Giunta alla sua 36esima edizione, la rassegna, in programma nella capitale iraniana dal 19 al 27 aprile, celebra quest’anno i 120 anni dalla scoperta della settima arte. 120 film da 45 paesi, workshop, mostre, dibattiti. Tra gli ospiti internazionali Oliver Stone, Jeanne-Pierre Léaud, Franco Nero e Nicola Piovani
di Pietro de Ruggieri
Roma, 24 aprile 2018, Nena News – In programma a Tehran dal 19 al 27 Aprile 2018 il FIFF – Fajr International Film Festival – giunto alla sua trentaseiesima edizione che quest’anno celebra anche i 120 anni dalla scoperta della settima arte in Iran. 120 film da 54 paesi, workshop, mostre, dibattiti – tra gli ospiti internazionali Oliver Stone, Jeanne-Pierre Léaud, Franco Nero e Nicola Piovani – per il piacere di cinefili ed industria cinematografica.
Di particolare interesse è la sezione Broken Olive Branches (A Window to the Changes in the World of Islam Today), con dodici film fuori concorso dedicati ai conflitti in Siria, Palestina, Yemen, Myanmar, Iraq, Afghanistan. In programma lungometraggi, cortometraggi e documentari da Siria, Egitto, Iraq, Libano, Palestina, Yemen, Turchia ed Iran. Il direttore artistico del FIFF, Reza Mirkarimi, ha dichiarato che la sezione Broken Olive Branches “va oltre la narrazione della catastrofe siriana e si occupa in senso lato di problematiche come il settarismo, i genocidi, i conflitti, le emergenze umanitarie. Il programma intende inoltre mettere in luce gli avvenimenti in corso nella regione e nel mondo islamico, assicurando che diverse voci e prospettive possano essere ascoltate e viste sia dentro che fuori le zone di guerra.”
Ospite d’onore dei Broken Olive Branches il regista palestinese Rashid Masharawi, che partecipa con il film “Writing on snow”, un viaggio attraverso le città, dentro le prigioni e dietro le quinte dell’attuale movimento di resistenza palestinese. Il film di Masharawi affronta le divisioni ideologiche, politiche e geografiche in Palestina e nel mondo arabo, portando in scena personaggi “convinti di possedere la verità che rifiutano l’idea della coesistenza nonostante le differenze”. Nato a Gaza e cresciuto nel campo profughi di Shati, Rashid Masharawi vive e lavora a Ramallah dove ha fondato nel 1996 il Centro di Produzione e Distribuzione Cinematografica, con l’obbiettivo di promuovere le produzioni locali. Supporta, inoltre, un cinema mobile che permette di proiettare film in diversi campi profughi palestinesi. Masharawi e’ autore di documentari e lungometraggi tra cui Curfew (1994), premiato a Cannes con il premio UNESCO, Haifa (1996), A ticket to Jerusalem (2002), Arafat, my brother (2005), Palestine Stereo (2013).
Tra le altre opere della sezione Broken Olive Branches il documentario The Story of Yemen di Mohammad Ali Shabani, Dayan del curdo-iraniano Behrouz Nouranipour, The Guest di Andac Haznedaroglu, The Rain of Homs del siriano Juod Said, Buddha’s Shame di Morteza Atash Zamzam che documenta la vita dei profughi Rohingya al confine tra Myanmar e Bangladesh, Naila and the Uprising di Julia Bacha.
A margine di Broken Olive Branches c’è anche una mostra fotografica dell’iraniano Alfred Yaghobzadeh intitolata Intifada Uprising, sulla cultura della resistenza palestinese contro l’occupazione israeliana. La mostra, con immagini selezionate da una collezione di circa diecimila scatti, include quattro diverse categorie che vanno dalla prima Intifada fino alla costruzione del Muro simbolo dell’Apartheid israeliana.
Durante i dibattiti di questa edizione del FIFF, si è parlato anche di libertà di espressione. Lo scrittore e regista Jorn Johan Donner, ottantacinquenne produttore di Fanny e Alexander di Ingmar Bergman, ha parlato di come la libertà di espressione sia alla base di ogni medium artistico: “ Sono molto critico nei confronti della situazione politica in Finlandia, ho opinioni molto diverse da quelle del mio governo e continuerò ad essere critico e nessuno potrà mai fermarmi dal creare tutto ciò che voglio” ha poi aggiunto “ la libertà di espressione è la basa di qualsiasi forma di arte”. Anche Franco Nero durante un workshop ha affermato: “Cinema significa prima di tutto libertà, fino a quando ci sarà libertà esisterà anche il cinema”.
Affermazioni importanti, data la attuale situazione della censura in Iran, che rischiano di perdersi facilmente nella retorica del grande evento culturale. Tuttavia proprio questa retorica potrebbe rivelarsi utile se innescasse un reale processo di liberazione dalla censura e dalle limitazioni nell’arte iraniana. Nena News