Il sovrano saudita si è spento ieri all’età di novantadue anni. I leader occidentali piangono un leader “riformista”.
di Roberto Prinzi
Roma, 23 gennaio 2015, Nena News – Il re dell’Arabia Saudita ‘Abd’ Allah bin ‘Abd al-‘Aziz al-Sa’ud si è spento ieri sera all’età di 92 anni. Ad annunciarlo è stata ieri notte (ore 23 italiane) una nota della corte reale in cui si esprimeva “grande tristezza” per la scomparsa del sovrano nonagenario i cui funerali avranno luogo oggi nel tardo pomeriggio.
Lo scorso dicembre ‘Abd Allah era stato ricoverato in ospedale perché malato di polmonite e da allora respirava grazie ad un tubo. Secondo quanto riferisce la nota ufficiale, i sudditi del regno sono invitati al palazzo reale per giurare fedeltà al nuovo sovrano Salman bin ‘Abd al-‘Aziz al-Sa’ud (79 anni) e al neo principe ereditario Muqrin bin ‘Abd al-‘Aziz.
Cordoglio immediato è stato espresso dei leader occidentali. Da Londra Cameron si è detto “rattristato” per la notizia, mentre il Segretario delle Nazioni Unite Ban Ki Moon ha lodato il monarca perché “ha realizzato notevoli progressi per il suo popolo”. Il presidente statunitense Barack Obama ha affidato ad un comunicato ufficiale della Casa Bianca le sue condoglianze alla casa reale saudita : “i nostri paesi hanno lavorato insieme per fronteggiare diverse sfide. Ho sempre stimato la prospettiva del re ‘Abd Allah e ho apprezzato la nostra amicizia genuina e profonda”. “La vicinanza e la forza dell’amicizia fra i nostri due paesi – si legge ancora nella nota – è parte dell’eredità del re ‘Abd Allah”.
‘Abd Allah è salito al trono nel 2005. Di fatto, però, dirigeva la monarchia saudita già dalla metà degli anni novanta da quando il suo predecessore Fahd subì un ictus debilitante. Lascia un Paese che in questi mesi sta fronteggiando la minaccia rappresentata dallo “Stato islamico di Iraq e Siria” (Isil). L’aiuto finanziario offerto per anni a gruppi jihadisti per contrastare l’influenza iraniana nella regione sia nella Siria di Bashar al-Asad che nell’Iraq post Saddam, ora, infatti, si sta ritorcendo contro le autorità saudite. Le minacce ormai quotidiane dei fondamentalisti verso i loro padrini di Riyad non sono affatto astratte come la recente uccisione di due guardie di frontiere saudite a inizio anno ha dimostrato. E dalla lotta all’Isil proseguirà il neo monarca Salman il cui Paese fa parte della coalizione internazionale a guida statunitense contro i miliziani di Abu Bakr al-Baghdadi. in Iraq e Siria.
Oltre al sostegno ai “ribelli” anti-Assad in Siria, ‘Abd Allah ha giocato un ruolo importante nell’avvicinamento tra Riyad e il Cairo dopo il golpe militare del 2013 in cui è stato deposto il legittimo Presidente islamista Mohammed Morsi. In politica estera, sfruttando anche saggiamente le turbolenze delle rivolte arabe, il sovrano è riuscito a dare all’Arabia Saudita un posto di primo piano all’interno del mondo arabo islamico sapendo contrastare le mire espansionistiche di Teheran nella regione mediorientale.
