L’ultima vittima è il 21enne Izza al-Din al-Tamimi di Nabi Saleh (Ramallah). Lunedì un gazawi era stato “neutralizzato” nella Striscia perché aveva tentato di infiltrarsi in Israele. La procura proscioglie due soldati che avevano ammazzato alle spalle un adolescente palestinese nel 2013. Una indagine dell’esercito rivela che l’infermiera Razan al-Najjar non è stata uccisa venerdì “deliberatamente”
della redazione
Roma, 6 giugno 2018, Nena News – Un 21enne palestinese, Izz al-Din al-Tamimi, è stato ucciso stamane dai soldati israeliani nel corso degli scontri avvenuti nel villaggio cisgiordano di Nabi Saleh, vicino a Ramallah. A denunciare subito l’accaduto è stata l’ong israeliana B’Tselem. Poco dopo è arrivata la conferma da parte dell’Amministrazione civile israeliana e dal ministero della salute palestinese.
Secondo i residenti del villaggio cisgiordano, al-Tamimi sarebbe stato ferito gravemente a distanza ravvicinata dai militari di Tel Aviv che erano entrati nel villaggio per arrestarlo perché accusato di aver lanciato pietre. Il giovane sarebbe morto poco dopo. Scontri tra palestinesi e soldati si sono registrati stamattina anche a Beit Rima (a nord di Ramallah) e nel campo profughi Am’ari.
Due giorni fa era morto per le ferite riportate durante le proteste del 14 maggio nella Striscia di Gaza anche un altro palestinese, Mohammed Naim Hamadeh (30 anni). Lunedì, inoltre, i militari israeliani avevano ucciso un palestinese che, secondo la versione dell’esercito, aveva provato ad attraversare il confine tra Israele e la Striscia di Gaza. Tel Aviv sostiene che la vittima, le cui generalità non sono ancora note, era in compagnia di un altro “giovane” che sarebbe però riuscito a sfuggire. La portavoce militare israeliana ha fatto sapere che l’esercito ha “impedito un tentativo d’infiltrazione [in Israele] di due terroristi armati con un’ascia” sparandoli e uccidendo uno di loro.
Sale con oggi a 125 il numero dei palestinesi uccisi da Israele dallo scorso 30 marzo, giorno in cui sono iniziate le proteste di massa nella Striscia di Gaza. Tra le vittime ha suscitato tanta rabbia l’uccisione dell’infermiera volontaria 21enne Razan al-Najjar, assassinata al confine tra Israele e la zona orientale di Khan Yunis (sud della Striscia) perché “rea” di svolgere il suo lavoro: prestare soccorso ai feriti.
Ieri, in una nota ufficiale, l’esercito israeliano si è lavato le mani per la sua uccisione: “una iniziale indagine sull’incidente ha rivelato che un piccolo numeri di proiettili è stato sparato e che nessun colpo l’ha deliberatamente o direttamente presa di mira”. Il comunicato giungeva nelle stesse ore in cui due soldati israeliani venivano prosciolti dall’accusa di omicidio per la morte del 16enne palestinese Samir Awwad. I fatti risalgono al gennaio del 2013: i residenti del villaggio di Budrus erano scesi in strada per protestare contro la perdita di terra (circa il 30%) del loro paese a causa della costruzione del muro israeliano. Secondo testimonianze raccolte nel 2014 da Amnesty International, Awad si trovava nell’area tra il filo spinato e la barriera di separazione quando i militari lo hanno sparato alla gamba. Mentre il giovane provava a sfuggire, i soldati lo sparavano altre due volte (un proiettile gli colpì la spalla, l’altro la testa).
Gli autori dell’omicidio furono inizialmente accusati di “incoscienza e negligenza”. Tuttavia, secondo il portale in ebraico Walla, l’ufficio del procuratore distrettuale del centro d’Israele, ha ritirato ieri le accuse affermando che le prove a disposizione sono insufficienti per dimostrare il loro reato. Una posizione che, ha detto l’avvocata degli Awad Gabe Lasky, è l’ennesimo esempio dell’impunità di cui godono le truppe israeliane.
Una impunità che non di rado è legittimata dalle dichiarazioni dei vertici governativi. Ieri, infatti, il ministro israeliano della Pubblica sicurezza, Gilad Erdan, ha detto che i palestinesi che lanciano aquiloni incendiari da Gaza verso il territorio israeliano dovrebbero essere assassinati. Erdan, del partito Likud come il premier Netanyahu, non ha usato giri di parole: “il terrore degli aquiloni è molto serio e chiunque li manda [verso di noi] dovrebbe temere per la sua vita”. Il ministro, citato dal quotidiano HaAretz, ha poi aggiunto: “Dobbiamo ritornare [a compiere] assassini preventivi. I comandanti di Hamas ne devono essere obiettivo”.
Secondo Tel Aviv, gli aquiloni incendiari hanno causato gli incendi nel sud d’Israele. Domenica il premier Netanyahu ha chiesto di trattenere 1,4 milioni di dollari dai soldi da destinare all’Autorità Palestinese (lo prevede il Protocollo di Parigi siglato da Tel Aviv e Ramallah nel 1994) come ricompensa per i danni causati dagli aquiloni. Il suo esecutivo ha offerto per ogni dunam di terra danneggiato (un dunam è circa un quarto di acro) 17 dollari di ricompensa. Gli agricoltori, per il governo di estrema destra israeliano, sono considerati “vittime di terrorismo”. Nena News