Su pressione degli Usa e dell’Europa è nato un esecutivo di larghe intese, ma mancano ancora le nomine alla Difesa e agli Interni. Ieri 85 morti nel Paese mentre l’Onu denuncia. “700 bambini sono stati uccisi dall’inizio dell’anno”
della redazione
Roma, 9 settembre 2014, Nena News – Dopo mesi di violenti litigi per la spartizione dei ministeri tra le varie etnie, il parlamento iracheno ha nominato ieri ufficialmente Haider al-Abadi primo ministro del Paese. Tuttavia mancano – particolare che la dice tutta sul caos che si vive in Iraq – le nomine ai due importanti dicasteri della Difesa e degli Interni. Il neo eletto premier ha però rassicurato che saranno scelti entro due settimane. Il premier uscente Nuri al-Maliki, l’ex primo ministro Ayad Allawi e il precedente presidente del Parlamento Osama al-Nujeifi hanno ricevuto i posti cerimoniali di vice presidente. Nel tentativo di dare vita ad un governo non settario e di unità nazionale, il sunnita Salih al-Mulaq e il curdo ex ministro degli Esteri Hoshayr Zebari sono stati nominati vice primi ministri.
Gli Usa, la Gran Bretagna e l’Europa avevano fatto pressioni per la formazione di un governo di larghe intese che avrebbe placato le ire dei sunniti che si sono sentiti marginalizzati durante l’amministrazione al-Maliki. Secondo molti commentatori questo senso di alienazione avrebbe contribuito al rapido avanzamento dei fondamentalisti islamici dell’Isil (Stato islamico dell’Iraq e del Levante) in buona parte del nord e ovest del Paese lo scorso giugno.
Nel suo discorso di insediamento, al-Abadi ha affermato che “sosterrà le operazioni militari in tutte le aree dove agiscono bande armate e forze del terrorismo finché la vittoria non sarà raggiunta”. Il riferimento è ai miliziani dell’Isil. Il premier però deve risolvere anche il problema del settarismo che lacera profondamente il Paese.
Il Segretario di Stato Usa, John Kerry, è stato tra i primi a congratularsi con al-Abadi. Kerry ha parlato di “tappa importante” per l’Iraq. “Superando gli ostacoli rappresentati dalle divisioni settarie ed etniche, il parlamento iracheno ha approvato un governo inclusivo che ha le potenzialità per unire tutte le diverse comunità del Paese per formare un Iraq forte, un Iraq unito, dando a queste comunità la possibilità di costruire il futuro che tutti gli iracheni meritano e desiderano”. Kerry ha poi aggiunto che partirà oggi per una serie di incontri in Medio Oriente “per costruire la coalizione più ampia possibile che possa affrontare e, infine, sconfiggere l’Isil”. Kerry farà tappa anche in Giordania e Arabia Saudita.
Soddisfatto è anche il Presidente Usa Barack Obama che in tarda serata ha telefonato ad al-Abadi congratulandosi con lui per la formazione del nuovo esecutivo. Secondo una nota ufficiale della Casa Bianca, il Presidente e il neo primo ministro hanno concordato sulla necessità, da parte del nuovo governo iracheno, di compiere passi rapidi e concreti per poter rispondere alle istanze degli iracheni. “Il primo ministro iracheno ha espresso il suo impegno a lavorare con tutte le comunità in Iraq – così come con i partner regionali e internazionali – per rafforzare le capacità di combattere il nemico comune rappresentato dall’Isil” si legge nel comunicato ufficiale.
Secondo un sondaggio del Washington Post, Obama sta incassando il pieno sostegno dei cittadini statunitensi per i raid aerei compiuti dall’aviazione di Washington in Iraq. Il Presidente oggi presenterà al Congresso americano il piano anti-Isil della sua amministrazione mentre domani parlerà alla nazione spiegando come affronterà la minaccia dei fondamentalisti dello Stato islamico.
Il Presidente è in calo di consensi. Sempre secondo il Post, infatti, soltanto il 43% degli statunitensi lo reputa un leader forte, il dato più basso da quando è entrato alla Casa Bianca. Poco più della metà dei suoi cittadini afferma che la sua presidenza è un fallimento. Obama è giudicato “troppo prudente” nelle questioni internazionali, soprattutto nei confronti dei miliziani dell’Isil. Non hanno convinto ancora del tutto gli americani gli attacchi in Iraq decisi dalla sua amministrazione lo scorso mese. Né l’invio di militari (poco più di 1.000 complessivamente) per proteggere il personale e gli edifici diplomatici a stelle e strisce. Obama è duramente criticato anche all’interno del suo partito per essere stato riluttante ad intervenire nella guerra civile siriana.
Ieri, intanto, ennesima giornata di sangue in Iraq. Almeno 85 le persone uccise, 173 i feriti. E’ salito a 17 il numero dei morti dell’attacco suicida avvenuto ieri a Duluiyah (80 chilometri a nord di Baghdad). Lo Stato Islamico ha rivendicato la paternità dell’attacco affermando che due kamikaze sauditi hanno attaccato un edificio della polizia e un raggruppamento di sunniti della tribù dei Jabour. La rivendicazione non può essere verificata, ma è stata postata su un account Twitter di solito utilizzato dal gruppo fondamentalista.
A pagare il prezzo più alto del dramma iracheno sono i più piccoli. Leila Zerrougui, rappresentante speciale delle Nazioni Unite per i bambini nei conflitti armati, ha detto ieri che più di 700 bambini sono stati uccisi in Iraq dall’inizio dell’anno. Accanto a questo dato ci sono i tanti che risultano scomparsi. Secondo Zerrougui i giovanissimi vengono usati o come kamikaze o sono obbligati a lavorare per l’Isil.
Ieri le forze di sicurezza irachene hanno riconquistato la cittadina di Barwana nella regione di Anbar (220 chilometri dalla capitale irachena). L’avanzamento dell’esercito di Baghdad è facilitato dai bombardamenti americani nell’area. L’esercito statunitense ha detto di aver compiuto tra domenica e lunedì 5 raid aerei per difendere la strategica diga di Haditha. Dall’8 agosto sono 148 gli attacchi aerei americani. Nena News