In politica interna tra i meriti di ‘Abd Allah vi è stato il (timido) miglioramento del sistema per la successione dinastica grazie alla fondazione del Consiglio di Fedeltà. E’ considerato da alcuni analisti come “riformista” per aver introdotto 30 donne nel Consiglio della Shura nel 2011 portando il numero totale dei suoi membri a 150. Un suo secondo decreto, allora, stabiliva che il 20% dei seggi doveva essere riservato alle donne. Sia chiaro, l’organismo non ha poteri legislativi, ma può solo sottoporre proposte di legge al monarca che è l’unico ad avere il potere di legiferare. Le sue furono pertanto leggerissime aperture, ma sufficienti a placare le ipocrite preoccupazioni democratiche delle cancellerie occidentali. Nel testo del decreto si precisava, infatti, che “posti speciali saranno riservati per le donne e una speciale entrata per la sala principale del Consiglio sarà costruita per loro. Saranno prese tutte le misure necessarie per garantire la completa separazione tra i sessi”.
Un “riformista” che non hai migliorato le condizioni di vita di gran parte dei suoi cittadini che vivono in povertà. Né ha mai pensato di migliore lo status della minoranza sciita che si sente profondamente marginalizzata in una monarchia retta dalla rigidità del wahhabismo. La recente caccia agli assassini di fedeli sciiti nell’est del paese – salutata da alcuni commentatori come gesto di solidarietà verso la minoranza – rientra più nella lotta al pericolo fondamentalista sunnita che ad una vera e propria solidarietà verso la comunità sciita per cui ‘Abd Allah non ha mai provato simpatia (come sanno bene i bahreniti che nel 2011 hanno visto i carri cigolati sauditi sfilare nelle loro strade in difesa della monarchia sunnita degli al-Khalifa)
Durante le rivolte arabe del 2011 ‘Abd Allah ha investito centinaia di miliardi di riyal per migliorare le condizioni economiche dei più poveri fornendo per la prima volta sussidi disoccupazione per coloro che cercavano lavori a tempo pieno. Decise, inoltre, di aumentare i salari degli impiegati statali (anche di quelli militari), degli accademici e dei burocrati. Attraverso decreti “senza precedenti”, incoraggiò il settore privato ad adottare simili provvedimenti. Ma queste disposizioni, che ora vengono descritte come passi innovati, sono state operazioni cosmetiche nate principalmente per arrestare subito qualunque agitazione popolare sul modello degli stati confinanti.
Provvedimenti che non hanno cambiato sostanzialmente i rapporti di forza all’interno della monarchia, né che hanno portato ad un maggiore impiego ed inserimento delle donne nella società. L’arresto di donne perché “ree” di aver guidato la macchina è solo l’esempio più banale di come il “riformista” ‘Abd Allah abbia guidato il “regno dei due luoghi sacri” non distaccandosi di molto dai suoi predecessori. Né ‘Abd Allah il “moderato” ha osato limitare il potere della polizia religiosa, sentinella onnipresente del rigido wahhabismo.
Il defunto sovrano, inoltre, non ha mai osato apportare miglioramenti per ciò che concerne il sistema giudiziario. Ogni anno in Arabia Saudita decine di persone vengono giustiziate per reati come “stregonerie, vendita e spaccio di droghe, omosessualità, atto sessuale illecito e furto”. Nel 2014 sono state decapitate più di 80 persone e il trend non sembra essere cambiato quest’anno dove già si contano 12 pene di morte eseguite. Esecuzioni che non fanno notizie in Occidente perché il “nemico” qui non è iraniano, né cinese.
Lo scettro del regno passa ora a Salman che per 50 anni è stato al governo della provincia di Riyad. Nominato principe ereditario nel 2012, ha guidato il dicastero della difesa a partire dal 2011. Proprio a capo della Difesa, Salman ha speso ingenti somme di denaro nell’acquisto di armi in Occidente facendo le gioie di Usa, Inghilterra e Francia che, mettendo da parte i principi di democrazia di cui si credono paladini nel mondo, hanno incassato sorridendo.
Il nuovo sovrano è noto per essere fortemente conservatore in campo politico e sociale e per avere buoni contatti con le tribù locali. Tuttavia, molti commentatori ritengono che il suo regno potrebbe non durare a lungo a causa delle sue precarie condizioni di salute. In passato ha avuto un ictus che gli ha limitato il movimento del braccio sinistro. Nena News