Migliaia di manifestanti hanno assaltato l’ambasciata Usa a Baghdad in risposta ai raid aerei statunitensi che hanno causato 25 morti e decine di feriti
AGGIORNAMENTO
Migliaia di manifestanti hanno assaltato l’ambasciata Usa a Baghdad sventolando le bandiere della milizia sciita Hashd Shaabi (alleata dell’Iran). A decine sono saliti sul muro di cinta dell’ambasciata scandendo lo slogan «Morte all’America, morte a Israele». Almeno dieci dimostranti sono stati feriti dalle guardie di sicurezza della sede diplomatica che in queste ore viene evacuata.
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di Michele Giorgio
Roma, 31 dicembre 2019, Nena News – Gli Usa non la passeranno liscia e devono aspettarsi «una dura risposta». A minacciare, dai microfoni della tv irachena al Sumaria, una reazione senza precedenti contro gli interessi di Washington nella regione è stato ieri Abu Mahdi al Muhandis, numero due delle Hashd Shaabi (Forze di mobilitazione popolare appoggiate dall’Iran) che includono le Kataib Hezbollah bersaglio due giorni fa di un pesante attacco aereo americano che ha fatto almeno 25 morti e decine di feriti in tre basi in Iraq e due in Siria. «Il sangue dei martiri e dei feriti non sarà stato versato invano», ha avvertito Abu Mahdi al Muhandis. A dargli manforte è stata la condanna di Tehran. «L’Iran condanna fermamente l’aggressione militare degli Stati Uniti contro il territorio iracheno e le forze irachene», ha pretestato il portavoce del ministero degli esteri iraniano, Abbas Mousavi, che ha descritto i bombardamenti come «chiaro esempio di terrorismo» americano. Un punto questo sul quale batte anche un comunicato del movimento sciita libanese Hezbollah, alleato dell’Iran, secondo il quale l’Amministrazione Usa prende di mira chi «contrasta Daesh (lo Stato islamico, ndr) e le forze dell’estremismo e della criminalità». Coloro che hanno effettuato «questa aggressione criminale» mette in guardia l’organizzazione sciita «capiranno presto la stupidità della loro decisione e le sue ripercussioni negative».
Le Kataib Hezbollah sono state fondamentali negli anni passati per il successo delle operazioni militari irachene contro Daesh che occupava gran parte del nord del paese. Per Washington invece sono soltanto una milizia filo-Tehran, responsabile dell’attacco contro una base militare a Kirkuk nel quale è rimasto ucciso un americano. Accusa lanciata senza fornire prove. «Gli Stati Uniti», ha proclamato perentorio il segretario di Stato, Mike Pompeo, non permetteranno all’Iran di «compiere azioni che possano mettere a rischio gli uomini e le donne americani». Da parte sua il segretario alla difesa, Mark Esper, ha ammonito che «intraprenderemo ulteriori azioni se necessario e scoraggiamo ulteriori comportamenti malvagi da parte di milizie o dell’Iran». Washington di fatto ha preso il posto di Israele responsabile nei mesi scorsi di ripetuti attacchi aerei contro le milizie filo-Iran in Iraq.
Non è difficile leggere nei raid aerei anche un messaggio di Washington per Tehran, Mosca e Pechino che si avviano a concludere le manovre navali congiunte iniziate venerdì scorso nell’Oceano Indiano e nel Golfo di Oman. Manovre che l’Amministrazione Trump interpreta come un atto deterrenza a sostegno dell’Iran minacciato di guerra e colpito dalle pesanti sanzioni Usa. Domenica sera, per la 28esima volta in poco più di sei anni, il ministro degli esteri Javad Zarif è giunto a Mosca per colloqui con il collega russo Lavrov. I due hanno discusso dei rapporti russo-iraniani – complicati dalle posizioni divergenti delle due parti sul futuro della Siria e la presenza iraniana in quel paese -, delle prospettive di rafforzamento del dialogo politico bilaterale e delle relazioni economiche, commerciali e culturali. Ma al centro dei colloqui c’è stato soprattutto il Joint Comprehensive Plan of Action (Jcpoa), l’accordo internazionale sul programma nucleare iraniano firmato nel 2015, dal quale gli Usa sono usciti nel maggio 2018 dando vita a un nuovo regime di sanzioni contro Teheran. Mosca chiede che l’Iran non esca a sua volta dal Jcpoa – lo fanno temere i passi che ha mosso negli ultimi mesi – e che al contrario rispetti sino in fondo le intese per non offrire pretesti a ulteriori sanzioni Usa o peggio a una guerra. Una posizione condivisa dall’Ue. Tehran chiede che i paesi europei mantengano la promessa di tenere aperti i canali economici e commerciali nonostante le sanzioni americane. Nena News