L’obiettivo del progetto è di proseguire negli sforzi finora compiuti volti ad accelerare l’uguaglianza di genere e l’emancipazione femminile nel continente africano. Per molte donne, il decennio 2010-2020 rappresenta un’opportunità ed un mezzo per migliorare il dialogo tra il sistema lavorativo e i loro diritti, l’integrazione sociale, politica ed economica e la partecipazione a iniziative culturali e a movimenti associativi
di Cecilia D’Abrosca
Roma, 20 marzo 2017, Nena News – L’African Women’s Decade (AWD) coincide con il decennio in corso, 2010-2020, dedicato alle donne africane e lanciato dall’African Union durante un summit ad Adis Abeba. L’inizio ufficiale della decade ha avuto luogo a Nairobi, in Kenya. L’anima del progetto è di proseguire negli sforzi finora compiuti volti ad accelerare l’uguaglianza di genere e l’emancipazione femminile in Africa, non perdendo mai, come riferimento, l’operato delle donne che occupano i ruoli dirigenziali.
Sin dall’istituzione del AWD, FEMNET, sorta nel 1998, ha assunto una posizione strategica, rendendo popolare la Decade e presentando le donne che operano e compongono l’African Women’s Decade. Come parte integrante dell’AWD, FEMNET, che opera come network e organizzazione per lo sviluppo delle donne africane nell’ambito dell’uguaglianza e dei diritti civili e politici, assieme a diversi enti, è lo strumento delle donne africane, ciò che trasforma l’AWD in una piattaforma comune per lavorare alla pace, all’uguaglianza e allo sviluppo dell’ Africa. Per molte donne, il decennio 2010-2020 rappresenta un’opportunità ed un mezzo per migliorare il dialogo tra il sistema lavorativo e i diritti delle donne, l’integrazione sociale, politica ed economica e la partecipazione a iniziative culturali e a movimenti associativi.
È tuttora in corso la 61esima Sessione della Commissione delle Nazioni Unite sullo Status delle Donne (CSW), nel palazzo dell’Onu a New York fino al 24 marzo. In concomitanza con l’attività della Commissione, si è svolto ieri un evento collaterale, all’interno dell’ Armenian Cultural Centre, pianificato da FEMNET, sul tema: Illicit Financial Flows and its impact on women and girls in Africa, ossia “Flussi Finanziari Illeciti e il loro impatto sulle donne e sulle ragazze in Africa”. L’incontro promosso dall’organizzazione desidera portare alla ribalta una questione di rilevanza politica, economica e sociale e creare uno spazio internazionale di dialogo e cooperazione sull’argomento. La partecipazione all’evento era aperta a tutte le donne africane e alle organizzazioni presenti alla Sessione della Commissione delle Nazioni Unite sullo Status delle Donne.
Premesse allo stato della questione di genere in Africa
Negli ultimi anni, un progresso considerevole ha interessato il tema del Gender nel continente africano. Dai dati aggiornati al 1 Gennaio 2017, emerge che il Rwanda ha il più alto numero di seggi in Parlamento ricoperti da donne e che, nella top ten dei paesi africani, per numero di seggi femminili, vi è anche il Sud Africa e il Senegal.
Ad un livello istituzionale, l’African Union, dopo aver istituito l’African Women’s Decade, in azione dal 2010 al 2020, ha lanciato lo scorso anno the African Year of Human Rights, con un focus particolare sui Diritti delle Donne. L’anno precedente, invece, l’African Development Bank Group ha ideato l’African Gender Equality Index, il primo Indice che misura l’Uguaglianza di Genere, offrendo una sorta di istantanea della differenza in termini economici, sociali e in materia di diritti civili, tra uomini e donne, il cui l’obiettivo è di “fornire ai leader, ai policymaker e alla società civile dati consistenti per procedere a smantellare ogni tipo di barriera che impedisca alle donne di provvedere in modo completo allo sviluppo del continente”.
La questione va analizzata nel profondo, dal momento che molti uomini giocano un ruolo passivo nell’aspetto legato al genere e agli sforzi compiuti dalle donne per difendere e conquistare nuovi diritti. L’atteggiamento riscontrato in molti di loro denota mancanza di comprensione delle ramificazioni che il gender ha sviluppato nel tessuto sociale, il che equivale ad immaginare un “mondo maschile” privo di consapevolezza relativa all’essenzialità di forme di appoggio e mobilitazione messe in atto attivamente con le donne.
Questo chiarirebbe perché, sebbene il diritto all’uguaglianza tra i sessi sia garantito da leggi costituzionali, molti uomini mostrino scarsa sensibilità ed empatia nei confronti di una lotta che dovrebbe essere “comune”, se paragonata alla discriminazione dettata dal colore della pelle, dalla religione o dall’appartenenza ad una etnia piuttosto che ad un’altra, e al suo maggiore impatto in termini di dissenso. Il silenzio “maschile” verso una discriminazione istituzionalizzata non fa altro che colpire in primis le donne che gli sono vicine, che vivono nella stessa casa o condividono il medesimo ambiente di lavoro. Nena News