fase già avanzata: la Commissione Giustizia, legge e Costituzione della Knesset, dopo un dibattito dai toni molto accessi, l’ha approvata lunedì mandandola in prima lettura alla Knesset per essere votata . Se dovesse diventare legge, un deputato potrebbe essere sospeso dal voto di 90 suoi colleghi (i tre quarti del Parlamento) qualora il suo comportamento venisse giudicato “non appropriato” ovvero “se negasse l’esistenza d’Israele come stato democratico ed ebraico, se incitasse al razzismo, se sostenesse la lotta armata di uno stato ostile a quello ebraico o ad una organizzazione terroristica contro Israele”.
Non è difficile comprendere chi siano gli unici destinatari di questa legge: la rappresentanza araba d’Israele, vista dalla gran parte dello spettro politico israeliano come minaccia interna. A dare sostegno a questa tesi è anche la tempistica: la bozza è stata inviata alla Commissione costituzionale dopo che a inizio febbraio il Comitato etico della Knesset ha sospeso per diversi mesi i parlamentari palestinesi Hanin Zo’abi, Basel Ghattas e Jamal Zahalqa (esponenti della “Lista Araba Unita”) perché “rei” di aver visitato le famiglie dei palestinesi uccisi durante i recenti attacchi contro gli israeliani.
La reazione politica palestinese alla proposta di legge è dura. Durante l’acceso dibattito alla Commissione giustizia, il leader della “Lista Araba Unita”, Ayman Odeh, ha minacciato le dimissioni di tutti i parlamentari del suo partito qualora la bozza avanzata dal governo dovesse diventare legge. Odeh ha sottolineato, in particolare, come l’obiettivo dell’esecutivo di estrema destra israeliano sia quello di colpire i membri di Balad (uno dei 4 partiti che costituisce la Lista Araba Unita), nonostante questi abbiano più volte ribadito la loro contrarietà alle uccisioni di civili israeliani.
Odeh ha poi difeso i colleghi di partito che hanno visitato le famiglie dei palestinesi uccisi dichiarando che sono state compiute per motivi “ufficiali” e che, pertanto, dovrebbero essere trattate come tali. “I parlamentari palestinesi sono stati eletti dal nostro popolo, non dalla destra israeliana” ha dichiarato stizzito in Commissione il leader della Lista Unita. A dargli manforte è stato il parlamentare Ahmad Tibi che ha sottolineato come questa bozza di legge sia l’equivalente dello slogan di destra “morte agli arabi”. “I parlamentari arabi – ha aggiunto Tibi – non hanno causato alcun bagno di sangue a differenza di quelli [israeliani] le cui mani sono sporche di sangue e ne vanno apertamente orgogliosi” riferendosi al leader di “Casa ebraica”, Naftali Bennet, che in passato si è vantato di aver ucciso “molti” palestinesi.
La polemica parlamentare si è poi trasferita sugli schermi del canale 2 israeliano. Partecipando ad un dibattito televisivo, Odeh ha attaccato l’intelligece interna israeliana (Shin Bet) di aver ucciso nel 2004 il leader palestinese Yaser Arafat. Il capo della Lista araba – noto per i suoi toni moderati e per i suoi ripetuti inviti alla convivenza tra arabi ed ebrei – ha accusato, in particolare, l’allora capo dello Shin Bet e oggi parlamentare del Likud, Avi Dichter, di “aver mandato le persone che hanno ucciso Arafat”. La scomparsa del rais tocca ancora oggi un nervo scoperto per molti palestinesi che non credono alla versione ufficiale secondo cui il vecchio leader sarebbe deceduto di morte naturale in seguito ad una grave emoraggia celebrale causata da infezione. Restano ancora molti dubbi sui suoi ultimi giorni di vita soprattutto per l’alta percentuale di polonio radioattivo ritrovata sui suoi resti.
Ma Arafat non è l’unico leader palestinese ucciso per ordine di Dichter secondo Odeh. Accanto a lui, infatti, vi sono anche i due leaderr di Hamas Shaikh Ahmad Yassin e ‘Abdel Aziz ar-Rantisi assassinati a distanza di un mese l’uno dall’altro in due raid su Gaza nel 2004.
La risposta dell’ex capo dello Shin Bet non si è fatta attendere. Sul suo account di Facebook l’attuale parlamentare del Likud (il partito di destra del premier Netanyahu) ha scritto di essere “orgoglioso di aver avuto il privilegio di aver mandato nelle profondità della terra Yassin e Rantisi”. Dichter è poi passato all’attacco: “con la sua infelice dichiarazione, Odeh è diventato il rappresentate dei leader di Hamas alla Knesset e ha ignorato la sicurezza dei cittadini d’Israele, sia ebrei che arabi”.
La proposta di legge che permette l’espulsione di parlamentari per “comportamento inappropriato” potrebbe rendere definitivamente ufficiale quello che è già in realtà è operativo da tempo: l’eleminazioni delle voci palestinesi alla Knesset. Un percorso che è iniziato eccezionalmente a inizio febbraio quando i tre parlamentari della Lista araba unita sono stati sospesi, ma che potrebbe diventare la regola a breve. I tentativi della destra di applicare questi duri provvedimenti legislativi contro i deputati arabi hanno origine già da tempo sebbene non in forma di legge. Nelle ultime due elezioni parlamentari, ad esempio, il Comitato etico della Knesset ha proibito a Zoubi di partecipare alle elezioni. Cosa che si sarebbe realizzata se non ci fosse stato il verdetto contrario della Corte Suprema israeliana. Promuovere una legge del genere potrebbe portare a scavalcare il parere vincolante della Corte Suprema garantendo all’esecutivo maggiore libertà d’azione.
Che i palestinesi d’Israele siano una minaccia non meno pericolosa di quelli dei Territori Occupati apparve evidente lo scorso marzo quando, a urne aperte, Netanyahu postò un video sul suo account di Facebook in cui, rivolgendosi agli elettori incerti, disse di recarsi alle urne perché “gli arabi stanno votando in massa, li portano alle urne con gli autobus”. Accanto alle difficoltà di rappresentanza politica, vi sono poi gli evidenti gap sociali ed economici tra la popolazione araba d’Israele e quella ebraica. Una “discriminazione di diritto” – denunciano i primi – essendo Israele, per atto fondativo, uno stato ebraico. Nena News
Roberto Prinzi è su Twitter: @Robbamir
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