Passata ieri sera con 44 voti a favore (16 quelli contrari) la proposta di legge del ministro della sicurezza pubblica Gilad Erdan che punisce i datori di lavoro e le società che assumono direttamente o indirettamente lavoratori palestinesi senza documenti. Pene da 2 a 4 anni di carcere. Multe dai 10.000 ai 110.000 dollari

Operai palestinesi in attesa al checkpoint per entrare in Israele, novembre 2010. (Foto: Yaakov Naumi/Flash90)
della redazione
Roma, 15 marzo 2016, Nena News – Multe e carcere per i datori di lavoro israeliani che impiegheranno palestinesi irregolari. A deciderlo è stata ieri sera la Commissione degli Affari interni della Knesset che ha approvato con 44 voti favorevoli (16 quelli contrari) il progetto di legge del ministro della sicurezza pubblica Gilad Erdan che mira ad arrestare l’afflusso di “lavoratori illegali” proveniente dai Territori Occupati. Secondo le nuove disposizioni, il datore di lavoro israeliano che ha assunto un palestinese entrato nello stato ebraico senza permesso potrebbe essere punito fino a due anni di prigione nel caso in cui lo abbia impiegato solo per un giorno. “Per coloro che assumono più di un manovale illegale o lo fanno per più di 24 ore – sottolinea invece il testo – le pene potrebbero arrivare fino ai 4 anni di carcere”.
Multe salate, inoltre, saranno date alle aziende che regolarmente utilizzano manovalanza palestinese: le sanzioni andranno dai 40.000 ai 452.000 shekel (circa 10.550 $ e 119.000$). Gli emendamenti approvati ieri puniranno “ogni persona o organismo che impiega o facilita la permanenza di residenti illegali anche se indirettamente come [fanno ad esempio] le imprese appaltatrici che utilizzano compagnie sussidiarie per l’assunzione dei lavoratori immigrati”. Con la nuova legge, lo stato imporrà alle aziende che esternalizzano il lavoro di istituire dei meccanismi di controllo che accertino che tutti i lavoratori impiegati abbiano i necessari documenti per poter entrare legalmente in Israele.
Sanzioni più dure, quindi, ma anche maggiori poteri alla polizia e agli apparati giudiziari. Le forze di sicurezza potranno chiudere per 30 giorni cantieri, ristoranti e altra attività in cui sono impiegati i “residenti illegali”. Ai tribunali, invece, sarà consentito sia di estendere la chiusura di una azienda, ma anche revocare le licenza commerciali e i permessi di costruzione a coloro che non rispetteranno i nuovi provvedimenti. “La legge manda un messaggio chiaro: aiutare un residente illegale non solo non conviene economicamente, ma potrebbe portare anche a punizioni gravi e pesanti [dal punto di vista penale]” ha affermato soddisfatto il ministro Erdan nel suo intervento alla Knesset.
Ha vinto dunque di nuovo la linea più oltransizista del governo Netanyahu. Non solo per ciò che concerne la durezza delle sanzioni, ma anche per i tempi brevi con cui il nuovo provvedimento è stato approvato. Il dibattito della Commissione, infatti, era programmato per la fine di marzo. Tuttavia, secondo la Radio militare, sarebbe stata “l’urgenza della questione” a portarlo al centro dell’agenda politica dell’esecutivo. La serie di accoltellamenti compiuti a Jaffa (Tel Aviv) una settimana fa dal palestinese Bashar Massalha – a seguito dei quali è morto un turista americano e sono state ferite 5 persone – aveva destato una ondata di orrore e sgomento in Israele. Massalha proveniva dal villaggio di al-‘Auja nel governatorato di Gerico e lavorava in Israele senza avere i permessi richiesti dalle autorità locali. La reazione rabbiosa del governo non si era fatta attendere: nel giro di poche ore, le forze di polizia arrestavano più di 270 lavoratori palestinesi impiegati illegalmente in Israele.
Nel corso di un dibattito parlamentare avvenuto domenica, un consulente del governo ha riferito che il 44% degli attacchi compiuti negli ultimi sei mesi in Israele e nei Territori Occupati sono stati eseguiti da palestinesi residenti illegalmente nello stato ebraico. Sono circa 50.000 i lavoratori provenienti dalla Cisgiordania che lavorano o vivono senza avere permessi al di là della Linea Verde.
Dall’inizio di ottobre sono stati uccisi almeno 193 palestinesi e 28 israeliani. “Una ondata di violenza” per Israele, una “Intifada” per i palestinesi generata, sottolineano molti analisti locali, dalla occupazione e repressione israeliane. Nena News