In un comunicato, i religiosi chiedono al governo israeliano di impedire questa “distruzione criminale e inutile” prevista per il prossimo 25 dicembre. La 40 famiglie dell’insediamento illegale, intanto, si preparano ad opporsi all’evacuazione
![Insediamento di Amona, febbraio 2006. In ebraico: "Ogni casa distrutta è una vittoria per Hamas". (Foto: Reuters)](http://nena-news.it/wp-content/uploads/2016/11/Amona.jpg)
Insediamento di Amona, febbraio 2006. In ebraico: “Ogni casa distrutta è una vittoria per Hamas”. (Foto: Reuters)
di Roberto Prinzi
Roma, 29 novembre 2016, Nena News – Un gruppo di 120 rabbini ha chiesto ieri ai cittadini israeliani di opporsi in modo non violento alla distruzione dell’avamposto illegale di Amona, nella Cisgiordania occupata. L’appello – condiviso da religiosi estremisti, ma anche da voci più moderate – invita la comunità ebraica a recarsi nell’insediamento perché “stare in questo posto darà forza agli amati residenti e dirà chiaramente a tutti coloro che prendono le decisioni che noi siamo vicini agli abitanti di Amona nel tempo delle difficoltà e continueremo ad esserci finché non sarà trovato un accordo e Amona non sarà salvata”. “Invitiamo tutti – si legge ancora nel comunicato – a restare nell’insediamento e a protestare vigorosamente contro tale decisione senza porre alcuna violenza”. I rabbini si sono poi rivolti direttamente al governo Netanyahu affinché “impedisca questa distruzione criminale e inutile”.
Non è la prima volta che il mondo religioso ebraico in Israele prenda una posizione così netta contro l’evacuazione degli insediamenti. Il caso recente più celebre fu l’invito fatto ai militari religiosi a rifiutare gli ordini di evacuare le colonie di Gush Katif a Gaza”. Correva l’anno 2005. Lo smantellamento di Amona è invece previsto il 25 dicembre prossimo: una sentenza della Corte suprema israeliana del 2014, dopo una richiesta della ong Yesh Din, ha stabilito che l’avamposto è costruito su terra privata palestinese e che è dunque “illegale”.
Di parere contrario è il portavoce della comunità di Amona, Avihai Boaron, il quale, ringalluzzito dalla lettera dei rabbini, ha fatto oggi sapere che gli abitanti dell’insediamento hanno rifiutato l’ultimo tentativo da parte dello stato ebraico di evitare una demolizione violenta del sito. “La gente – ha detto laconicamente Boaron – non tollererà la sua demolizione”. Il clima tra mondo della giustizia e coloni si inasprisce ogni ora che passa sempre di più. Nel tentativo di calmare le acque, il procuratore generale Avichai Mandelblit ha avanzato un compromesso che, a suo parere, dovrebbe evitare il possibile scoppio di proteste violenti tra i coloni e le forze militari. Mandelblit ha detto che è possibile “in casi di urgente bisogno pubblico” fare uso della legge della proprietà abbandonata per ricollocare Amona “per 8 mesi in tre lotti di terra nella parte settentrionale della stessa collina dove è situata attualmente”. Tuttavia, ha poi specificato, quest’area che sarebbe concessa ai settler non diventerà un luogo permanente per la comunità ebraica.
Come era prevedibile, le parole di Mandelblit non sono piaciute ai coloni. “Il suo compromesso non è una soluzione per tutti gli abitanti di Amona. E’ umiliante e ridicolo. È formulato da chi non sa che decine di famiglie vivono lì da 20 anni. Non siamo oggetti che possiamo essere spostati da un luogo all’altro ogni paio di mesi” ha protestato Boaron.
I residenti di Amona considerano percorribile solo una strada: la “Regulation Law”. La proposta di legge, avanzata dal partito estremista “Casa Ebraica”, legalizzerebbe per i coloni più di 2.000 case non autorizzate in Cisgiordania (anche quelle di Amona). Il piano prevedrebbe anche delle compensazioni ai palestinesi qualora le case dell’avamposto fossero state costruite su terreno appartenente.
Se questo tentativo dovesse rivelarsi fallimentare, Boaron ha detto che la comunità dovrà prepararsi alle “scene dolorose” delle famiglie evacuate dalle case. Immagini che, ha sottolineato il portavoce dell’insediamento, dimostrerebbero come l’attuale governo si sia reso complice dello “sradicamento degli ebrei”. Le 40 famiglie di Amona, intanto, continuano a mobilitarsi pronte a resistere, anche con la forza, all’ipotesi di evacuazione da parte dell’esercito e della polizia. Già dieci anni fa, quando fu ordinato lo sgombero di alcune case dell’avamposto (creato nel 1995), gli abitanti non esitarono a scatenare scontri violenti.
Il premier Netanyahu e il ministro della difesa Lieberman continuano a manifestare dubbi sulla Regulation Law proposta da Naftali Bennett (“Casa Ebraica”) sull’onda della vittoria di Donald Trump negli Stati Uniti. Secondo il neo presidente statunitense, infatti, le colonie ebraiche nei Territori occupati palestinesi non rappresentano un ostacolo per la soluzione del conflitto. Per questo Bennett è stato il primo a sostenere a metà mese la Regulation Law poi adottata e formalizzata da tre deputati della destra. Netanyahu e Lieberman, che pure sono aperti sostenitori della colonizzazione, sono più prudenti.
Quest’ultimo, che vive nella colonia di Nokdim, a sud di Betlemme, ritiene che Israele debba richiedere agli Usa di riconoscere le cosiddette “aree omogenee di insediamento ebraico in Cisgiordania”. Si tratta di Ariel, Maaleh Adumim e Gush Etzion, i tre principali “distretti” coloniali in Cisgiordania. Washington, nella visione di Lieberman, dovrebbe pronunciarsi a favore della loro legalizzazione in cambio della rinuncia di Israele ad espandere le colonie più isolate
La “Regulation Law” giunge proprio nei giorni in cui i palestinesi intendono inviare al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite una risoluzione contro le colonie. Una prospettiva che il governo israeliano prova a tutti i costi a scongiurare. Secondo il quotidiano Haaretz, nella riunione del suo esecutivo ad inizio settimana, il premier Netanyahu ha affermato che una tale iniziativa da parte palestinese potrebbe danneggiare Israele alla Corte penale internazionale. Nena News
Roberto Prinzi è su Twitter @Robbamir