Con un annuncio a sorpresa, la nota associazione israeliana decide di non rivolgersi più alle corti israeliane per difendere le vittime palestinesi per non legittimare più un sistema “moralmente inaccettabile”
della redazione
Roma, 25 maggio 2016, Nena News – Una delle più note organizzazioni per i diritti umani israeliane, B’Tselem, da anni punto di riferimento sia per gli attivisti internazionali che per i palestinesi vittime delle violenze israeliane, molla. Basta denunce contro le forze militari israeliani, basta tentare di avere giustizia attraverso i meccanismi interni israeliani.
“L’organizzazione non intende assistere le autorità nel loro tentativo di creare un’immagine falsa di giustizia – si legge nel comunicato stampa – B’Tselem ha deciso di non fare più riferimento al sistema giudiziario militare. Questa decisione si applica anche nei casi di soldati sospettati di aver violato la legge, anche se non ci sarà più nessuno a difendere di fronte ai tribunali le vittime palestinesi”.
Dopo 25 anni di lavoro di denuncia, durante i quali B’Tselem si è presentato – dati alla mano – di fronte alle corti israeliani con casi singoli o collettivi, l’associazione ha deciso di smetterla perché la giustizia israeliana – dice – è complice dell’esercito e i suoi meccanismi sono “moralmente inaccettabili”. Si tratta, aggiunge, di una “macchina che lava” e ripulisce i 50 anni di occupazione israeliana della Cisgiordania: “B’Tselem è gradualmente arrivata a capire che il modo in cui il sistema militare giudiziario funziona impedisce di ottenere giustizia per le vittime. Il fatto stesso che il sistema esista serve a dare una copertura di legge e giustizia”. L’esistenza di un sistema giudiziario e di legge, dice B’Tselem, sostiene la narrativa israeliana, secondo la quale non si può negare la natura democratica dello Stato se un meccanismo simile opera e giudica.
A monte della decisione stanno i numeri: dall’inizio della Seconda Intifada, nel 2000, B’Tselem ha presentato 739 denunce per uccisioni e ferimenti di palestinesi e danneggiamento delle loro proprietà: il 70% ha sì condotto ad un’inchiesta ma nessuna azione è stata mai presa, nessuno è stato punito. Solo nel 3% dei casi i soldati responsabili di violenze sono stati accusati di un reato. Per questo B’Tselem è convinta di dover interrompere l’attività: il tentativo di convincere i palestinesi a fidarsi della legge, di creare nella comunità la fiducia nel sistema giudiziario quando si è di fronte ad una violazione palese dei diritti umani, è fallito.
Al contario, la stessa associazione si sente complice di quelle violazioni rafforzando la credibilità di un sistema ingiusto. Lo dice palesemente Kareem Jubran, direttore delle ricerche sul campo di B’Tselem: “Mi vergogno”. “Siamo diventati appaltatori dell occupazione – aggiunge Yael Stein, direttore delle ricerche – legittimando l’occupante”. Nena News
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