Dopo la Al Awda, bloccata in acque internazionali anche la seconda imbarcazione diretta nella Striscia, la Marina israeliana arresta i 12 membri dell’equipaggio
di Alessandra Mincone
Roma, 6 agosto 2018, Nena News – Il 4 agosto Freedom Flotilla Coalition ha subito il secondo attacco da parte delle forze di difesa israeliane, mentre tentava di arrivare sulla Striscia di Gaza per portare soccorsi umanitari alla popolazione palestinese.
Il 3 agosto il veliero partito dalla Svezia di Ship to Gaza si trovava a soli 44 miglia nautiche dalla marina militare di guerra israeliana. Preme sottolineare che tutti i canali di comunicazione dalla Freedom erano stati tagliati da giorni, portando l’attenzione pubblica a dare per scontato la nave e i partecipanti fossero in pericolo e senza possibilità di chiamare aiuto internazionale.
Pochi giorni prima, la barca Al Awda, con a bordo 22 persone, era stata aggredita brutalmente ed erano stati negati i soccorsi medici a Gaza Ma questo, non ha scoraggiato né intimorito il secondo veliero: “La barca, Freedom, ha comandato le onde sul mare come il blocco illegale comanda su Gaza…”.
Sul vessillo Freedom stavano partecipando all’azione umanitaria di carattere pacifico ben 12 persone di cinque nazionalità del mondo: Svezia, Spagna, Francia, Regno Unito e Canada. “Erano in acque internazionali e stavano esercitando il loro diritto di portare assistenza medica in maniera innocente”, denuncia sui canali internazionali la Ffc. Lo stesso capitano della Freedom, John Turnbull, di Vancouver, in un messaggio dichiarava che “non ci sarebbe stata alcuna resistenza da parte del capitano, dell’equipaggio e dei passeggeri”.
La cattura aggressiva contro l’equipaggio dell’Awda, dimostratasi solo pochi giorni prima con pestaggi, con violenze fisiche e psicologiche, fa pensare che questa volta le autorità israeliane abbiano semplicemente nascosto in maniera più efficiente le modalità di cattura della seconda barca di Ffc.
Attualmente alcune fonti interne ci hanno confermato che i coordinatori della Flotilla non hanno alcun contatto diretto con i partecipanti. È stato il Consolato spagnolo a dare la notizia dell’arresto il 4 agosto, annunciando che tutti e 12 attivisti sono attualmente reclusi nella prigione di Givon proprio come accaduto con gli altri 22 attivisti della Freedom Flotilla.
Ship to Gaza e Ffc stanno lavorando non solo per fare pressione sulla politica internazionale a livello parlamentare, affinché i governi si adoperino per sanzionare Israele e per trattare sulle modalità di trasporto del soccorso medico, ma stanno continuando a mettere al centro del loro operato il gravissimo attacco sferrato contro i giornalisti professionisti che partecipavano alla missione umanitaria.
Due giornalisti della barca Al Awda sembrano essere ancora in detenzione e adesso a loro si aggiunge il giornalista inglese Richard Sudan. La Ffc accusa lo Stato di Israele di limitare pesantemente la libertà a esercitare la propria professione e soprattutto impedisce che l’opinione pubblica internazionale venga a conoscenza della verità.
All’appello di rilasciare subito i giornalisti, “Demand Press Freedom”, hanno dato il proprio sostegno il Reporter Internazionali Senza Frontiere (Rsf) e il Comitato per proteggere i giornalisti (Cpj), che insieme alla Ffc e Ship to Gaza pretendono il rilascio immediato per completare la propria missione e dirottare la barca con il cargo nell’immediato a Gaza. Sudan nel video messaggio SOS registrato, ricorda a tutti quanto sia importante che la verità prosegua come proseguirà la Freedom Flotilla a tentare in ogni modo di rompere il blocco navale illegale su Gaza. Nena News
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